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Sent. C. Cass. civ. 13/05/2013, n. 11388

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PROPRIETÀ - LIMITAZIONI LEGALI DELLA PROPRIETÀ - RAPPORTI DI VICINATO - MURO - MURO DI CINTA - DISTANZE - Terrapieno e insediamenti in esso ricompresi - "Costruzione" agli effetti delle distanze legali - Configurabilità - Fondamento - Separazione del muro di contenimento dal riporto di terreno - Rilevanza - Esclusione.
In tema di distanze legali, rientrano nel concetto di "costruzione", agli effetti dell'art. 873 cod. civ., il te
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SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 - Con due distinti atti di citazione notificati nel gennaio e nel marzo del 1989, Brambilla Renato ed Giazzi Albino da un lato e Giovanni Carini dall'altro evocarono in giudizio innanzi al Tribunale di Cremona i coniugi Alfredo Primavera e Tresoldi Piera Maria, proprietari di un lotto di terreno confinante, al lato est, con la proprietà del Carini ed al lato sud con quella dei Brambilla / Giazzi esponendo: che i predetti avevano eretto, sulla linea dei rispettivi confini, un muro di circa tre metri di altezza che fungeva da sostegno ad un terrapieno in cui era stata realizzata una piscina, due autorimesse ed un locale cantina, contigue al corpo principale dell'abitazione; che su detto terrapieno era stata posta un'area pavimentata che era collegata direttamente al primo piano del fabbricato, da cui si accedeva attraverso una porta- finestra, coprendo anche l'estradosso dei locali garages; che erano state anche messe a dimora piante, nella parte del terrapieno lasciata libera dalla detta pavimentazione; che i detti locali, la piscina e le piante erano stati posti a distanza dal confine inferiore a cinque metri, così violando le prescrizioni del regolamento edilizio locale.

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - Con il primo motivo viene denunziata la violazione o falsa applicazione dell'art. 873 cod. civ. e degli artt. 35, 38 e 39 del regolamento edilizio del Comune di Castelverde approvato nell'aprile del 1976, contestandosi che la previsione dell'art. 39 succitato, relativo alla distanza di cinque metri da mantenersi dal confine per gli edifici localizzati nella zona "C" - residenziale di nuova istituzione -, avrebbe potuto essere derogata solo per le costruzioni accessorie edificate in aderenza al confine, ribadendosi al contrario che, secondo lo strumento urbanistico all'epoca vigente, tale regolamentazione valeva solo per le costruzioni a destinazione principale abitativa e non per le pertinenze di esse. 1.a. - I ricorrenti traggono argomento per la loro ricostruzione dall'art. 38/b dello stesso regolamento che, per l'analoga zona "B" - residenziale di completamento -, specificava che la distanza di cinque metri dal confine doveva essere rispettata laddove l'edificio interessato avesse avuto pareti finestrate colà rivolte e non già per i richiamati locali accessori - ivi comprendendovi la piscina -;

ulteriore motivo per avvalorare la propria tesi è rinvenuto dalla diversa indicazione lessicale usata in altri articoli del regolamento, che avrebbe evidenziato la differenza tra i due tipi di costruzioni, nonché dalla disciplina contenuta per la prima volta nel nuovo regolamento edilizio, approvato nel 1994 - e quindi non direttamente applicabile ratione temporis - che specificava che le costruzioni accessorie dovevano distaccarsi dal confine di cinque metri, od essere edificate su di esso.

2 - Con il secondo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 873 cod. civ. sotto un diverso e concorrente aspetto: si assume che la valutazione del terrapieno come costruzione unitaria - e quindi come tale obbligata al distacco dal confine - sarebbe venuta meno a seguito dello scavo operato in corso di causa, che avrebbe creato una "scarpa" tra il terreno sopraelevato ed il muro, da considerarsi "di cinta"; essendo detto terreno oramai privo di muri di contenimento, esso non poteva esser considerato come "terrapieno", facendo così venir meno la base argomentativa del ragionamento della Corte di merito, ne', i locali in esso contenuti, trattandosi di costruzioni interrate, erano sottoposti alle norme sulle distanze, non potendo, per definizione, creare delle intercapedini dannose. 2.a - Nell'ambito del medesimo mezzo le parti ricorrenti assumono che la Corte distrettuale sarebbe incorsa in un'erronea percezione della realtà rappresentata dagli atti di causa, avendo ritenuto che la pavimentazione sovrastante i garages (e i locali cantina) e contornante la piscina, avrebbe avuto una funzione unificatrice risp

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P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta quello principale ed accoglie quello incidentale; cassa in ordine al motivo ac

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