Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta:
"Con il primo motivo, i ricorrenti si dolgono innanzitutto della violazione dell'art. 81 c.p.c., e dell'art. 1137 c.c., per aver il giudice a quo dichiarato inammissibile, ex art. 345, comma 2, l'eccezione di carenza di legittimazione di controparte sollevata dall'appellante. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, la mancanza in capo alla B. della qualità di condomina, necessaria ai fini dell'impugnazione delle delibere assembleari ex art. 1137 c.c., sarebbe desumibile dai criteri, indicati nel regolamento condominiale, di riparto delle spese di manutenzione degli androni delle scale. Proseguono, poi, i ricorrenti affermando che, pur volendosi ammettere il possesso di tale qualità da parte della resistente, ugualmente permarrebbe il difetto di legittimazione dell'intimata all'impugnazione della delibera assembleare de qua.
Infatti, dai verbali della riunione dell'assemblea condominiale del 21‐02‐2005 risulterebbe che la B. si sia astenuta in sede di votazione, con conseguente impossibilità di attribuirle la qualità di condomina assente o dissenziente, costituente condizione necessaria per l'impugnazione delle delibere dell'assemblea di condominio ai sensi ancora dell'art. 1137 c.c.. Parte ricorrente, infine, censura la dichiarazione di inammissibilità dell'eccezione in esame anche sotto l'ulteriore profilo di omessa motivazione.
Infatti, la corte partenopea, qualificando l'eccezione proposta, in quanto attinente all'effettiva titolarità del diritto controverso, come eccezione di merito non rilevabile anche ex officio dal giudice, e, pertanto, non proponibile per la prima volta in sede di gravame, non avrebbe tenuto minimamente in considerazione le argomentazioni contrarie sopra esposte, ponendo così in essere una motivazione del tutto apparente. Da tale vizio, inoltre, sarebbe ulteriormente derivata, sempre a parere dei ricorrenti, la violazione dell'art. 112 c.p.c., per mancata pronunzia del giudice a quo su un'eccezione espressamente sollevata dall'appellante.
Con il secondo motivo, i ricorrenti continuano a denunciare, in primo luogo, un vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata, con riferimento alla stessa eccezione e per le stesse ragioni esposte nel precedente motivo. Da tale vizio sarebbe inoltre discesa, ad avviso dei ricorrenti, anche la violazione e falsa applicazione dell'art. 1102 c.c