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30/11/2018

Competenza professionale ingegneri e architetti su opere viarie, idrauliche e igieniche

Il Consiglio di Stato, aderendo a consolidata giurisprudenza, ulteriormente chiarisce i confini delle competenze professionali tra le due categorie in merito alla progettazione di opere idrauliche fluviali e di corsi d’acqua, o comunque di opere a questa progettazione assimilate o collegate, tanto da richiedere l’applicazione di calcoli idraulici.

La pronuncia C. Stato 21/11/2018, n. 6593, torna a fornire importanti interpretazioni sulla ripartizione di competenze professionali tra l’ingegnere e l’architetto.

LE NORME CHE REGOLANO LE COMPETENZE DI INGEGNERI E ARCHITETTI. Tale ripartizione è dettata dalla ampia e comprensiva formulazione dell'art. 51 del R.D. 23/10/1925 n. 2537, il quale dispone che “sono di spettanza della professione d’ingegnere il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché, in generale, alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”, nonché dall’art. 52 del R.D. 2537/1925 medesimo, il quale dispone inoltre che “formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative”.
Come risulta palese dalla lettura delle disposizioni sopra citate, estremamente datate ma tuttora valide e vigenti, la delimitazione di competenze tra le due categorie è basata su concetti di carattere generico e descrittivo. Ciò ha reso necessario, nel corso degli anni, adeguare la disciplina del riparto di competenze all’evoluzione della tecnica e delle qualificazioni professionali, cosa che è avvenuta attraverso la giurisprudenza.
Alle norme succitate occorre aggiungere quelle contenute nel D.P.R. 328/2001, che è stato emanato al fine di tenere conto dei nuovi percorsi formativi di accesso (lauree e lauree specialistiche) alla diverse professioni e di differenziare, in base a tali percorsi, sia le attività professionali consentite a ciascuna categoria professionale che i requisiti di ammissione agli esami di Stato. Tale decreto (si vedano in particolare: l’art. 16 del D.P.R. 328/2001 per la professione di architetto; gli artt. 45 e 46 del D.P.R. 328/2001 per la professione di ingegnere) sostanzialmente conserva la ripartizione delle competenze tra architetti e ingegneri risultante dagli artt. 51 e 52 del R.D. 2537/1925.

LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA 6593/2018. Il caso concreto preso in esame dai giudici riguardava un appalto concernente la progettazione ed esecuzione di opere di sistemazione idraulica forestale, messa in sicurezza e tutela di risorse naturali fluviali, comprensivo di misure integrative e/o migliorative volte a migliorare la funzionalità idraulica e la mitigazione del rischio con riguardo al contesto ambientale in cui l’opera andava inserita. Detto appalto era stato aggiudicato sulla base di un progetto firmato da un architetto.
I giudici, in aderenza ad una giurisprudenza piuttosto consolidata sul punto, hanno ritenuto che - seppure come detto  l’art. 52 del R.D. 2537/1925, al comma 1, dispone che sono di competenza sia dell’ingegnere che dell’architetto le opere di “edilizia civile”, non sembra corretto sostenere, su tali basi normative, che la regola da valere, salvo eccezione espressamente individuata, sia quella della equivalenza delle competenze professionali di ingegneri ed architetti. Pertanto, se una interpretazione estensiva è certamente possibile in riferimento al concetto di “edilizia civile”, restano di appannaggio della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dalla nozione di “edilizia civile” rientrante nella comune competenza.
Rientrano pertanto in tale competenza esclusiva le opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, a maggior ragione ove richiedano capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e/o presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo, sono di competenza esclusiva degli ingegneri.
Il tutto, ovviamente, fatte salve le eventuali competenze di altri professionisti (come ad esempio i geologi o i dottori agronomi e forestali).

VERIFICA IN CONCRETO. È utile chiarire in conclusione come peraltro esista una zona di confine ambigua tra le competenze di ingegneri e architetti rappresentata dalla c.d. “ingegneria naturalistica”, e che di conseguenza in molti casi occorre una verifica in concreto, al fine di stabilire le specifiche competenze e abilitazioni professionali di ciascuno, del concreto piano di studi seguito nell’ambito del corso di laurea, anche perché l’autonomia degli atenei permette differenziazioni anche significative nello stesso corso di laurea tra atenei diversi.
Nel caso esaminato dalla sentenza in oggetto, è stato ritenuto che - essendo previsti nel caso di specie interventi attinenti “l’idraulica fluviale” - l’architetto fosse privo delle necessarie competenze, anche se in possesso di laurea specialistica della classe 4S (Architettura e Ingegneria Edile) di cui all’Allegato 1 del D.M. 28/11/2000, avendo anche verificato il piano di studi dell’ateneo presso il quale il tecnico aveva conseguito la laurea magistrale.

Dalla redazione