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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Ampliamento del balcone e fiscalizzazione dell’abuso
Nel caso di specie si trattava dell’ampliamento di un preesistente balcone, tramite una struttura corredata da ringhiera in ferro che poggiava sul lastrico solare di un altro proprietario. Secondo la ricorrente, le opere realizzate integravano interventi di edilizia libera, per i quali non era necessario alcun titolo edilizio, con conseguente illegittimità dell'ordine di demolizione disposto dal Comune. Con il secondo motivo invocava l'art. 34 del D.P.R. 380/2001, che prevede l'applicazione della sanzione alternativa laddove la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.
TAR Campania-Napoli, sent. 13/11/2023, n. 6238, ha respinto i motivi di ricorso, constatando in primo luogo la evidente funzione permanente delle opere eseguite, per le quali sarebbe stato necessario il conseguimento del titolo edilizio.
Sul punto è stato richiamato il principio giurisprudenziale secondo il quale la realizzazione di un intervento di ampliamento di un balcone ed il congiungimento di due sporti preesistenti per la realizzazione di un unico e più ampio balcone costituiscono opere di ristrutturazione edilizia ai sensi degli artt. 3 e 10, D.P.R. 380/2001, dal momento che realizzano un'oggettiva trasformazione della facciata del palazzo, comportante modifica della sagoma, dei prospetti e delle superfici. Il titolo edilizio per la realizzazione di tale intervento risulta essere, ad avviso dei giudici, il permesso di costruire e la sanzione per la sua assenza è il ripristino dello stato dei luoghi.
Per quanto riguarda l'applicazione della sanzione alternativa, il TAR ha ricordato che l’omessa previa valutazione della fattibilità della demolizione senza danno per la parte di fabbricato conforme è del tutto irrilevante ai fini della legittimità del provvedimento che dispone la demolizione del manufatto, e al più potrebbe rilevare in fase di esecuzione materiale del provvedimento se ed in quanto sussistano dimostrati profili di pericolo per la parte legittimamente realizzata del fabbricato.
Ciò posto, è stato sottolineato che l’art. 34, D.P.R. 380/2001, come chiaramente emerge dalla sua rubrica, è applicabile solo agli abusi che sostanziano parziale difformità e non a quelli realizzati in totale assenza di titolo. Ai fini della fiscalizzazione deve in sostanza trattarsi di:
- abusi meno gravi riferibili all'ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo, in ragione del minor pregiudizio causato all'interesse urbanistico;
- annullamento del permesso di costruire, in ragione della tutela dell'affidamento che il privato ha posto nel titolo edilizio a suo tempo rilasciato e, poi, fatto oggetto di autotutela e della circostanza che l'opera è stata costruita comunque sulla base di un provvedimento abilitativo (v. art. 38, D.P.R. 380/2001).
Viceversa, con riferimento alle ipotesi di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l'unica applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato.
Infine è stato ribadito che i provvedimenti che sanzionano l'attività edilizia abusiva (ivi compresi i dinieghi di sanatoria) sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.
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