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Sent. C. Cass. civ. 10/04/1996, n. 3301

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Appalti privati - Rovina e difetti di cose immobili - Responsabilità dell'appaltatore - Gravi difetti ex art. 1669 cod. civ. - Configurabilità - Requisiti - Fattispecie.

Nei gravi difetti dell'edificio idonei a configurare una responsabilità del costruttore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, a norma dell'art. 1669

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SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE II

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FATTO

Nel gennaio del 1984 il Condominio di Via Rio Filetto nn. 1-3 in Civitacastellana e i condomini Loredana Pascucci, Angelo Proietti, Tito Mascarucci, Bruno Barduani Proietti, Nazareno Monetini, Rosanna Morosetti, Gino Romitelli, Averaldo Crestoni, Paola Lanzi e Simeone Perinovich convennero in giudizio, avanti il Tribunale di Viterbo, l'impresa costruttrice "Rosci V. ed Evangelisti D." e, assumendo che l'edificio condominiale, da questa realizzato per incarico della Cooperativa Edilizia Ugo Foscolo ed ultimato nel 1980, presentava gravi vizi e difetti sia nelle parti comuni, sia nelle parti di proprietà esclusiva, come emerso in sede di indagini tecniche conclusesi il 24.11.1983, ne chiesero la condanna al risarcimento dei conseguenti danni, con rivalutazione monetaria e interessi legali. La ditta convenuta, costituitasi in persona del suo amministratore Domenico Evangelisti, oltre ad eccepire il difetto di legittimazione attiva dei condomini in proprio, perché estranei al contratto di appalto intercorso con la Cooperativa, e la prescrizione del diritto alla garanzia ex art. 1667 cod. civ. e del diritto al risarcimento ex art. 1669 stesso codice, contestò la fondatezza nel merito della

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DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 102 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 stesso codice, chiedendosi dichiararsi la nullità della sentenza d'appello e di quella di primo grado per non integrità del contraddittorio, in quanto Vincenzo Rosci non era stato convenuto davanti al Tribunale sebbene si trattasse di litisconsorte necessario e nel costituirsi in appello aveva fatto presente tale situazione, sicché si sarebbe dovuta annullare d'ufficio la sentenza di prime cure perché inutiliter data.

La censura è priva di fondamento.

Basti osservare al riguardo che ad essere evocata in giudizio con l'atto di citazione iniziale fu l'impresa costruttrice "Rosci V. ed Evangelisti D." e che questa si costituì regolarmente in persona del suo contitolare Domenico Evangelisti, sicché è del tutto fuori luogo parlare di non integrità del contraddittorio in primo grado per non essersi ivi costituito personalmente anche il Rosci, in quanto l'impresa a carattere individuale con più titolari o soci di fatto non è un soggetto distinto dalle persone di costoro ai quali spetta disgiuntamente l'amministrazione degli affari e la rappresentanza in giudizio, come si desume agevolmente dal combinato disposto degli artt. 2297, 2257 e 2266 cod. civ. (v. sent. 28.4.1977 n. 1615, 22.10.1976 n. 3754, 15.7.1967 n. 1779), con la conseguenza che ciascuno di essi è legittimato a stare in giudizio per la società, sia come attore, sia come convenuto, senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti degli altri soci solidalmente coobbligati (v. sent. 2.2.1977 n. 477). È del tutto irrilevante, quindi la circostanza che l'appello contro la sentenza del Tribunale sia stato proposto congiuntamente dall'Evangelisti e dal Rosci, espressamente qualificatisi come legali rappresentanti dell'impresa edile, dal momento che era pur sempre questa a doversi considerare parte nel giudizio di appello come lo era stata in quello di primo grado ed è del pari irrilevante la sopravvenuta cessazione, per altro meramente asserita, della società di fatto, poiché ciò non incide in alcun modo sulla sua crescita di parte in giudizio in persona dei suoi soci o anche di uno solo

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P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso.

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