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ISSN 1721-4890
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Condono edilizio e prova della data di ultimazione dell’opera
C. Stato 05/09/2023, n. 8165 si è pronunciato sul diniego di condono edilizio di un’opera per la quale non era stata provata la data di ultimazione entro il 31/03/2003. La sentenza offre l’occasione per riepilogare alcuni interessanti principi sul tema, espressi anche di recente dalla giurisprudenza amministrativa.
FATTISPECIE - Nel caso di specie il TAR aveva respinto il ricorso contro il diniego di condono rilevando l’incompletezza della documentazione relativa all’istanza e la mancata prova circa l’ultimazione dell’abuso alla data del 31/03/2003. Secondo il ricorrente l’amministrazione aveva l’onere di richiedere chiarimenti e sarebbe stato necessario il preavviso di rigetto.
CONDONO EDILIZIO DEL 2003 - L’art. 32, commi 25 del D.L. 30/09/2003, n. 269, conv. dalla L. 24/11/2003, n. 326, stabilisce che il condono previsto dall’art. 31 della L. 28/02/1985, n. 47 si applica, a determinate condizioni, anche alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31/03/2003. Ai sensi del comma 2 del citato art. 31, L. 47/1985, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.
PRINCIPI ESPRESSI DAL CONSIGLIO DI STATO - Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 05/09/2023, n. 8165, ha in primo luogo rilevato che la domanda di condono edilizio era stata presentata priva di elementi essenziali come i dati relativi alla superficie oggetto di condono, del volume e della descrizione dell’abuso. Di conseguenza, a fronte di tali carenze documentali, che non permettono di individuare il contenuto minimo della richiesta, nessun onere istruttorio può individuarsi in capo all’Amministrazione.
Inoltre, secondo i giudici:
- l’onere della prova della data di costruzione dell’immobile grava sul privato che presenta istanza di condono edilizio. Sul punto il Collegio ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, per cui grava sul privato l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell'immobile abusivo, in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto;
- solo la deduzione, da parte di colui che ha commesso l’abuso, di concreti elementi di riscontro trasferisce il suddetto onere di prova contraria in capo all’Amministrazione.
CONCLUSIONI - In conclusione i giudici hanno respinto il motivo di ricorso e confermato il diniego della sanatoria ritenendo che nel caso di specie tale rigorosa dimostrazione non fosse stata data, non avendo la parte appellante fornito alcun elemento probatorio atto ad attestare la veridicità delle proprie affermazioni.
PRECEDENTI SUL TEMA - In tema di onere della prova della collocazione temporale dell’abuso, il Consiglio di Stato ha recentemente chiarito che:
- l’onere di fornire la prova sulle condizioni (ad esempio l’epoca di realizzazione dei manufatti abusivi) e sulla consistenza dell’abuso grava sul richiedente la sanatoria, spettando invece all’Amministrazione il compito di controllare i dati forniti che, se non assistiti da attendibile consistenza, implicano la reiezione della relativa istanza (C. Stato 10/03/2020, n. 1727);
- la prova della data di ultimazione dei lavori deve inoltre essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, non avendo alcuna rilevanza eventuali dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o mere dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate (C. Stato 21/08/2023, n. 7849);
- quando le disposizioni sul condono edilizio prevedono che la data entro la quale deve essere stato realizzato l’abuso per essere ammesso il relativo beneficio vada ragguagliata a quella del “completamento funzionale” delle opere (come accade per il condono di cui all’art. 31, L. 47/1985, nel caso di opere interne o abusi perpetrati in edifici non destinati alla residenza), tale data va individuata nel momento dal quale è reso possibile lo svolgimento dell’attività (ad esempio produttiva) al quale le opere abusive erano destinate (C. Stato 09/03/2018, n. 1513).
A tale ultimo riguardo si segnala anche C. Stato 12/06/2023, n. 5754, che ha spiegato che l'art. 31, comma 2, L. 47/1985 prevede due criteri alternativi per la verifica del requisito dell'ultimazione, rilevante ai fini del rilascio del condono: si tratta del criterio "strutturale", che vale nei casi di nuova costruzione; e del criterio "funzionale", che opera, invece, nei casi di opere interne di edifici già esistenti oppure di manufatti con destinazione diversa da quella residenziale.
Quanto al criterio strutturale del completamento del rustico, per edifici ultimati, si intendono quelli completi almeno al rustico, espressione con la quale si intende un'opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili.
La nozione di completamento funzionale implica, invece, uno stato di avanzamento nella realizzazione tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione; in altri termini l'organismo edilizio, non soltanto deve aver assunto una sua forma stabile nella consistenza planivolumetrica (come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione "al rustico", ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno), ma anche una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d'uso.
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