Sent. C. Cass. pen. 21/09/2015, n. 38139 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent. C. Cass. pen. 21/09/2015, n. 38139

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Edilizia e immobili - Attività edilizia - Titoli abilitativi - Permesso di costruire - Modifica dei prospetti - Necessità.

L'esecuzione di interventi comportanti la modifica dei prospetti non rientra nelle tipologie delle ristrutturazioni edilizie "minori" e come tale richiede

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SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE

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RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Napoli, pronunciando nei confronti degli odierni ricorrenti, con sentenza del 25.3.2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli dell'8.1.2010 appellata dal P.G., dal PM e dalla parte civile, dichiarati inammissibili gli appelli del PG e del PM, in accoglimento dell'appello della parte civile, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli odierni ricorrenti S.C. e C.G. in ordine ai reati loro ascritti perché estinti per intervenuta prescrizione, con condanna degli stessi a rifondere alla parte civile le spese del primo grado di giudizio.

Il GM del Tribunale di Napoli l'8.1.2010 aveva assolto gli imputati del reato p. e p. dell'art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e art. 81 cpv. per avere, S. C. in qualità di committente delle opere da realizzare in (OMISSIS) (zona sottoposta a vicolo) e C.G. in qualità di direttore dei lavori di ristrutturazione interna, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, iniziato, continuato ed eseguito, in assenza del permesso di costruire, le seguenti opere: realizzazione dei lavori di ristrutturazione interna dell'immobile prima indicato, lavori descritti nella DIA n. 56/04 e nella successiva variante n. 248/04, opere illecite in quanto poste in essere su immobile abusivo oggetto di procedura di condono non ancora definita.

Fatto commesso in (OMISSIS).

Il P.G. aveva proposto appello avverso l'assoluzione come pronunciata chiedendo, in riforma della detta, che fosse affermata la penale responsabilità di entrambi gli imputati in ordine ai reati loro ascritti. Proponevano ricorso per Cassazione - tramutato poi in appello - il P.M. che avanzava analoghe conclusioni e la P.C. che domandava l'annullamento dell'impugnata sentenza agli effetti civili, con le conseguenze di legge.

2. Avverso la sentenza della Corte d'Appello hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, S. C. e C.G., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a. Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inammissibilità in relazione al disposto normativo di cui all'art. 568 c.p.p., art. 591 c.p.p., comma 1, lett. a), art. 591 c.p.p., comma 2, art. 576, 100 e 122 c.p.p., (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e).

Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l'inammissibilità dell'appello proposto dal difensore della costituita parte civil

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I motivi sopra illustrati sono fondati per quello che attiene all'intervenuta condanna dei ricorrenti a rifondere le spese legali sostenute nel primo grado dalla parte civile e per quanto concerne la riforma della pronuncia assolutoria di primo grado per quello che attiene agli effetti penali della stessa.

Diversamente, per i motivi che si andranno ad evidenziare, va mantenuta la declaratoria di intervenuta prescrizione dei reati - conseguente alla riconosciuta esistenza del fatto reato- per quello che attiene agli effetti civili.

2. Preliminarmente, va rilevato che, ancorché i giudici di appello incorrano in un evidente lapsus calami nell'incipit della motivazione del provvedimento impugnato, ove si legge che agli appelli della Pubblica accusa e della P.C. non sono ammissibili per essere già alla data dell'interposizione del gravame i reati contravvenzionali prescritti", dalla lettura del dispositivo e dal prosieguo della stessa motivazione (ove a pag. 3 si legge "L'appello della P.C. non è invece tale...) appare chiaro che ad essere stati dichiarati inammissibili sono stati gli appelli proposti dal PM e dal P.G., mentre è stato accolto quello della parte civile.

3. Va poi rilevato che appare infondato il motivo proposto in ordine alla procura speciale rilasciata al difensore e procuratore della parte civile, motivo che peraltro non risulta proposto, in limine litis, al giudice del gravame del merito.

Ritiene, infatti il Collegio, diversamente da quanto opina il ricorrente che l'indicazione per cui "la presente procura si intende rilasciata per tutte le eventuali ulteriori udienze preliminari, dibattimentali o di appello, nonché contro ogni altro responsabile, a qualunque titolo, dei reati contestati o eventualmente contestandi, con tutti i poteri occorrenti, nessuno escluso" esprima in modo certo la volontà della persona offesa di attribuire al procuratore speciale, oltre il mero potere di rappresentanza processuale nel corso degli ulteriori gradi di giudizio, anche il diritto di proporre gravame.

Questa Corte ha precisato che è legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale (mandato alle liti) anche se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura "per un solo grado del processo", stabilita dall'art. 100 c.p.p., comma 3, può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte - desumibile dalla interpretazione del mandato - di attribuire anche un siffatto potere (così Sez. Un. n. 44712 del 27.10.2004, Mazzarella, rv. 229179, in cui la Corte, nell'escludere che la formula utilizzata nella specie potesse interpretarsi nel senso dell'attribuzione al difensore anche del potere di proporre appello, ha chiarito che la parte civile con la procura speciale rilasciata a norma dell'art. 100 c.p.p., conferisce al difensore lo "jus postulandi", ossia la rappresentanza tecnica in giudizio, mentre con la procura speciale prevista dall'art. 122 attribuisce al procuratore, a norma dell'art. 76, comma 1, la "legitimatio ad processum", ossia la capacità di essere soggetto del rapporto processuale e di promuovere l'azione risarcitoria in nome e per conto del danneggiato).

Di recente si è anche ulteriormente affermato che, nei casi in cui nel giudizio penale sia prescritto che la parte stia in giudizio col ministero di difensore munito di procura speciale, il mandato, in virtù del generale principio di conservazione degli atti, deve considerarsi valido anche quando la volontà del mandante non sia trasfusa in rigorose formule sacramentali, ovvero sia espressa in forma incompleta, potendo il tenore dei termini usati nella redazione della procura speciale e la sua collocazione escludere ogni incertezza in ordine all'effettiva portata della volontà della parte (sez. 3^, n. 4676 del 22.10.2014 dep. il 2.2.2015, M., rv. 262473; sez. 2^, n. 46159 dell'11.7.2013, Ferrari, rv. 257335).

4. Fondato è il motivo che attiene alla impossibilità per il giudice di appello di porre a carico degli imputati le spese di rappresentanza in giudizio della parte civile nel primo grado di un processo laddove è dato pacifico che alla data in cui è stata pronunciata la sentenza di primo grado i reati fossero prescritti.

Ed invero, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità quello secondo cui il giudice dell'appello quando accerti che la prescrizione del reato è maturata prima della pronuncia di primo grado non può confermare le statuizioni civili in questa contenute né condannare l'imputato al pagamento delle spese processuali a favore della parte civile (sez. 6^, n. 9081 del 21.2.2013, Colucci ed altro, rv. 255054). Il giudice di appello, peraltro, laddove, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescr

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P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spes

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