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Sent. C. Cass. civ. 02/03/2015, n. 4164

1856716 1856716
Preliminare di vendita di immobile altrui - Obbligo del promittente venditore di procurare l'acquisto entro il termine per la conclusione del definitivo - Sussistenza - Proponibilità immediata dell'azione di risoluzione da parte del promissario acquirente - Esclusione.

In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione p

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SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA ha pronunciato la seguente sentenza

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 13-5-1994 Piocca Antonio conveniva dinanzi al Tribunale di Brescia Moncini Giambattista e Salvenzi Giuseppe, in proprio e quali soci della società di fatto Moncini e Scalvenzi, chiedendo in via principale che, accertato che il Moncini, lo Scalvenzi e la s.d.f. Mancini e Scalvenzi non erano proprietari dell'immobile promesso in vendita all'attore con scritture private del 22 e 23-5-1992, per rinuncia dei primi all'aggiudicazione e per nullità del decreto di trasferimento emesso in data 5-8-1992 dal giudice dell'esecuzione in favore della s.d.f., venisse dichiarato legittimo il recesso del promissario acquirente dal contratto per inadempimento dei convenuti, con condanna degli stessi alla restituzione del doppio della caparra di L. 1.100 miliardi versata. In via subordinata, l'attore chiedeva dichiararsi risolto il contratto intercorso tra le parti per inadempimento dei convenuti, con condanna di questi ultimi alla restituzione della caparra ed al risarcimento dei danni. In ulteriore subordine, il Piocca chiedeva disporsi il trasferimento del cespite sito nel Comune di Ponte di Legno, f. 68, partita 5331, mappale 40/b (ex 28 parte), in favore dell'attore o di persona da lui designanda, con condanna delle controparti al risarcimento dei danno per inesatto adempimento. In ulteriore subordine, l'attore chiedeva che, accertata l'insussistenza o la nullità del contratto tra le parti, i convenuti venissero condannati alla restituzione della caparra ed al risarcimento dei danni. In via ulteriormente gradata, il

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 183 e 184 c.p.c. Deduce che, avendo i convenuti, in primo grado, proposto domanda di accertamento della legittimità del recesso solo in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, ed avendo l'attore dichiarato nella stessa udienza di non accettare il contraddicono, la Corte di Appello non avrebbe potuto esaminare ed accogliere tale domanda, ma avrebbe dovuto respingerla per la sua novità.

Con il secondo motivo il Piocca denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di Appello, avendo accolto la domanda di recesso solo in relazione alle persone fisiche e non anche alla s.d.f. Moncini e Scalvenzi, ha immutato la causa petendi, fondata su un negozio sottoscritto da tutti i predetti soggetti e dal quale tutti tali soggetti hanno receduto.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 81 c.p.c., per avere il giudice di appello negato al promissario acquirente Piocca la legittimazione a sindacare l'aggiudicazione e il decreto di trasferimento adottato dal giudice dell'esecuzione. Sostiene che tale decreto fa stato solo tra le parti che hanno partecipato a procedimento esecutivo, e non anche nei confronti dei terzi.

Con il quarto motivo (indicato nel ricorso come primo) il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1385 e 1334 c.c.. Deduce che il giudice di appello non poteva fondare la propria decisione sul recesso dei convenuti, essendo il recesso un atto unilaterale recettizio e non avendo i convenuti partecipato agli attori la propria volontà di recedere dal contratto.

Con il quinto motivo (detto secondo) il Piocca si duole della violazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., in relazione all'interpretazione della clausola contenuta nel preliminare di vendita del 23-5-1992 relativo all'immobile posto all'incanto in data 13-5-1992, secondo cui la stipula del definitivo sarebbe avvenuta "non appena sarà possibile la regolare intestazione". Sostiene che tale clausola va interpretata quale fissazione del termine di stipula dalla compravendita ad un tempo posteriore alla trascrizione del decreto di trasferimento afferente alla relativa aggiudicazione (il che è avvenuto il 23-10-1992). Deduce, pertanto, che il giudice di appello ha errato nel far coincidere tale tempo con quello, più lontano di circa un anno, in cui si è reso possibile l'adempimento della prestazione promessa da parte dei promittenti venditori, a seguito della successiva scoperta della parziale altruità del bene promesso in vendita e della ancora successiva acquisizione della porzione costruita su suolo altrui al patrimonio dei predetti, intervenuta all'asta tenutasi dinanzi al Tribunale di Padova nel giugno del 1993.

Con il sesto motivo (detto terzo) il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 1355 c.c.. Sostiene che la clausola contenuta nel secondo preliminare, sottoscritto il 23-5-1992, con la quale l'iniziale pattuizione che prevedeva la stipulazione del contratto definitivo "entro trenta giorni dal decreto di trasferimento", in assenza di una nuova situazione che ritardasse la compravendita, era stata modificata in quella "non appena sarà possibile la regolare l'intestazione", è da considerare meramente potestativa e, come tale, nulla e irrilevante.

Con il settimo motivo (detto quarto) il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 1454 c.c., in relazione agli artt. 1182, 1183, 1185 c.c. e art. 75 disp. att. c.c.. Deduce che la diffida ad adempiere inviata dai promittenti venditori al Piocca in data 27-9- 1993 non poteva ritenersi valida ed efficace, in quanto non specificava l'anno, il giorno e l'ora in cui le parti avrebbero dovuto comparire dinanzi al notaio per lo scambio delle rispettive prestazioni.

Con l'ottavo motivo (detto quinto) il Piocca si duole della violazione dell'art. 1372 c.c., comma 2 e art. 1454 c.c. Sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenere valida ed efficace agli effetti di cui all'art. 1454 c.c. la suindicata diffida ad adempiere, in quanto la stessa non proveniva dai promittenti ve

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P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo, quarto., settimo, ottavo

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