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22/10/2020

Avvalimento: l’Ad. plen. sulla clausola che impone l’attestazione SOA anche all’impresa ausiliata

È nulla la clausola del bando che, ai fini della partecipazione alla gara, preveda la necessità del possesso dell’attestazione SOA anche da parte dell’impresa che si avvalga dell’attestazione dell’impresa ausiliaria.

Tale clausola è inefficace e non deve essere impugnata perché è da considerare come non apposta. Sussiste invece uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che facciano applicazione della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.

Questi i principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza del 16/10/2020, n. 22, chiamata a pronunciarsi nell’ambito di una fattispecie in cui un’impresa era stata esclusa dalla gara in base ad una clausola del disciplinare di gara che, pur consentendo l’utilizzo dell’avvalimento per l'attestazione SOA, prescriveva la necessità del possesso comunque di un’attestazione SOA anche in capo all'ausiliata.

NORME DI RIFERIMENTO - Le norme di rilevo prese in considerazione dai giudici ai fini della decisione sono:
- l’art. 89, D. Leg.vo 50/2016 che consente l’utilizzazione dell’avvalimento in via generale da parte delle imprese che negoziano con la pubblica amministrazione, prevedendo quali uniche eccezioni alla regola le ipotesi contemplate nei commi 4, 10 e 11 della stessa;
- l’art. 83, comma 8, D. Leg.vo 50/2016 (ultimi due periodi) laddove stabilisce che i bandi e le lettere d’invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste nel Codice e da altre disposizioni di legge vigenti e che dette prescrizioni sono comunque nulle;
- l’art. 84, D. Leg.vo 50/2016 che richiede il possesso dell’attestazione SOA per i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro.

LEGITTIMITÀ DELL’AVVALIMENTO DELL’ATTESTAZIONE SOA - Nell'ambito di tale quadro normativo, l'Adunanza plenaria ha rilevato che l’orientamento ormai prevalente della giurisprudenza ammette l’avvalimento delle certificazioni di qualità e, in particolare, delle attestazioni SOA, poiché riconosce che anche la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, come tale suscettibile di avvalimento, in quanto il contenuto dell’attestazione concerne il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo.
Tale indirizzo trova conferma nella stessa formulazione dell’art. 89, comma 1, D. Leg.vo 50/2016, come modificato dal D. Leg.vo 56/2017, nella parte in cui si prevede che l’operatore economico possa soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale necessari per partecipare ad una procedura di gara - con esclusione dei requisiti di cui all’art. 80, D. Leg.vo 50/2016 - avvalendosi delle capacità di altri soggetti.

Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, ammissibile in via di principio per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento, divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza ha più volte ribadito che l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione:
a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA;
b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.

NULLITÀ DELLA CLAUSOLA - Ciò posto l’Adunanza plenaria ha affermato che risulta affetta da nullità la clausola del disciplinare di gara che, senza indicare specifiche ragioni (per le quali taluni compiti essenziali devono essere direttamente svolti dall’offerente ai sensi dell’art. 89, comma 4, del D. Leg.vo 50/2016), subordini l’avvalimento dell’attestazione SOA alla produzione, in sede di gara, dell’attestazione SOA della impresa ausiliata, ed è conseguentemente illegittima l’esclusione dalla gara che si fondi su tale disposizione.

Ed infatti la suddetta clausola, oltre che contraddittoria:
- contravviene al divieto di porre cause di esclusione non previste per legge, a pena di nullità della clausola (art. 83, D. Leg.vo 50/2016, comma 8, ultimi due periodi);
- si pone in contrasto con gli artt. 84 e 89 del D. Leg.vo 50/2016, che non escludono la possibilità dell’avvalimento dell’attestazione SOA né, tantomeno, subordinano tale possibilità alla condizione di depositare in sede di gara l’attestazione SOA dell’impresa ausiliata in proprio;
- come già affermato dalla sentenza C. Stato 23/08/2019, n. 5834, si traduce in un vero e proprio divieto (non previsto dalla legge) di applicare l’istituto dell’avvalimento mediante la previsione di un adempimento apparentemente formale che, in modo surrettizio ma certamente a pena di esclusione per il concorrente, ne comprime l’operatività senza alcuna idonea copertura normativa.

Si tratta peraltro di un’ipotesi di nullità parziale che non invalida l’intero bando, ma rende annullabili secondo le regole ordinarie gli atti ulteriori dell’amministrazione che si fondino su di essa.

In conclusione, non vi è alcun onere per le imprese partecipanti alla gara di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficaceex lege, ma vi è uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi, ivi compresi il provvedimento di esclusione dalla gara o la sua aggiudicazione, che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente.

Dalla redazione