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D. P.C.M. 29/09/1998

Atto di indirizzo e coordinamento per l'individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2, del D.L. 11 giugno 1998, n. 180.
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[Premessa]

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto il decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e in particolare l'art. 1 che:

al comma 1 demanda alle Autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale, e alle regioni per i restanti bacini, l'adozione - ove non si sia già provveduto - di piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico, ai sensi del comma 6-ter dell'art. 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, che contengano in particolare l'individuazione, la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e l'adozione delle misure di salvaguardia con il contenuto di cui all'art. 6-bis della predetta legge n. 183 del 1989;

al comma 2 prevede che: «il Comitato dei Ministri di cui all'art. 4 della richiamata legge n. 183 del 1989, di intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, definisca programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone per le quali la maggiore vulnerabilità si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale», sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi entro il 30 settembre 1998 su proposta del predetto Comitato dei Ministri per

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Art. 1.

È approvato il seguente atto di indirizzo e coordinamento concernente l'indivi

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ATTO DI INDIRIZZO E COORDINAMENTO
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PREMESSE

Il decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con la legge 3 agosto 1998, n. 267 (nel seguito, per semplicità, indicato come: decreto-legge n. 180 del 1998), stabilisce all'art. 1, comma 1, che entro il 30 giugno 1999, le autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini adottano, ove non si sia già provveduto, piani stralcio per l'assetto idrogeologico che contengano in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e che in quelle aree, entro la stessa data, vengano comunque adottate misure di salvaguardia.

Il comma 2 dello stesso art. 1, inoltre, stabilisce che il Comitato dei Ministri di cui all'art. 4 della legge n. 183 del 1989, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisce programmi d'intervento urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei bacini idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico, tenendo conto dei programmi già in essere da parte delle Autorità di bacino di rilievo nazionale, nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale.

Per consentire alle Autorità di bacino e alle regioni, in primo luogo a quelle ove l'attività di pianificazione si trovi all'inizio dell'attività conoscitiva, di realizzare prodotti il più possibile omogenei e confrontabili a scala nazionale, occorre procedere ad un primo atto di indirizzo e coordinamento, inteso a definire le attività previste dal decreto-legge n. 180 del 1998, art. 1, commi 1 e 2.

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1. PIANO STRALCIO DI BACINO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO: QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO.

L'art. 12 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, ha integrato l'art. 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, prevedendo la possibilità di redazione di piani stralcio relativi a settori funzionali interrelati rispetto ai contenuti del Piano di bacino, che rimane lo strumento generale ed organico dell'azione di pianificazione e programmazione delle azioni e delle norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato.

Il decreto-legge n. 1

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2. INDIVIDUAZIONE E PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO IDROGEOLOGICO (COMMA 1, ART. 1, DEL DECRETO-LEGGE N. 180 DEL 1998).

2.1. Criteri generali.

Uno degli obiettivi principali che il comma 1 si prefigge consiste nella perimetrazione su tutto il territorio nazionale delle aree interessate da condizioni di rischio idrogeologico.

Quota parte delle risorse individuate all'art. 8, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 1998 sono utilizzabili per l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio, e per la definizione dei programmi di interventi.

L'individuazione esaustiva delle possibili situazioni di pericolosità dipendenti dalle condizioni idrogeologiche del territorio può essere realizzata attraverso metodologie complesse, capaci di calcolare la probabilità di accadimento in aree mai interessate in epoca storica da tali fenomeni.

Tuttavia, i limiti temporali imposti dalla norma per realizzare la perimetrazione delle aree a rischio consentono, in generale, di poter assumere, quale elemento essenziale per la individuazione del livello di pericolosità, la localizzazione e la caratterizzazione di eventi avvenuti nel passato riconoscibili o dei quali si ha al momento presente cognizione.

Per quanto attiene la valutazione del rischio dipendente da tali fenomeni di carattere naturale, si fa riferimento alla sua formulazione ormai consolidata in termini di rischio totale.

Nella espressione di maggior semplicità tale analisi considera il prodotto di tre fattori: pericolosità o probabilità di accadimento dell'evento calamitoso; valore degli elementi a rischio (intesi come persone, beni localizzati, patrimonio ambientale); vulnerabilità degli elementi a rischio (che dipende sia dalla loro capacità di sopportare le sollecitazioni esercitate dall'evento, sia dall'intensità dell'evento stesso). Si dovrà far riferimento a tale formula solo per la individuazione dei fattori che lo determinano, senza tuttavia porsi come obiettivo quello di giungere ad una valutazione di tipo strettamente quantitativo.

Per gli scopi del presente atto d'indirizzo e coordinamento sono da considerarsi come elementi a rischio innanzitutto l'incolumità delle persone e inoltre, con carattere di priorità, almeno:

gli agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica; le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge;

le infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale;

il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante;

le aree sede di servizi pubblici e privati, di impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive ed infrastrutture primarie.

Le attività saranno articolate in tre fasi corrispondenti a diversi livelli di approfondimento:

fase uno: individuazione delle aree soggette a rischio idrogeologico, attraverso l'acquisizione delle informazioni disponibili sullo stato del dissesto;

fase due: perimetrazione, valutazione dei livelli di rischio e definizione delle conseguenti misure di salvaguardia;

fase tre: programmazione della mitigazione del rischio.

Particolare importanza va data alla fase due poiché consentirà la perimetrazione di aree sulla base di una valutazione speditiva del rischio sulle quali saranno applicate le misure di salvaguardia previste dal decreto-legge n. 180 del 1998, secondo gli indirizzi esplicitati al successivo punto 3.

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3. MISURE DI SALVAGUARDIA.

Le aree a rischio idrogeologico individuate e perimetrate. ai sensi dell'art. 1, comma 1 del decreto-legge n. 180/1998, sono sottoposte, con provvedimento delle regioni o delle Autorità di bacino, a vincolo temporaneo costituente misure di salvaguardia, ai sensi dell'art. 17, comma 6-bis, della legge n. 183/1989.

Nel caso le misure di salvaguardia siano adottate in assenza del Piano stralcio di cui all'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 180/1998, o del Piano di bacino di cui all'art. 17 della legge n. 183/1989, tali misure resteranno in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque non oltre il 30 giugno 2002.

Nella predisposizione delle misure di salvaguardia si dovrà tenere conto della tutela e conservazione del patrimonio ambientale e dei beni culturali.


3.1. Misure di salvaguardia per il rischio idraulico.

Le aree a rischio idraulico si articolano, al punto 2.2, in diversi livelli. Nei casi in cui non sia possibile attribuire ad un’area un determinato livello di probabilità, verrà applicata la norma più restrittiva di cui al successivo punto a).

Per dette aree sono indicati i seguenti indirizzi per la definizione delle nor

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4. PROGRAMMI DI INTERVENTI URGENTI PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO (COMMA 2, ART. 1, DEL DECRETO-LEGGE N. 180 DEL 1998).

4.1. Criteri generali.

I programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale sono definiti, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, dal Comitato dei Ministri, di cui all'art. 4 della legge n. 183 del 1989 di norma sulla base delle proposte delle regioni e delle Autorità di bacino e di altre proposte formulate dai componenti del Comitato dei Ministri di cui all'art. 4 della legge n. 183 del 1989, preventivamente comunicate alle regioni e alle Autorità di bacino competenti.

Detti programmi terranno conto:

dei programmi già in essere da parte delle Autorità di bacino nazionali;

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5. PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO.

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Art. 2.

Il presente decreto sarà trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione e

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Allegato A

Parte di provvedimento in formato grafico

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