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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Opere abusive in aree vincolate, condizioni per la sanatoria
FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente contestava il diniego di condono edilizio per alcune opere realizzate in zona paesaggistica. In particolare, si trattava di una struttura metallica (capannone o, secondo la tesi dell'appellante, tettoia) senza mura di tompagno, banchina metallica per carico/scarico e muro di recinzione. Secondo il ricorrente gli interventi erano inquadrabili nella categoria delle “opere di manutenzione straordinaria”, come tali sanabili a norma del terzo condono edilizio ai sensi dell’art. 32, D.L. 269/2003 (convertito dalla L. 326/2003).
SANATORIA DI OPERE IN ZONE VINCOLATE - In linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza, C. Stato 06/07/2023, n. 6604 ha ribadito che ai sensi dell'art. 32, D.L. 269/2003, comma 27, lett. d), le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima dell'imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie e volume (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).
Ne deriva in sostanza che le opere sono sanabili solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo;
b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso;
d) siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).
Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo, indipendentemente dal fatto che il vincolo non sia di carattere assoluto, non può essere sanato (C. Stato 15/11/2022, n. 9986).
CAPANNONE O TETTOIA IN AREA PAESAGGISTICA - Ciò posto, secondo il Consiglio le opere realizzate (un muro di recinzione, un capannone metallico, una banchina di scarico) non potevano essere considerate "opere minori" e avevano comportato un aumento di volumetria che la norma citata non consente. Si trattava infatti di un unitario intervento edilizio riconducibile al novero degli abusi maggiori di cui alla tipologia 1 dell’allegato 1 alla D.L. 269/2003: “Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la realizzazione del capannone in struttura metallica non può essere considerata come opera di manutenzione straordinaria. Sul punto è stato ricordato che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza, deve essere qualificata intervento di nuova costruzione, ai sensi dell'art. 3, D.P.R. 380/2001 la realizzazione di un capannone di dimensioni non banali e importanti, che rendono la struttura robusta e solida e che fanno desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto stesso (C. Stato 11/11/2010, n. 8026).
A non diverse conclusioni si giungerebbe anche a voler considerare il capannone come una tettoia (secondo la tesi del ricorrente). Come chiarito da C. Stato 13/04/2021, n. 3005, la costruzione di tettoie di consistenti dimensioni, comportanti una perdurante alterazione dello stato dei luoghi e incidenti per sagoma, prospetto, volumetria e materiali impiegati in modo stabile e duraturo sull'assetto urbanistico-edilizio del territorio, necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire.
Infine, anche la realizzazione di un muro di cinta, secondo i giudici, configurava un’opera subordinata al rilascio del permesso di costruire (C. Stato 3005/2021 cit.).
In definitiva, il condono non poteva essere rilasciato perché non esistevano le condizioni previste dall'art. 32, D.L. 269/2003.