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28/01/2022

Stato legittimo dell’immobile e valenza delle risultanze catastali

Il TAR Campania si pronuncia sulla valenza delle risultanze catastali ai fini della dimostrazione della preesistente consistenza dell'immobile, in applicazione delle norme sullo stato legittimo introdotte dal D.L. 76/2020.

FATTISPECIE - Nel caso di specie si trattava di un ordine di demolizione per l’ampliamento di un immobile rurale risalente ai primi anni del 1900, situato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico nel 1954. In particolare risultava che la consistenza del fabbricato era stata ampliata di recente (e quindi dopo l’imposizione del vincolo) e che tali interventi ampliativi avevano determinato un organismo edilizio completamente difforme rispetto a quello originario.
Il ricorrente sosteneva che:
- le attuali consistenze, fatti salvi alcuni marginali adeguamenti postumi relativi alla corte esterna, fossero conformi all’originaria conformazione del fabbricato, edificato in epoca remota, ante 1942, allorchè non vigeva alcun obbligo di acquisizione di titolo edilizio e paesaggistico;
- la relazione del CTU da cui emergeva che l’immobile originario avesse consistenza di soli 58 mq. (a fronte degli attuali 148 mq.) doveva ritenersi inattendibile in quanto si fondava unicamente su fonti cartolari (mappa catastale), anziché sull’accurata ispezione dei luoghi e sull’analisi delle tecniche costruttive.

VALENZA DELLE INFORMAZIONI CATASTALI - Il TAR Campania-Salerno 03/01/2022, n. 2 ha confermato l’ordine di demolizione, ricordando che, quanto all’idoneità delle informazioni catastali, l’art. 9-bis, D.P.R. 380/2001, comma 1-bis, secondo periodo, introdotto dall’art. 10, comma 1, D.L. 76/2020, afferma esplicitamente che per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza.
Nel caso di specie inoltre, la valutazione di attendibilità delle fonti catastali di primo impianto, affermata dal verificatore, trovava piena corrispondenza in quanto attestato in un atto notarile del 1961, ritenuto dai giudici di particolare rilevanza probatoria, che sul punto appariva anche conforme ad un successivo atto di trasferimento, avvenuto nel 1997.

IRRILEVANZA DEGLI ATTI NEGOZIALI SUCCESSIVI - Ciò posto il TAR ha ritenuto che i successivi atti negoziali prodotti (del 2018 e del 2020 da cui risultava la maggiore consistenza e dai quali, secondo il ricorrente, si evinceva l’erroneità dei dati catastali) dovevano essere considerati di rilevanza probatoria nettamente recessiva, in quanto intervenuti molti anni dopo l’introduzione delle diposizioni normative che avrebbero richiesto l’acquisizione di titoli abilitativi (in particolare quello paesaggistico, fin dal 1954, a parte l’ulteriore tema se fosse necessario quello edilizio, in forza della Legge urbanistica fin dal 1942 o in epoca anteriore se previsto dai regolamenti comunali e comunque dal 1967, per effetto della L. 765/1967 - vedi sul punto Immobili ante 1967, quando è necessario il titolo edilizio).
In sostanza i giudici hanno considerato più attendibili le risultanze documentali più vicine alla presumibile epoca di edificazione, in assenza di una prova dello stato di fatto dell’immobile a data certa, antecedente all’intervento effettuato, fornita dal ricorrente.

ONERE DELLA PROVA DELLA PREESISTENTE CONSISTENZA - In proposito è stato richiamato il consolidato e condiviso orientamento della giurisprudenza secondo il quale compete al soggetto che ha la disponibilità del bene fornire la prova della risalenza dell’intervento rispetto alla normativa vincolistica, né può essere imposto alla P.A. il completo ribaltamento della prova circa l’esatta individuazione del periodo di edificazione dell’immobile privo dei titoli abilitativi.

Dalla redazione