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Delib.G.R. Emilia Romagna 31/07/2001, n. 1620

Approvazione dei criteri ed indirizzi regionali per la pianificazione e la gestione dei rifiuti.
Ai sensi della Delib. G.R. 01/08/2016, n. 1238 cessano di avere efficacia le disposizioni previste dall’allegato A).
Testo coordinato con le modifiche introdotte da:
- Delib. G.R. 28/12/2009, n. 2317
- Delib. G.R. 01/08/2016, n. 1238
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Testo del provvedimento


LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA

Premesso:

- che ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 22/97 e successive modifiche ed integrazioni, compete alle Regioni la predisposizione, l'adozione e l'aggiornamento, sentite le Province ed i Comuni, dei piani regionali di gestione dei rifiuti;

- che ai sensi del medesimo art. 19, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 22/97 e successive modifiche ed integrazioni, alle Regioni compete anche l'elaborazione, l'approvazione e l'aggiornamento dei piani di bonifica di aree inquinate;

- che ai sensi dell'art. 22, commi 2 e 3 del D.Lgs. 22/97 e successive modifiche ed integrazioni, i piani regionali di gestione dei rifiuti devono promuovere la riduzione della quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti e devono prevedere:

a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;

b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella provincia tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;

c) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza e di economicità e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento;

e) i criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi

IL CONTENUTO COMPLETO E' RISERVATO AGLI ABBONATI.
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Allegato A - Criteri ed indirizzi regionali per la pianificazione e la gestione dei rifiuti

N8


1. Aspetti generali


1.1 Fonti normative di riferimento

Per la redazione dei Piani Provinciali per la gestione dei rifiuti (PPGR) costituiscono fonti normative di riferimento i seguenti provvedimenti:

- Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (75/442/CEE) con le modifiche apportate dalla Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee del 18 marzo 1991 (91/156/CEE);

- Direttiva del Consiglio delle Comunità Europee, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (91/689/CEE);

- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio e dell'Unione Europea, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (94/62/CE);

- Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 "Attuazione delle Direttive 91/156 CEE sui rifiuti, 91/689 CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62 CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio" e successive modifiche e integrazioni;

- Legge Regionale 12 luglio 1994, n. 27 "Disciplina dello smaltimento dei rifiuti" modificata ed integrata dalla Legge Regionale 21 aprile 1999, n. 3 "Riforma del sistema regionale e locale";

- Legge Regionale 18 maggio 1999, n. 9 "Disciplina della procedura di valutazione dell'impatto ambientale", modificata con Legge Regionale 16 novembre 2000, n. 35;

- Legge Regionale 6 settembre 1999, n. 25 "Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme di cooperazione tra gli Enti locali per l'organizzazione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani";

- Legge Regionale 24 marzo 2000, n. 20 "Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio", modificata con Legge Regionale 16 novembre 2000, n. 34.


1.2 Principi generali e quadro della pianificazione

Gli strumenti della pianificazione territoriale regionale e provinciale, generali e settoriali, sono stati oggetto di una ridefinizione normativa con la L.R. n. 20/00 che ha provveduto, fra l'altro, a:

a) riorganizzare le competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali e promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione, in attuazione del principio di sussidiarietà;

b) favorire la cooperazione tra Regione, Province e Comuni e valorizzare la concertazione con le forze economiche e sociali nella definizione delle scelte di programmazione e pianificazione;

c) semplificare i procedimenti amministrativi, garantendone la trasparenza e il contraddittorio.

É da evidenziare l'applicazione del principio della cooperazione, anche nella formazione degli strumenti di pianificazione in materia di rifiuti, principio con il quale si auspica l'individuazione di "sedi" in cui i diversi livelli di governo e gli enti competenti si scambino reciprocamente informazioni per migliorare la conoscenza del settore, al fine di concertare le loro rispettive azioni. Questo principio è, infatti, a fondamento dell'art. 13 della L.R. n. 20/00 che definisce le forme delle cooperazione.

Il sistema della pianificazione regionale in materia di gestione dei rifiuti è regolamentato dalla L.R. n. 3/99 in recepimento della normativa statale e dell'Unione Europea.

L'art. 126 della LR. n. 3/99 individua i seguenti strumenti della pianificazione della gestione dei rifiuti:

- il Piano Territoriale Regionale (PTR);

- i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP);

- i Piani Provinciali per la Gestione dei Rifiuti (PPGR)

Un altro strumento di pianificazione della gestione dei rifiuti e il Piano d'ambito per l'organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani, previsto dall'art. 17 della L.R. n. 25/99 in attuazione dell'art. 23 del D.Lgs. n. 22/97.


1.3 Rapporti tra gli strumenti della pianificazione per la gestione dei rifiuti

Il PTR N1, pur potendo contenere prescrizioni, è uno strumento programmatico che contiene indirizzi, obiettivi e azioni che devono essere specificati, approfonditi ed attuati dalla pianificazione provinciale e di settore. Il PTCP è lo strumento di pianificazione che articola le linee di azione della programmazione regionale sul territorio provinciale, costituisce la sede di raccordo e verifica delle politiche settoriali da sviluppare nei diversi strumenti della pianificazione settoriale e, relativamente al settore dei rifiuti, effettua sulla base delle tendenze evolutive assunte per i diversi settori economici e per le diverse aree territoriali, un'analisi dell'andamento tendenziale della produzione dei rifiuti, indicando possibili indirizzi di razionalizzazione della gestione degli stessi. Il PPGR, quale piano settoriale, contiene, nei limiti di quanto previsto dall'art. 128 della L.R. n. 3/99, quanto disposto dal D.Lgs. n. 22/97.

La Provincia provvede a pianificare il sistema di gestione dei rifiuti attraverso gli indirizzi contenuti nel PTCP e con le scelte indicate nel PPGR. In particolare, nei limiti delle disposizioni previste dall'art. 10, commi 3 e 4, della L.R. n.20/00 ed in base a quanto previsto dall'art. 12, comma 2 della L.R. n. 3/99:

- il PTCP analizza, nel Quadro Conoscitivo, l'andamento della produzione dei rifiuti, sulla base delle tendenze evolutive assunte dai diversi settori economici e le diverse aree territoriali e, nella Relazione Generale del Piano, stabilisce gli obiettivi prestazionali settoriali da perseguire, individua le zone non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani, speciali (pericolosi e non);

- il PPGR specifica e approfondisce il Quadro Conoscitivo, sviluppa gli obiettivi prestazionali di settore stabiliti dal PTCP, definisce le modalità più opportune per il perseguimento degli obiettivi, descrive il sistema impiantistico esistente e definisce quello di progetto. La Provincia, all'atto di adozione del proprio PTCP, in base a quanto previsto dall'art. 20 della L.R. n. 20/00, può conferire allo stesso anche il valore e gli effetti di PPGR. In tale caso il PTCP deve assumere i contenuti propri del PPGR.


1.4 Rapporto tra piano provinciale per la gestione dei rifiuti e piano di ambito per la organizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani

La pianificazione contenuta nel sistema PTCP-PPGR definisce per i rifiuti urbani gli obiettivi generali e il sistema impiantistico in grado di garantire l'autonomia dell'ambito. Il Piano d'ambito, nel rispetto del predetto quadro, pianifica e programma le attività necessarie per l'organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti urbani.

In particolare il PPGR:

a) indica il numero, la tipologia, i tempi di realizzazione e i bacini di utenza di ciascun singolo impianto di smaltimento e recupero di rifiuti urbani;

b) assicura una gestione unitaria dei rifiuti urbani all'interno di ciascun Ambito Territoriale Ottimale (ATO) che, in base a quanto previsto dall'art. 2 della L.R. n. 25/99, sono individuati in corrispondenza con il territorio di ciascuna Provincia.

Il PPGR può prevedere gestioni anche a livello di sub-ambito sulla base dei principi stabiliti dall'art. 23, comma 2 del D.Lgs. n. 22/97.

Il Piano d'ambito definisce:

a) il modello gestionale organizzativo prescelto per i servizi di gestione dei rifiuti;

b) il piano finanziario degli investimenti;

c) il programma degli interventi necessari ed i relativi tempi di attuazione;

d) gli obiettivi e gli standard di qualità dei servizi eventualmente articolati per zone territoriali;

e) la tariffa di riferimento articolata con riguardo alle caratteristiche delle diverse zone del territorio dell'ambito e alla qualità dei servizi da fornire.


1.5 Termini e procedure di approvazione

Secondo quanto disposto dall'art. 43 della L.R. n. 20/00 le Province devono adeguare il PTCP entro 3 anni dall'entrata in vigore della stessa e pertanto entro il mese di aprile dell'anno 2003.

Coerentemente con tale previsione e tenuto conto della necessità di adeguare la pianificazione di settore all'attuale quadro normativo, le Province sono tenute ad adottare entro il 31.12.2003 il PPGR redatto in conformità alla presente direttiva.

Per il procedimento di approvazione del PPGR valgono i disposti di cui all'art. 27 della medesima L.R. n. 20/00. Qualora, per particolari esigenze, la Provincia intenda conferire al PTCP anche il valore e gli effetti del PPGR, come previsto dall'art. 20, comma 1 della L.R. n. 20/00, il procedimento di approvazione del PTCP dovrà essere integrato con le procedure previste dall'art. 20, comma 2 della medesima L.R. n. 20/00.


2. Indicazioni strategiche regionali


2.1 Riduzione della produzione dei rifiuti

Le indicazioni comunitarie in materia di tutela e risanamento ambientale attribuiscono alla riduzione della produzione dei rifiuti una rilevanza primaria e individuano nella responsabilità condivisa tra produttore, utilizzatore e gestore del prodotto a fine vita il principio a base del suo perseguimento.

Per tenere conto di questi principi si rende necessaria una attività di pianificazione più complessa ed articolata di quella sinora svolta, capace di cogliere le potenzialità offerte da:

1) strumenti di tipo volontario negoziale quali gli accordi di programma e le intese tra soggetti pubblici e privati;

2) dallo sviluppo di attività di formazione ed informazione verso i produttori e gli utilizzatori;

3) da attività di prevenzione, supporto e divulgazione di tecnologie innovative, strumenti volontari di certificazione ambientale;

4) Programmi di finanziamento finalizzati al miglioramento del sistema di gestione dei rifiuti.

Per quanto riguarda in particolare i rifiuti urbani l'evoluzione della produzione dei rifiuti è correlata ad una serie di fattori quali la crescita demografica, il valore del PIL nazionale, la propensione ai consumi, ecc.

Tali fattori prescindono dalle azioni che possono essere disposte con il PPGR. Inoltre alcuni degli strumenti più forti per la riduzione della produzione dei rifiuti urbani quali il passaggio da tassa a tariffa e la nuova struttura del sistema tariffario non sono governati dal PPGR; su di essi incidono invece le scelte del Piano di competenza dell'Agenzia d'ambito.

Il PPGR può invece predisporre azioni che incidano sulle scelte del consumatore migliorando, ad esempio, la consapevolezza dei vantaggi ambientali conseguibili dall'adesione, da parte del sistema produttivo, alle procedure ambientali volontarie dell'Unione Europea. La previsione di tali azioni ed il monitoraggio degli effetti costituiscono elementi che qualificano il Piano sotto il profilo della performance ambientale.

Per quanto riguarda i rifiuti speciali, anche pericolosi, la responsabilità della produzione, della gestione e dello smaltimento è in capo ai titolari delle attività che li producono. La possibilità di limitare la quantità di rifiuti per unità di prodotto è conseguente all'introduzione di processi e tecnologie innovative che possono essere incentivate dalla diffusione di forme di certificazione ambientale volontaria proposte dai relativi regolamenti dell'Unione Europea.

Anche un giusto equilibrio tra domanda e offerta di impianti di gestione rifiuti all'interno del medesimo ambito può costituire un elemento di incentivazione al contenimento della produzione di rifiuti.


2.2 Sistema di recupero e smaltimento


2.2.1 Rifiuti Urbani

La gestione dei rifiuti, attuata attraverso gli strumenti di pianificazione, persegue, in ordine di priorità, i seguenti obbiettivi principali:

a) il reimpiego, il riciclaggio e le altre forme di recupero di materia;

b) il recupero del contenuto energetico dei rifiuti;

c) l'avvio a smaltimento delle frazioni residue in condizioni di sicurezza per l'ambiente e la salute.

Per il perseguimento dei predetti obbiettivi gli strumenti di pianificazione devono prevedere una rete integrata ed adeguata di impianti che permetta il recupero e lo smaltimento dei rifiuti limitando la necessità di movimentazione, tenuto anche conto delle possibilità offerte dai contesti geografici limitrofi.

Per i rifiuti urbani non pericolosi l'autosufficienza, all'interno di ciascun Ambito Territoriale Ottimale (ATO) e la prossimità nello smaltimento rappresentano principi finalizzati rispettivamente, a far si che ogni comunità si faccia carico delle problematiche ambientali derivanti dalle attività che essa stessa pone in essere nonché a contenere i rischi ambientali connessi alla movimentazione e al trasporto dei rifiuti. L'autosufficienza rende possibile la determinazione, della potenzialità teorica degli impianti di smaltimento necessari a far fronte alla domanda nell'ambito stesso e nel periodo considerato; tale determinazione è un contenuto obbligatorio del PPGR.

Si evidenzia che il principio dell'autosufficienza si applica soltanto ai rifiuti urbani non pericolosi e ai relativi impianti di smaltimento. Tale principio può essere superato da accordi fra le Province ai sensi dell'art. 125, comma 2 della L.R. n. 3/99 e con le modalità previste dalla deliberazione di Giunta Regionale n. 278/00. Gli accordi possono intervenire anche preliminarmente alla fase di pianificazione e devono individuare gli impianti esistenti e da realizzare che verranno utilizzati per la gestione dei rifiuti urbani da parte di entrambi gli ambiti. Ciascuna Provincia riporterà il contenuto dell'accordo nel proprio PPGR.

L'autosufficienza di smaltimento dell'ambito non può invece essere assunta come principio da utilizzare per la definizione di un tetto massimo per le attività di recupero dei rifiuti urbani.

Il Piano valuta la produzione di rifiuti nell'ambito di riferimento (e se del caso, per subambiti), il trend prevedibile in assenza di interventi e la composizione merceologica media. Fissati gli obiettivi di contenimento della produzione, della raccolta differenziata, di recupero e riciclo e il ruolo del recupero energetico, si possono determinare la tipologia e la potenzialità degli impianti necessari e, tenendo conto di quelli esistenti, definire i nuovi impianti da realizzare nel periodo di validità del Piano.


2.2.2 Rifiuti Speciali anche pericolosi

Per quanto riguarda i rifiuti speciali anche pericolosi, non essendo applicabile il principio di autosufficienza dell'ambito, la pianificazione trova riferimento nei principi, già ricordati, della rete adeguata ed integrata di impianti e nella necessità di limitare la fase di trasporto.

Le difficoltà insite nella valutazione dei flussi di rifiuti avviati effettivamente a recupero, dell'offerta di impianti di recupero e smaltimento in contesti geografici limitrofi e delle modificazioni innescate dall'evoluzione tecnologica rendono lo sviluppo della pianificazione estremamente più complesso rispetto a quello dei rifiuti urbani.

Per i rifiuti speciali gli obiettivi generali del Piano sono rappresentati dalla massima diffusione delle tecnologie di recupero e riciclo, dalla realizzazione di una adeguata rete di impianti, dal rispetto del principio di prossimità.

Per la formazione del Piano devono essere sviluppate le seguenti attività:

1) formazione del quadro conoscitivo e della sua evoluzione sulla base di una ricognizione del sistema produttivo del territorio considerato e della probabile evoluzione prevista negli strumenti della pianificazione generale;

2) stima del fabbisogno di impianti di smaltimento necessari effettuata previa valutazione delle possibilità di recupero e riciclo coinvolgendo le associazioni dei produttori;

3) stima della necessità di impianti di smaltimento da attivare nell'ambito nel periodo di riferimento. Tale previsione determinata, tenuto conto delle difficoltà di valutare la domanda, dall'esigenza di assicurare le condizioni per la realizzazione e la gestione degli impianti in condizioni di economicità, dalla capacità del territorio di sostenere l'impatto con il sistema di smaltimento e dal principio della limitazione del trasporto di rifiuti.


2.3 Raccolta differenziata dei rifiuti urbani

Il rispetto degli obbiettivi temporali e quantitativi stabiliti a livello nazionale dal D.Lgs. n. 22/97 costituisce un obbiettivo dovuto. Con la L.R. n. 27/94 la Regione Emilia-Romagna si era già data traguardi più avanzati, pertanto tale scelta viene riconfermata e conseguentemente il PPGR assumerà l'obiettivo quantitativo del 40% di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani prodotti, da raggiungersi in ciascun ATO.

La valutazione dei risultati conseguiti sarà effettuata con le modalità definite nel capitolo 3. La raccolta differenziata delle frazioni merceologiche costituite da carta, vetro, plastica, metalli, deve essere prevista per l'intero territorio provinciale, mentre per le frazioni merceologiche costituite dalla frazione organica umida e dai rifiuti di parchi e giardini, finalizzate alla produzione di compost di qualità, essa deve riguardare almeno i principali flussi di sostanza organica che presentino un favorevole rapporto costi/benefici nella fase di raccolta.

Il PPGR, riferendosi alle tipologie di stazioni ecologiche definite dalla deliberazione G.R. n. 3906 del 7 novembre 1995, detta criteri per la realizzazione delle medesime stazioni ecologiche, in modo da garantire condizioni di accessibilità in termini di tempo e distanza alla maggior parte della cittadinanza.

Le modalità tecniche ed operative della gestione della RD sono invece oggetto delle scelte del Piano d'ambito.


2.4 Ruolo degli impianti


2.4.1 Rifiuti Urbani

Sulla base delle necessità delineate il PPGR prevede potenzialità, bacino di utenza, localizzazione (con eventuali indicazioni plurime), dei seguenti impianti di recupero e smaltimento:

a) impianti per produzione di compost;

b) impianti per produzione e utilizzazione di CDR;

c) impianti per la selezione automatica;

d) stazioni di trasferimento;

e) piattaforme ecologiche;

f) inceneritori;

g) discariche controllate.

Il sistema degli impianti previsto dal Piano deve risultare congruente con i seguenti indirizzi:

- avviare al recupero per materia le frazioni costituite da carta, vetro, plastica e metalli provenienti dalla RD, previo eventuale trattamento in impianti di selezione automatica;

- avviare alla produzione di compost di qualità la frazione organica umida derivante dalla RD;

- garantire una ulteriore percentuale di recupero per la frazione raccolta in modo indifferenziato, attraverso la previsione di un sistema di impianti tecnologici adeguati, al recupero di materia o di energia.

- garantire un elevato livello di tutela ambientale nella realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento.

In particolare per migliorare la percentuale di recupero della frazione raccolta in modo indifferenziato si ritiene più opportuno utilizzare i seguenti impianti:

- di selezione automatica e semiautomatica che realizzino separazione di almeno tre frazioni: una prevalentemente secca da valorizzare in termini energetici; una prevalentemente umida da inviare ad impianti di produzione della Frazione Organica Stabilizzata (FOS) ed uno scarto per il quale è ammesso il conferimento in discarica controllata;

- per la stabilizzazione della frazione umida o prevalentemente umida per la produzione di FOS utilizzabile per usi vari quali tombamento di cave, riempimento di discariche, o comunque per un conferimento in discarica in condizione ambientalmente più compatibili;

- di termovalorizzazione a tecnologia consolidata e con i presidi ambientali più efficaci forniti dalle B.A.T (Best Available Technology) con combustione e recupero energetico da RU tal quale o eventualmente da correnti di rifiuti a basso tenore di umidità.

Tutte le soluzioni precedentemente elencate possono essere previste dalla pianificazione provinciale, sia in alternativa che integrate fra loro, al fine di definire un quadro gestionale in cui la discarica controllata viene ad assumere fisiologicamente un ruolo residuale.


2.4.2 Rifiuti Speciali anche pericolosi

Per quanto riguarda i rifiuti speciali anche pericolosi, il PPGR, come già ricordato al precedente punto 2.2.2 di queste direttive, non prevede l'obiettivo dell'autosufficienza dell'ambito. La domanda di recupero e smaltimento espressa nell'ATO, articolata per quantità e categoria di rifiuto, può essere correlata con una proposta di schema impiantistico. Tale schema può rappresentare, per gli operatori privati, un riferimento per avanzare proposte impiantistiche finalizzate alla costituzione di un sistema integrato di recupero e smaltimento, capace di limitare le fasi di trasporto di tali categorie di rifiuto e di rispondere alle esigenze dei produttori.

Per gli impianti di recupero non possono essere, in via preliminare, posti vincoli alle possibilità di recuperare rifiuti negli impianti industriali di produzione, una volta che siano verificati i presupposti di compatibilità ambientale. Possono invece essere posti limiti alla potenzialità degli impianti di trattamento preliminare in conto terzi, anche se finalizzati al recupero, tenendo conto della necessità di Iimitare le fasi di trasporto e della situazione impiantistica del contesto territoriale in cui l'ambito si inserisce.

In ogni caso sono considerati impianti di recupero quelli per i quali il rapporto tra i rifiuti in uscita avviati a smaltimento e i rifiuti in ingresso è inferiore o uguale al 50%.


2.5 Criteri per la localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti

La localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero deve tenere conto della zonizzazione territoriale effettuata con la metodologia di cui al successivo capitolo 5, che individua le aree non idonee e quelle idonee per tale localizzazione.

Il PPGR, quindi, utilizza la cartografia di sintesi di tale zonizzazione contenuta nel PTCP e, nelle aree ritenute idonee, effettua la localizzazione, eventualmente plurima, degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani. Tali individuazioni impiantistiche previste sono prescrittive e vanno individuate con opportuna cartografia N2. Per i nuovi impianti proposti dal piano può essere individuata una localizzazione eventualmente plurima per ogni tipo di impianto. Le specifiche previsioni impiantistiche, necessarie alla definizione del sistema integrato di gestione dei rifiuti, si attuano mediante direttive e prescrizioni (così come definite all'art. 11, commi 1, lettere b) e c), e comma 2 della L.R. n. 20/00). L'individuazione cartografica della localizzazione di ciascun impianto è finalizzata al rispetto della finalità pubblica prevista per i rifiuti urbani. Successivamente, con la Valutazione d'Impatto Ambientale (VIA), nella fase di autorizzazione, verrà analizzata la compatibilità dell'impianto in relazione alle modalità di gestione specificamente proposte per l'impianto considerato.

Per quanto riguarda gli impianti destinati al recupero ed allo smaltimento dei rifiuti speciali anche pericolosi, il PPGR non prevede alcuna ipotesi localizzativa. In ogni caso il proponente di tali impianti, per effettuare la sua proposta localizzativa dovrà tener conto della individuazione delle aree non idonee effettuata all'interno del PTCP.

Per quanto riguarda gli impianti destinati al recupero dei rifiuti speciali non pericolosi in regime semplificato (ex artt. 31 e 33, D.Lgs. n. 22/97), sono di preferenza localizzati all'interno degli Ambiti specializzati per attività produttive o delle Aree ecologicamente attrezzate di cui agli artt. A-13 e A-14 della L.R. n. 20/00. Tale localizzazione deve comunque rispettare:

- i criteri generali fissati dalla legislazione vigente;

- i criteri specifici stabiliti in sede di definizione degli strumenti di pianificazione urbanistica comunale e legati alle caratteristiche dei luoghi.


2.6 Criteri per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, nelle aree destinate ad insediamenti produttivi

Per la valutazione deIl'idoneità delle aree industriali alla localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti vanno considerati, a livello generale, i seguenti aspetti:

- la viabilità d'accesso esistente o facilmente realizzabile;

- la disponibilità di collegamenti stradali e ferroviari esterni ai centri abitati;

- la baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e al sistema di impianti per la gestione dei rifiuti;

- la possibilità di trasporto intermodale dei rifiuti raccolti nelle zone più lontane dal sistema di gestione dei rifiuti;

- l'esistenza di reti di monitoraggio per il controllo ambientale.

Per quanto riguarda le tipologie impiantistiche si indicano le seguenti considerazioni di carattere generale:

- gli impianti di recupero della frazione umida per la produzione di compost hanno necessità, al momento, di grandi aree di lavoro e di ridotti insediamenti abitativi nelle immediate vicinanze. Per il notevole impatto odoroso non sono consigliabili in area industriale; è auspicabile quindi la loro localizzazione in aree con destinazione agricola, analoga considerazione vale per gli impianti di frantumazione di rifiuti inerti;

- per gli impianti di termoutilizzazione vanno escluse le aree industriali attraversate dagli spazi aerei di manovra di aeroporti e quelle che presentano una grande concentrazione residenziale nelle immediate vicinanze (soprattutto se poste in una situazione meteorologica sfavorevole). Vanno preferiti gli impianti di termoutilizzazione già esistenti e la vicinanza di potenziali utilizzatori di calore ed energia. Le opere proposte devono garantite la possibilità di evitare l'interferenza del traffico derivato dal conferimento dei rifiuti all'impianto con quello diretto ai centri abitati;

- gli impianti di trattamenti chimico/fisico di rifiuti liquidi possono essere localizzati solo dove l'area prescelta sia dotata di presidi ambientali tali da garantire il rispetto dei limiti di legge per gli scarichi delle acque reflue.


2.7 Flussi prioritari di rifiuti

Nel contesto della pianificazione devono trovare una specifica collocazione alcune tipologie di rifiuti che presentano aspetti particolarmente problematici in relazione sia alle loro caratteristiche qualitative e quantitative, sia per la loro potenziale pericolosità. In particolare si tratta dei rifiuti costituiti da beni durevoli dismessi, dei rifiuti da costruzione e demolizione e dei rifiuti contenenti amianto.


2.7.1 Rifiuti costituiti da beni durevoli dismessi

Relativamente alla gestione dei rifiuti costituiti da beni durevoli dismessi, costituiscono riferimenti normativi:

- l'art. 44 D.Lgs. n. 22/97 che individua i beni durevoli per uso domestico come categoria da assoggettare a specifici regimi di gestione e in fase di prima applicazione li identifica con i seguenti:

- frigoriferi, surgelatori, congelatori;

- televisori;

- computer;

- lavatrici e lavastoviglie,

- condizionatori d'aria.

- la Legge n. 549/93 e successive modifiche e integrazioni, sulla cessazione dell'impiego di sostanze lesive dell'ozono stratosferico e sulle fasi di raccolta, riciclo e smaltimento di tali sostanze;

- il D.M. 11 marzo 1999 n. 141 contenente il divieto di smaltimento in discarica di particolari tipologie di rifiuti che sancisce fra gli altri, il divieto di smaltire in discarica i rifiuti che contengono sostanze lesive dello strato di ozono stratosferico presenti tal quali nel rifiuto o che si possono generare a seguito di processi di degradazione;

- il D.M. 5 febbraio 1998, Allegato 1 - Sub Allegato 1 - punti 5.19 e 5.20 - che dispone, tra l'altro, che l'attività di recupero di apparecchiature post-consumo contenenti sostanze lesive dell'ozono stratosferico di cui alla citata L. n. 549/93, preveda la demolizione controllata delle carcasse in apposito impianto e con procedure tali da evitare il rilascio dei gas espandenti, di polveri e di altre emissioni in atmosfera.

La normativa vigente impone che tali rifiuti vengano sottoposti a trattamento prima del loro smaltimento al fine di favorire il recupero e il riutilizzo dei materiali che li compongono, evitando dispersioni di sostanze pericolose e avviando allo smaltimento solo le frazioni non recuperabili.

Dal punto di vista tecnico la gestione di tali rifiuti presenta aspetti piuttosto complessi sia nella fase di raccolta che di avvio a recupero o allo smaltimento.

Le fasi corrette di gestione, ai fini del recupero, sono di seguito individuate:

1) ricevimento e raccolta.

La raccolta di beni durevoli dismessi da sottoporre a operazioni di riciclo, è una fase molto delicata che richiede forme di protezione del bene dismesso durante il trasporto dello stesso, fino al punto in cui dovrà essere sottoposto a trattamento.

La mancata protezione, infatti, può vanificare l'operazione di recupero sia come componente, sia del materiale.

La raccolta deve inoltre garantire l'integrità dei rifiuti contenenti CFC o HCFC, dei rifiuti elettronici, per quanto riguarda il tubo catodico o lo schermo a cristalli liquidi, evitando così pericolosi rilasci in atmosfera di sostanze nocive;

2) pretrattamento e messa in sicurezza dei materiali.

Consiste nella asportazione di parti mobili delle apparecchiature e nella contemporanea rimozione, se del caso, di materiali pericolosi come CFC o simili contenuti nel circuito refrigerante, interruttori con sostanze pericolose, condensatori, tubi catodici, schede elettriche ed elettroniche.

In questa fase devono essere asportate sostanze infiammabili eventualmente presenti;

3) smontaggio e recupero del componente.

Questa fase richiede una definizione attenta di procedure al fine di garantire la possibilità di recupero dei componenti potenzialmente validi da un punto di vista tecnico ed economico;

4) frantumazione, taglio e selezione dei materiali.

Questa fase è caratterizzata da un maggiore impiego di energia e da soluzioni automatizzate e ad alto contenuto tecnologico. In questa fase devono essere garantite massime forme di protezione per l'uomo e per l'ambiente, è in questa infatti, che si sprigionano i clorofluorocarburi utilizzati come fluido espandente nelle schiume isolanti (gas dannosi per l'ozono stratosferico). Essi devono essere integralmente recuperati mediante triturazione e selezione dei materiali (nel rispetto dei limiti normativi previsti per le emissioni in atmosfera dalla normativa nazionale e regionale).

Si evidenzia in particolare il taglio dei tubi catodici, necessario per liberare i vetri da polveri nocive e permettere il successivo recupero dei vetri bonificati;

5) recupero di materiale ed energia.

I materiali selezionati dovranno essere prioritariamente reintrodotti nei cicli, produttivi, ovvero avviati a processi di recupero energetico;

6) smaltimento.

A questa fase dovrà essere destinata la frazione di rifiuto che residua a seguito delle operazioni di recupero.

Tenuto conto degli aspetti tecnico - gestionali soprarichiamati, in assenza della definizione degli accordi di programma previsti dall'art. 44 comma 2 del D.Lgs. n. 22/97 i PPGR devono individuare le modalità di raccolta, i centri di trattamento, recupero riciclo dei materiali costituenti i beni durevoli dismessi ed in particolare:

- Centri di trattamento, recupero e ricicIo dei rifiuti che contengono CFC, HCFC, ecc., in grado di assicurare il trattamento e recupero dei CFC, HCFC, ecc., contenuti nei circuiti refrigeranti e nelle schiume isolanti, la separazione e lo smaltimento di altre componenti pericolose e che garantiscono nel primo anno di funzionamento l'avvio al recupero di almeno il:

- 68% del peso dei rifiuti entranti come frigoriferi e congelatori;

- 70% del peso dei rifiuti entranti come condizionatori.

- Centri di trattamento, recupero e riciclo dei rifiuti che contengono componenti elettriche ed elettroniche, ad esempio TV, PC, in grado di assicurare il recupero delle componenti pericolose presenti e che garantiscano nel primo anno di funzionamento l'avvio al recupero di almeno il:

- 70% del peso dei rifiuti entranti come televisori;

- 85% del peso dei rifiuti entranti come computer.

- Centri di trattamento per quei rifiuti che non contengono CFC o HCFC, come ad esempio lavatrici e lavastoviglie in grado di assicurare il recupero delle componenti pericolose presenti e che garantiscano nel primo anno di funzionamento l'avvio al recupero di almeno il:

- 80% del peso dei rifiuti entranti come lavatrici;

- 65% del peso dei rifiuti entranti come Iavastoviglie.

Al fine di razionalizzare la gestione di tali rifiuti il PPGR può prevedere l'utilizzo di centri di trattamento, recupero e riciclo ubicati fuori dal proprio ambito territoriale.


2.7.2 Rifiuti da costruzione e demolizione (C & D)

La tipologia dei rifiuti da costruzione e demolizione presenta alcune caratteristiche peculiari:

- sotto il profilo quantitativo, a differenza degli altri rifiuti speciali, la loro produzione in un determinato territorio non è legata all'eventuale esistenza di un determinato settore di attività, quanto piuttosto è in funzione della densità insediativa ivi esistente. Essa inoltre non è concentrata in punti fissi e definiti sul territorio ma diffusa e itinerante.

Ogni territorio provinciale, è interessato dalla produzione di una rilevante quantità di tali materiali di scarto in ragione dell'attività edilizia che vi si svolge, direttamente connessa con le caratteristiche insediative esistenti;

- sotto il profilo qualitativo la loro composizione non è omogenea ma con una predominanza della componente inerte (che costituisce circa il 75% dei rifiuti);

- la loro mobilità economicamente sostenibile è molto bassa.

La gestione ottimale di tali rifiuti comporta una serie di azioni mirate e coordinate che devono tendere:

1. a ridurne la produzione o a minimizzare l'impatto ambientale, anche attraverso l'introduzione di tecnologie di demolizione selettiva che consentano la successiva attività di recupero;

2. a massimizzare il loro recupero e riutilizzo come materiali, favorendo allo stesso tempo la creazione di un mercato di inerti riciclati. É infatti ormai ampiamente documentata la fattibilità tecnica dell'uso sostitutivo degli inerti riciclati al posto di quelli vergini per la realizzazione di diverse tipologie di interventi. É opportuno rammentare che la L.R. n. 17/91 "Disciplina delle attività estrattive" all'art. 6, comma 6 prevede l'obbligo di effettuare, all'interno della stima del fabbisogno provinciale di inerti, la valutazione della quota che può essere soddisfatta dalla produzione di inerti recuperati esistenti all'interno dello stesso territorio di riferimento;

3. a prevedere lo smaltimento finale in discarica soltanto come modalità residuale e comunque effettuato in modo tale da ridurne l'effetto sull'ambiente.

Per favorire la riduzione della produzione e l'aumento delle percentuali di rifiuti da costruzione e demolizione effettivamente avviate al recupero e riciclaggio, deve essere con incentivato l'uso di tecniche di demolizione selettiva che consentano di separare i rifiuti sin dalla fase della loro produzione: l'uso di tali tecnologie innovative può essere incentivato dall'introduzione di forme di "certificazione" ambientale tipo EMAS e/o ISO 14000.

Per incrementare l'attività di recupero e riciclaggio di rifiuti da C&D è necessario che i produttori/detentori possano disporre di una rete adeguata di impianti sul territorio come alternativa economicamente sostenibile allo smaltimento in discarica.

A tal fine il PPGR deve contenere la previsione degli impianti fissi di recupero e riciclaggio di rifiuti inerti non pericolosi, a cui gli stessi saranno conferiti dal detentore a proprio carico, necessari per raggiungere tale obiettivo.

La realizzazione di tali impianti potrà avvenire attraverso accordi di programma concludersi tra Amministrazioni Provinciali e i soggetti pubblici o privati interessati all'accordo, in base ai seguenti criteri:

- potenziale produzione di rifiuti da C&D nell'area dove gli impianti dovranno essere realizzati, tenendo conto che, secondo le esperienze acquisite, un bacino di utenza compreso tra i 100.000 e i 300.000 abitanti appare idoneo ad assicurare un'ottimale gestione dei rifiuti indicati;

- sistema viario esistente, tenendo conto che la distanza da percorrere tra luogo di produzione dei rifiuti e impianto di trattamento non dovrebbe superare i 20/30 km, anche al fine di limitare la fase di trasporto, secondo i principi già ricordati.

In alternativa o anche in aggiunta al conferimento presso impianti di trattamento, in presenza di piccoli volumi di produzione, potrà essere previsto l'allestimento di centri di messa in riserva di rifiuti inerti, presso le stazioni ecologiche del servizio pubblico, ovvero tecnicamente possibile, presso soggetti privati quali le rivendite all'ingrosso o al minuto di materiale edile.

Il PPGR individua, in termini percentuali, obiettivi quantitativi di recupero di rifiuti da costruzione e demolizione da raggiungere progressivamente in un arco temporale, predeterminato.

La Provincia, laddove la realizzazione di discariche per rifiuti inerti si rendesse comunque necessaria, ne privilegia la realizzazione in cave dismesse.


2.7.3 Rifiuti contenenti amianto

Relativamente alla gestione dei rifiuti contenenti amianto costituisce riferimento normativo oltre che il D.Lgs. n. 22/97 anche la Legge n. 257/92. In particolare l'art. 10 di tale legge prevede la adozione di un piano regionale di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica al fine della difesa dei pericoli derivanti dall'amianto, che deve "... armonizzarsi con i piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982 n. 915 e successive modificazioni ed integrazioni", oggi abrogato e sostituito dal D. Lgs. n. 22/97.

In ottemperanza a tale disposto la Regione Emilia-Romagna ha approvato, con deliberazione C.R. 11 dicembre 1996 n. 497, il piano regionale previsto dalla predetta Legge.

Tenuto conto del quadro della pianificazione allora vigente tale piano pur delineando una strategia complessiva si caratterizzava in modo diverso per le due tipologie di rifiuti di amianto previste dalle norme generali in materia di rifiuti. Più in particolare:

- per i rifiuti classificati come "speciali", il piano assumeva la caratteristica di documento di indirizzo individuando le linee e i criteri generali cui dovevano uniformarsi gli strumenti di pianificazione provinciale (i piani infraregionali);

- per i rifiuti classificati come "tossici e nocivi", il piano definiva più compiutamente le scelte e le azioni che dovevano essere attuate, configurandosi quindi come parte integrante del piano regionale di settore per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi da adottare ai sensi dell'art. 7 della L.R. n. 27/94.

Dal punto di vista metodologico tale piano si basava su un approccio incentrato sul bilancio domanda/offerta di smaltimento, tenendo conto da un lato dei vincoli posti dalla normativa vigente sulle tecnologie di smaltimento utilizzabili e, dall'altro, della esigenza di disporre di un sistema impiantistico regionale in grado di far fronte alla totalità della richiesta di smaltimento di rifiuti prodotti nel territorio regionale.

Alla luce dello sviluppo normativo attuale e tenuto conto del diverso assetto della pianificazione in materia di rifiuti, il PPGR deve delineare un sistema provinciale di gestione dei rifiuti contenenti amianto, tenendo conto delle linee di indirizzo già delineate con il predetto piano regionale che si riconfermano, ed in particolare:

- deve contenere una valutazione di breve e lungo periodo sulle quantità e le tipologie di rifiuti contenenti amianto prodotti nell'ambito provinciale e che devono essere avviati a smaltimento (valutazione della domanda deve operare una ricognizione sulla "offerta" impiantistica di smaltimento esistente e, per i rifiuti compatti, affrontare il problema di dotare l'ambito provinciale di un adeguato numero di impianti per garantire sostanzialmente l'autosufficienza di smaltimento nella provincia, mentre, per i rifiuti friabili, di attivare le azioni più opportune per una collocazione eventualmente anche esterna all'ambito territoriale provinciale; deve analizzare le possibilità offerte dalle tecnologie emergenti per nuove modalità di trattamento dei rifiuti contenenti amianto (in particolare con inertizzazione termica), nonché individuare gli scenari e gli strumenti per operare forme di raccolta differenziata per i ridotti quantitativi di amianto prodotti dai cittadini o dalle piccole imprese.

Il PPGR deve inoltre valutare la possibilità di utilizzare degli strumenti innovativi individuati dal D.Lgs. n. 22/97, in particolare gli accordi e i contratti di programma previsti dall'art. 4, comma 4 del medesimo Decreto per rendere operativo tale sistema.


3. Contenuti e articolazione dei PPGR


3.1 Premessa

II processo di pianificazione del PPGR, ai sensi dell'art. 3 comma 2 della L.R. n. 20/00, si sviluppa attraverso le seguenti azioni:

- individuazione del sistema degli obiettivi;

- formazione del quadro conoscitivo;

- individuazione delle azioni idonee al raggiungimento degli obiettivi individuati;

- la regolamentazione degli interventi e la programmazione della loro attuazione;

- il monitoraggio dell'attuazione del piano e gli effetti sul territorio dell'attuazione delle previsioni di piano.

La individuazione del sistema degli obiettivi, con le finalità di cui all'art. 2 ed ai sensi degli artt. 3, 4 e 5 del D.Lgs. n. 22/97, deve essere incentrata sulla prevenzione della produzione dei rifiuti, la riduzione degli stessi con la promozione di specifiche misure di recupero (di materia e di energia) e la garanzia della realizzazione dell'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali (così come delimitati, dall'art. 2 della L.R. 6 settembre 1999. n. 25).

Inoltre la redazione del PPGR deve essere effettuata sulla base dei principi generali di cui al capo 1, artt. 1 e 5 del D. Lgs. n. 22/97. In particolare deve consentire la realizzazione di una corretta gestione dei rifiuti favorendo la riduzione dello smaltimento finale, in via prioritaria attraverso il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia e, in via secondaria, l'utilizzo dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (art. 4, commi 1 e 2); deve indicare le scelte idonee al conseguimento dell'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi nell'Ambito Territoriale Ottimale (art. 5, comma 3, lett. a) Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti il PPGR deve tenere conto dei principi di prossimità e idoneità degli impianti al fine del contenimento dei flussi di trasporto (art. 5, comma 3, lett. b), anche attraverso la realizzazione di intese e accordi interprovinciali.

Infine, l'individuazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti effettuata all'interno del PPGR deve corrispondere coerentemente alla effettiva necessità di gestione dei rifiuti rilevata nell'ambito del territorio provinciale per la durata di validità del Piano medesimo. Nell'ambito di tali principi generali lo sviluppo del processo di pianificazione del PPGR, contiene, in sintesi, quanto di seguito riportato:

- la descrizione delle condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;

- la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nel territorio provinciale tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali;

- il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza ed economicità e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti;

- la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento;

- le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;

- le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia;

- i tipi, le quantità e l'origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire;

- la localizzazione, sentiti i Comuni, degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani con indicazioni eventualmente plurime per ogni tipo di impianto;

- il Piano delle bonifiche dei siti inquinati di cui al comma 5 dell'art. 22 del D.Lgs. n. 22/97 (per questa parte si rimanda al capitolo 6).


3.2 Contenuti del PPGR


3.2.1 Esplicitazione dei contenuti generali di legge previsti per i PPGR

La L.R. n. 3/99, con l'art. 128, comma 3, lett. a), specifica quali contenuti, fra quelli previsti dall'art. 22 del D. Lgs. n. 22/97 per la redazione dei piani regionali, devono informare la pianificazione provinciale. Fermi restando i principi generali, cui ai commi 1 e 2 N3 dello stesso art. 22, di seguito sono riportate e commentate, ove necessario, le sole lettere, richiamate dalla L.R. n. 3/99, comma 3, lett. a):

"a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;"

Per il soddisfacimento di tali condizioni e criteri si rimanda a quanto riportato nel punto 2.6 "Criteri per la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti, ad eccezione delle discariche, nelle aree destinate ad insediamenti produttivi" delle presenti direttive.

"b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella Regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 23, nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale;"

L'analisi della tipologica e dell'insieme impiantistico provinciale, compresi gli impianti a servizio del sistema industriale, deve confrontarsi con la stima della domanda di smaltimento e recupero calcolata, per i rifiuti urbani. La sola domanda di smaltimento (relativa alla quota di rifiuti urbani) deve essere soddisfatta nell'Ambito Territoriale Ottimale (autosufficienza dell'ATO). Risulta, quindi, necessario, effettuare una ricognizione dell'offerta di recupero e smaltimento provinciale.

"c) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza e di economicità, e l'autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'articolo 23, nonché ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;".

Il sistema di gestione è articolato nelle fasi di raccolta (che si specializza anche in differenziata quando è finalizzata a suddividere i rifiuti urbani, in frazioni merceologiche omogenee), trasporto, recupero e smaltimento, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura. Le singole fasi di gestione, costituite a sistema, dovranno essere orientate al miglioramento della loro efficienza. L'efficienza ambientale, in particolare, è valutata con la partecipazione volontaria, delle imprese che svolgono attività industriale, al sistema comunitario di ecogestione e audit. Tale sistema promuove costanti miglioramenti dell'efficienza ambientale delle attività industriali mediante:

"a) l'introduzione e attuazione, da parte delle imprese, di politiche, programmi e sistemi di gestione dell'ambiente in relazione ai loro siti;

a) la valutazione sistematica, obiettiva e periodica dell'efficienza di tali elementi;

b) l'informazione al pubblico sull'efficienza ambientale." N4

Lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione, invece, può essere perseguito effettuando l'analisi della domanda di smaltimento per aree industriali e proponendo un possibile schema di offerta impiantistica sinergica a tali esigenze.

"d) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento;"

L'analisi dei costi del sistema di gestione, effettuata per le sue singole fasi, costituisce, nel tempo, una conoscenza dello stato di efficienza dei vari sistemi di gestione utilizzati nei vari Ambiti Territoriali Ottimali previsti. Tale conoscenza permette di quantificare i miglioramenti anche economici del sistema e delle sue parti, a seguito dell'introduzione di specifiche modifiche. Può inoltre suggerire, nell'ottica di una competizione solidale, modifiche da adottare in altri ATO.

"f) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;".

Superando la natura prescrittiva delle misure ambientali precedenti ("non si deve", "comando e controllo") la nuova strategia europea si basa su un approccio di dialogo ("agiamo insieme") col settore industriale e l'incoraggiamento a partecipare su base volontaria a procedure ambientali.

I principali strumenti volontari sono orientati ad attuare una certificazione ambientale ad una impresa (EMAS) e ad un prodotto (seguito per tutta la sua vita dalla culla alla tomba - Ecolabel N5).

"g) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali e di energia;".

"h-bis) i tipi, le quantità e l'origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire;".

A questi contenuti selezionati con la lettera a) del comma 3, art. 128, la stessa L.R. n. 3/99 aggiunge i disposti delle lettere b), c), d) di seguito riportati:

b) localizza, sentiti i comuni, gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani, con eventuali indicazioni plurime per ogni tipo di impianto;

c) effettua anche le scelte necessarie ad assicurare la gestione unitaria dei rifiuti urbani prevista al comma 1 dell'art. 23 del D. Lgs. n. 22/97;

d) contiene quale parte integrante il Piano di bonifica dei siti inquinati di cui al comma 5 dell'art. 22 del D. Lgs. n. 12/97.


3.2.2 Azioni di sviluppo della pianificazione e specifici contenuti.

Il PPGR contiene necessariamente le seguenti 5 azioni così come di seguito articolate negli specifici contenuti:

1) Individuazione del sistema degli obiettivi composto dai dettati dalla legislazione di settore e dal PTR (recepiti e specificati a scala provinciale) da altri eventuali ulteriori obiettivi emersi da specifiche problematiche provinciali;

2) Formazione di un quadro conoscitivo, a supporto delle motivazioni delle scelte strategiche operate, che tenga conto:

a) della potenzialità degli impianti di recupero e smaltimento esistenti al momento dell'adozione del piano (offerta di recupero e smaltimento);

b) della stima della produzione dei rifiuti urbani, speciali anche pericolosi prodotti nell'anno di elaborazione del Piano, in base alle tendenze degli anni precedenti;

c) della composizione merceologica media dei rifiuti urbani prodotti nell'Ambito Territoriale Ottimale;

d) delle tendenze di produzione dei vari tipi di rifiuti nello scenario temporale considerato;

3) Determinazione delle azioni idonee al conseguimento degli obiettivi individuati:

a) individuazione degli ambiti di riferimento per gli impianti di recupero e smaltimento esistenti e previsti;

b) eventuale individuazione dei sub-ambiti di gestione per il servizio di raccolta differenziata dei rifiuti urbani;

c) realizzazione dei nuovi impianti di recupero e smaltimento dei Rifiuti Urbani previsti nel Piano con le relative potenzialità di trattamento e smaltimento;

d) schema di proposta del sistema impiantistico relativo ai Rifiuti Speciali anche pericolosi;

e) ottimizzazione del Sistema impiantistico;

f) corretta gestione dei rifiuti basata anche su criteri di efficienza ambientale (come specificato nella presente direttiva);

g) ottimizzazione della gestione dei flussi dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani (con eventuale sistema di incentivo all'utenza);

h) attivazione di strumenti finalizzati alla raccolta separata secco umido finalizzata al recupero di energia e di materia;

i) indirizzi alle agenzia di ambito sulle questioni gestionali;

j) programmi di informazione all'utenza (sia diminuzione della produzione che conferimento differenziato dei rifiuti prodotti);

4) La regolamentazione degli interventi e la programmazione della loro attuazione:

a) localizzazione eventualmente plurima per ciascuno dei nuovi impianti di recupero e smaltimento dei Rifiuti Urbani;

b) indicazioni sulle aree industriali idonee all'insediamento di impianti per la gestione dei rifiuti (escluse le discariche);

c) costruzione di appositi scenari temporali (annuali) dove vengono analizzati gli effetti delle singole previsioni impiantistiche, costituenti sistema, sulla gestione complessiva dei rifiuti;

5) Bilancio e monitoraggio degli effetti sul territorio conseguenti all'attuazione dei piani:

a) la Valutazione della Sostenibilità Ambientale (VAS) e territoriale è sviluppata nell'ambito del procedimento di elaborazione e approvazione del piano. In particolare, nel documento preliminare propedeutico alla convocazione della conferenza di pianificazione, sono evidenziati alcuni aspetti della VAS. Tali aspetti consistono nell'individuazione dei potenziali impatti negativi delle scelte operate Piano e delle misure idonee ad impedirli, ridurli e compensarli. Gli esiti della valutazione ambientale costituiscono parte integrante del piano approvato e sono illustrati in un apposito documento (VAS);

b) il monitoraggio dell'attuazione e degli effetti del Piano sui sistemi ambientali e territoriali registra la divergenza dalle previsioni anche al fine della revisione o aggiornamento degli stessi.


3. Articolazione del PPGR

Nelle disposizioni introdotte con procedimento di approvazione previsto dall'art. 27 della L.R. n. 20/00 la Giunta Provinciale dell'amministrazione procedente elabora un documento preliminare. Con la fase di elaborazione, ampliata ad altre amministrazioni con la convocazione della conferenza di pianificazione, è avviata la concertazione di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 27 L.R. n. 20/00 (momento propedeutico alla adozione del piano da parte del Consiglio provinciale dell'amministrazione procedente). Gli elementi individuati e descritti, nel precedente paragrafo costituiscono i contenuti necessari alla preparazione della procedura di elaborazione adozione e approvazione del Piano. Tali contenuti compongono, come di seguito descritto, i seguenti documenti di pianificazione:

- quadro conoscitivo; sviluppa quanto specificato nei punti 2) e 5) lett. a) di cui al precedente paragrafo 3.2.2. Costituisce riferimento necessario per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del Piano e per la valutazione di sostenibilità. É elemento costitutivo del Piano e costituisce integrazione e approfondimento del quadro conoscitivo del piano generale (PTCP), limitatamente agli elementi e alle tematiche proprie del settore. Deve essere costituito nei sui elementi fondamentali al momento dell'adozione da parte della giunta provinciale che apre la procedure di pianificazione ed è perfezionato in sede di conferenza di pianificazione;

- documento preliminare; contiene quanto descritto nel punto 1) di cui al precedente paragrafo 3.2.2. Si sostanzia nella dichiarazione e descrizione degli obiettivi, nella cartografia di riferimento, contenente una individuazione della situazione impiantistica esistente relazionata al sistema della mobilità ed una prima individuazione di massima delle previsioni impiantistiche proposte, uno studio delle aree industriali idonee ad ospitare impianti di recupero di rifiuti speciali e una prima valutazione di massima sulle pressioni ambientali che il Piano esercita sul territorio (indicazioni preliminari al documento di VAS). L'esame congiunto di tale documento ha la finalità di costruire in sede di conferenza di pianificazione, un quadro conoscitivo condiviso del territorio e dei conseguenti limiti e condizioni per il suo sviluppo sostenibile, nonché di esprimere valutazioni preliminari in merito agli obiettivi e alle scelte di pianificazione prospettate. Qualora l'Amministrazione procedente intende promuovere modifiche alla pianificazione, generale o settoriale, il documento deve descriverle e motivarle. Le parti modificate, sia al PTCP che al PPGR vigenti, devono essere espressamente individuate e puntualmente motivate, indicando gli elementi essenziali che si introducono.


3.4 Periodo di pianificazione

L'arco temporale oggetto del PPGR è di 10 anni.

Con riferimento all'intero periodo, il Piano effettua le previsioni relative alla stima dei trend di produzione dei vari tipi di rifiuti, ai risultati e alle azioni per limitare la produzione, al recupero, al riciclaggio, e agli obiettivi di raccolta differenziata e determina la potenzialità complessiva degli impianti di recupero e smaltimento necessari.

Il Piano sviluppa le azioni idonee al conseguimento degli obiettivi assunti, stabilisce la cadenza temporale del loro raggiungimento individua, fra l'altro, per i rifiuti urbani, il numero, la tipologia e la potenzialità degli impianti di recupero e smaltimento da realizzare. Con la stessa cadenza temporale effettua l'azione di monitoraggio, di cui all'art. 5, comma 4 della L.R. n. 20/00, con cui registra la eventuale divergenza dalle previsioni del Piano e definisce i nuovi scenari, anche al fine della sua revisione o aggiornamento.

Il PPGR è revisionato comunque ogni 5 anni; entro tale periodo esso può essere aggiornato con le necessarie varianti.


3.5 Scenari di pianificazione e monitoraggio

Il PPGR prevede la modalità di utilizzo degli strumenti (impiantistici e/o organizzativi) scelti dal piano per il perseguimento degli obiettivi da raggiungere. Relativamente al sistema di gestione dei Rifiuti Urbani costruisce appositi scenari di pianificazione in relazione alla programmazione temporale degli interventi proposti.

Tale previsione definisce, sulla base dei valori di produzione e composizione merceologica dei rifiuti (attuali e stimati per l'intervallo di tempo considerato) e considerando gli obiettivi di raccolta differenziata, il fabbisogno impiantistico e i flussi delle diverse frazioni di rifiuti da recuperare e da smaltire.

Per la costruzione della programmazione di attuazione delle azioni proposte dal piano i passaggi da seguire sono:

1) Descrizione del contesto.

La descrizione deve contenere almeno i seguenti dati:

- produzione dei rifiuti (espressa in t/a e come valori pro-capite) e della composizione merceologica degli stessi (sulla base delle indagini svolte dalle aziende di gestione del servizio pubblico);

- descrizione del sistema attuale di gestione dei rifiuti, specificando con un diagramma a flussi, gli impianti coinvolti e le relative quantità di rifiuti trattate per singola fase;

- eventuali sub-ambiti di gestione dei rifiuti urbani (con l'indicazione di previsti flussi di rifiuti in entrata e/o in uscita);

- i quantitativi dei rifiuti raccolti in maniera differenziata, suddivisi per singole frazioni merceologiche da destinare al recupero di materia e di energia;

- i quantitativi di rifiuto indifferenziato;

- del trend demografico (abitanti residenti e stagionali), in base a previsioni effettuate da specifiche indagini su base provinciale.

2) Rappresentazione nel contesto delle relazioni fra il sistema degli obiettivi e le azioni individuate per raggiungerli.

- il sistema di trattamento/smaltimento/recupero ritenuto più idoneo ai fini di una corretta gestione dei rifiuti. In particolare deve essere evidente la coerenza tra il sistema di obiettivi del Piano individuati e gli strumenti scelti per perseguirli. Tale coerenza deve essere rappresentata sinteticamente in diagrammi di flusso (direttamente collegati alle tabelle informative fornite).

La previsione deve descrivere uno scenario credibile e perseguibile fondato sulle azioni di riduzione della produzione (effettivamente incentivati dall'azione pubblica con specifici strumenti) e di recupero e riutilizzo (fondato su proposte concretamente avanzate anche dai consorzi di filiera relativi all'ottimizzazione, impiantistica). L'attuazione degli interventi previsti dal Piano, descritta negli scenari di pianificazione, è monitorata verificandone anche l'efficacia.

Qualora, nella fase di monitoraggio, il raggiungimento di alcuni obiettivi previsti sia disatteso, si dovranno utilizzare modalità correttive (revisioni e/o aggiornamento) idonee al loro raggiungimento.


3.6 Formati del PPGR

I dati contenuti nel Piano dovranno essere presentati secondo i modelli tabellari e gli schemi logici riportati nell'Allegato 1.

Si forniscono tali modelli di restituzione dati che costituiscono il livello minimo di informazioni necessarie alla attivazione della conferenza di pianificazione finalizzata alla adozione, da parte del Consiglio Provinciale dell'amministrazione proponente, del PPGR.

Tale base informativa omogenea e confrontabile è anche finalizzata a costruire un quadro di riferimento sintetico regionale.

A tal fine costituisce fonte primaria di informazione il Sistema Informativo Regionale sui Rifiuti (SIRR) la cui struttura e schema di funzionamento sono riportati nell'Allegato 2.


3.7 Controllo di qualità dei dati del piano

Il Piano deve indicare le fonti ed i criteri di verifica delle informazioni utilizzate per le elaborazioni, descrivendo, in modo adeguato le metodologie utilizzate per le stime condotte.

I dati utilizzati per la predisposizione del PPGR devono essere classificati nel modo indicato di seguito.


Dati di base


CATEGORIA

DESCRIZIONE

---

---

A

Dati provenienti da misure dirette (pesatura dei rifiuti, quantitativi fatturati ecc.)

B

Valori dedotti da dichiarazioni ufficiali (MUD ecc.)

C

Valori dedotti da stime dirette dei gestori

D

Valori fondati su stime indirette per analogia con altri servizi similari, attinti da letteratura ecc.


Stime protezione e previsioni


LIVELLO

DESCRIZIONE

---

---

A

Previsioni basate su estrapolazioni di archivi composti da dati, prevalentemente di categoria A, aggiornati nell'ultimo quinquennio, utilizzando tecniche consolidate di proiezione

B

Previsioni basate su estrapolazioni di archivi composti da dati prevalentemente di categoria B e C, aggiornati nell'ultimo quinquennio, utilizzando tecniche consolidate di proiezione

C

Previsioni fondate su stime indirette e raffronti per analogia con altre situazioni note


3.8 Valutazione ambientale del piano

I Piani territoriali, generali e settoriali, sono in misura crescente assoggettati a procedure di valutazione finalizzate a stimare la loro "prestazione ambientale" attraverso le individuazioni, a livello strategico, dei potenziali impatti generati dall'attuazione delle azioni.

A livello nazionale non esiste una procedura formale o giuridicamente vincolante per la valutazione delle prestazioni ambientali dei piani.

La VAS (Valutazione Ambientale Strategica), di seguito illustrata, consente alle Amministrazioni partecipanti e all'Amministrazione procedente di avere una maggiore consapevolezza nel processo di elaborazione del Piano. Tale metodologia è finalizzata sia a condurre una verifica di conformità del Piano, nel momento della sua elaborazione, al sistema di obiettivi da perseguire, che ad indicare, a livello qualitativo, le "ricadute ambientali" (o pressioni) che le scelte del Piano, limitatamente al settore della gestione dei rifiuti, hanno sull'ambiente. Per seguire queste finalità rappresenta un momento del processo di pianificazione che concorre alla definizione delle stesse scelte di piano.

La metodologia, illustrata nell'Allegato 3 è coerente con la costruzione della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), sia nella sua suddivisione temporale delle fasi valutative (ex - ante, intermedia, ex - post) che nella composizione della procedura. Essa infatti comprende la valutazione dello stato dell'ambiente, l'individuazione di obiettivi associati a priorità di attuazione in una ottica di piano, la valutazione della strategia scelta conforme alle politiche ambientali come alle normative di settore, l'uso di indicatori intesi a qualificare e semplificare le informazioni per interpretare i mutamenti nel tempo e l'integrazione dei risultati delle valutazioni nel disegno finale del piano come azione di ritorno al suo miglioramento.

Essa ha la funzione di:

- mettere in grado la Provincia di

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  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Rifiuti

Rifiuti, non rifiuti e sottoprodotti: definizione, classificazione, normativa di riferimento

A cura di:
  • Alfonso Mancini
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Albo nazionale dei gestori ambientali
  • Rifiuti

Albo gestori ambientali, normativa, categorie, iscrizione, responsabile tecnico, modulistica

A cura di:
  • Alfonso Mancini
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Rifiuti
  • Tutela ambientale

Classificazione dei rifiuti in base all'origine e in base alla pericolosità

A cura di:
  • Redazione Legislazione Tecnica
  • Infrastrutture e opere pubbliche
  • Finanza pubblica
  • Provvidenze
  • Mezzogiorno e aree depresse
  • Edilizia scolastica
  • Rifiuti
  • Terremoto Centro Italia 2016
  • Calamità/Terremoti
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali
  • Edilizia e immobili
  • Strade, ferrovie, aeroporti e porti
  • Protezione civile

Il D.L. 91/2017 comma per comma

Analisi sintetica delle disposizioni rilevanti del settore tecnico contenute nel D.L. 20/06/2017, n. 91 (c.d. “DL Mezzogiorno” convertito con modificazioni dalla L. 03/08/2017, n. 123), con rinvio ad approfondimenti sulle novità di maggiore rilievo.
A cura di:
  • Emanuela Greco
  • Rifiuti
  • Ambiente, paesaggio e beni culturali

Disciplina delle terre e rocce da scavo: sintesi operativa dopo il D.P.R. 120/2017

DEFINIZIONE E CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA Definizione di “terre e rocce da scavo”; Categorie di terre e rocce da scavo; Materiali provenienti da demolizioni; Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte - SUOLO ESCAVATO ALLO STATO NATURALE UTILIZZATO IN SITU Riutilizzo in situ del suolo escavato naturale; Suolo naturale nel quale siano presenti “materiali di riporto”; Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo per opere sottoposte a VIA - CONDIZIONI PER QUALIFICARE LE TERRE E ROCCE DA SCAVO COME “SOTTOPRODOTTI” Condizioni comuni a tutti i cantieri; Terre e rocce da scavo nelle quali siano presenti “materiali di riporto”; Onere di attestazione del corretto avvenuto utilizzo; Cantieri con oltre 6.000 mc di scavo per opere soggette a VIA o AIA; Cantieri con meno di 6.000 mc di scavo per opere non soggette a VIA o AIA; Cantieri con oltre 6.000 mc di scavo per opere non soggette a VIA o AIA; Trasporto delle terre e rocce qualificate sottoprodotti - TERRE E ROCCE DA SCAVO QUALIFICABILI COME “RIFIUTI”; Condizioni al cui verificarsi le terre e rocce da scavo sono qualificate “rifiuti”; Deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti - TERRE E ROCCE DA SCAVO IN SITI CONTAMINATI Attività di scavo in siti oggetto di bonifica; Piano dettagliato e campionamento del suolo; Piano operativo; Utilizzo delle terre e rocce scavate nel sito; Presenza di “materiali di riporto” - ATTUAZIONE E LINEE GUIDA.
A cura di:
  • Redazione Legislazione Tecnica