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09/12/2020

Appalti pubblici: l’omessa comunicazione può costituire falsa dichiarazione

Secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione non si configura l’eccesso di potere del giudice amministrativo che abbia interpretato le norme sui requisiti di partecipazione alle procedure di affidamento di appalti pubblici equiparando la mancata dichiarazione di condanne alla falsa dichiarazione.

FATTISPECIE - Con la sentenza del 04/12/2020, n. 27770, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate nell’ambito di una fattispecie in cui l’ANAC aveva irrogato una sanzione pecuniaria di euro 10.000 con annotazione nel casellario informatico di cui all'art. 38, comma 1-ter del D. Leg.vo 163/2006 (norma confluita nell’art. 80, comma 12, D. Leg.vo 50/2016), e sei mesi di interdizione dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ad una società che aveva omesso di presentare la dichiarazione delle eventuali condanne penali in relazione ad una sua procuratrice speciale.
Il ricorrente contestava la sentenza del Consiglio di Stato che aveva ritenuto corretto l'operato dell’ANAC, chiedendo l’intervento della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 111, Cost. in quanto sosteneva che il giudice amministrativo fosse incorso nell’eccesso di potere giurisdizionale, invadendo la sfera di attribuzioni del legislatore e creando una nuova norma non contenuta nel Codice degli appalti.
In sostanza il ricorrente adduceva che il potere sanzionatorio dell’ANAC previsto dalla norma del Codice degli appalti facesse riferimento ai soli casi di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, e non anche a quello di dichiarazione omessa.

NORMA DI RIFERIMENTO - Si trattava quindi di interpretare l’art. 38, comma 1-ter, D. Leg.vo 163/2006 (vedi ora art. 80, comma 12, D. Leg.vo 50/2016) secondo il quale in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'ANAC che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto fino ad un anno (due anni nel nuovo Codice) decorso il quale l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.

LA POSIZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO - Ad avviso del Consiglio di Stato l'espressione “presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione” di cui al citato art. 38, comma 1-ter (vedi ora art. 80, comma 12, D. Leg.vo 50/2016) deve ritenersi comprensiva non solo del falso commissivo, ma anche di quello omissivo, perché tale omissione comporta la non corrispondenza al vero della dichiarazione resa dalla concorrente e, pertanto, un'ipotesi di dichiarazione o documentazione non veritiera sulle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara. Né poteva valere a mutare i termini del problema la circostanza che, nel caso di specie, a carico della procuratrice coinvolta in concreto non risultasse alcun precedente penale, non essendo ipotizzabile neppure il c.d. falso innocuo, figura non concepibile in relazione alla mancata dichiarazione di precedenti penali.
In materia di partecipazione alle gare pubbliche d'appalto, una tale consapevole “omissione” non può essere distinta, quanto agli effetti distorsivi nei confronti della stazione appaltante che la disposizione in esame mira a prevenire e reprimere, dalla tradizionale forma di mendacio commissivo. Ciò in quanto nelle procedure di evidenza pubblica l'incompletezza delle dichiarazioni lede di per sé il principio di buon andamento dell'amministrazione.

CONSIDERAZIONI DELLE SEZIONI UNITE DELLA CASSAZIONE - In proposito la Cassazione ha ritenuto che nel caso in cui, come nella fattispecie, il giudice amministrativo non si sia limitato ad affermare che l'omessa dichiarazione di condanne esistenti sia equiparabile alla falsa dichiarazione, ma abbia svolto una complessa attività di interpretazione della norma in questione, inserendola nel contesto della normativa sugli appalti ed attribuendo alla medesima una delle possibili varianti di senso consentite dal testo, non sussiste lo sconfinamento nell'area della discrezionalità riservata al legislatore e la eventuale doglianza non va oltre la soglia di un ipotetico error in iudicando, tale da non comportare il superamento dei limiti esterni della giurisdizione e l'eccesso di potere che abilita le Sezioni Unite ad intervenire con una pronuncia cassatoria ai sensi dell’art. 111, Cost..

A ciò va aggiunto, come rilevato dalle Sezioni Unite, che l'orientamento che parifica la dichiarazione omessa alla dichiarazione falsa non costituisce affatto una novità nella giurisprudenza dato che:
- il Consiglio di Stato con la sentenza 28/09/2015, n. 4511, aveva già escluso in un caso analogo la possibilità del soccorso istruttorio;
- l'Adunanza plenaria del medesimo Consiglio di Stato, nella recente sentenza 28/08/2020, n. 16 - nel pronunciarsi in merito alla (sopravvenuta) disposizione dell'art. 80, comma 5, del D. Leg.vo 18/04/2016, n. 50 - ha chiarito, in relazione ai comportamenti illeciti che possono determinare l'esclusione dalla gara, entro quali limiti sia possibile equiparare l'omissione delle informazioni dovute alle dichiarazioni false o fuorvianti (si veda la Nota Appalti pubblici: l’Adunanza plenaria sulle false dichiarazioni dell’operatore economico).
Anche in considerazione del fatto che la sanzione inflitta dall’ANAC non può paragonarsi ad una sanzione penale (e che pertanto non poteva invocarsi la contrarietà ai principi generali che reggono la materia), l'interpretazione fornita dal Consiglio di Stato nel caso in esame, quindi, non costituiva una pronuncia “a sorpresa” che ampliava la portata della norma sanzionatoria.

Sulla base di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando di fatto le sanzioni irrogate dall’ANAC.

Dalla redazione