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07/09/2022

Diritto di veduta e rispetto dei limiti di distanza tra costruzioni

Secondo la Corte di Cassazione, ai fini del rispetto delle distanze legali, le vedute abusive possono essere eliminate mediante accorgimenti che rendano impossibile l’affaccio.

C. Cass. civ. 31 agosto 2022, n. 25647 ha, tra l'altro, respinto la richiesta di demolizione di un terrazzino realizzato su un immobile nel centro storico, per violazione delle distanze legali. L’intervento era stato qualificato dalla Corte del merito come di mera ristrutturazione e non di nuova costruzione. In sostanza si trattava della legittimità (o meno) della ristrutturazione del terrazzino costituente veduta della controricorrente. Nel decidere il ricorso i giudici hanno affrontato anche la questione della sussitenza o no di un diritto reale di veduta da parte, questa volta, dei ricorrenti che avrebbe comportato l'applicazione dell'art. 907 c.c. con la maggiore distanza richiesta.

RISTRUTTURAZIONE NEI CENTRI STORICI - In proposito la Corte di Cassazione ha in primo luogo ribadito che nei centri storici è consentita la ristrutturazione senza incrementi di volumetria nel rispetto delle distanze dalle opere preesistenti, conformemente alle prescrizioni in tema di distanze vigente per la zona A, ai sensi dell'art. 9, D.M. 1444/1968, comma 1, n. 1.

APERTURE, RISPETTO DEI LIMITI DI DISTANZA - Con riferimento alle vedute, la Corte ha osservato che le aperture presenti sulla parete dei ricorrenti non consentivano l’esercizio di veduta. Pertanto, nell'impossibilità di ritenere che gli stessi avessero acquistato il diritto di veduta nella proprietà frontistante, trovava applicazione l'art. 905 c.c., che regola la distanza delle nuove aperture rispetto agli edifici fronteggianti (che prevede una distanza minima di un metro e mezzo), non potendosi invocare, nella descritta situazione, la disposizione (art. 907 c.c.) che prescrive un distacco di tre metri delle nuove costruzioni rispetto alle vedute. In altri termini la titolarità del diritto reale di veduta costituisce il presupposto essenziale per poter richiedere l'osservanza, ad opera del vicino, delle maggiori distanze di cui al citato art. 907 c.c.
E' stato inoltre ricordato l’orientamento della stessa Corte secondo cui l’eliminazione delle vedute abusive può essere realizzata non solo con la demolizione delle porzioni immobiliari con le quali si verifica la lamentata violazione di legge, ma anche attraverso idonei accorgimenti che impediscano di esercitare la veduta sul fondo altrui, come l'arretramento del parapetto o l'apposizione di idonei pannelli che rendano impossibili il "prospicere" e l'"inspicere in alienum" (C. Cass. civ. 19/02/2019, n. 4834; C. Cass. 27/04/2006, n. 9640).
In applicazione di tale principio risultava pertanto corretto l'ordine disposto dai giudici di merito di procedere all'apposizione di pannelli volti ad impedire che dal terrazzino si esercitasse la veduta.

RISARCIMENTO DEL DANNO - Infine, con riguardo al possibile risarcimento del danno, la Corte ha precisato che la tesi del danno in re ipsa, derivante dalla violazione delle distanze legali, implica una mera presunzione relativa di sussistenza del pregiudizio risarcibile (attesa la natura del bene giuridico leso), ma è sempre fatta salva la prova contraria o la possibilità che il giudice - come nel caso di specie - accerti in concreto l'infondatezza della domanda sulla base delle risultanze processuali e delle caratteristiche dei manufatti.

Dalla redazione