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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Distanze tra costruzioni: demolizione e ricostruzione in centro storico
FATTISPECIE - Nel caso di specie il TAR aveva annullato un permesso di costruire per un intervento di demolizione e ricostruzione di un fabbricato in centro storico, da realizzare con un ampliamento di volumetria ai sensi dell'art. 6 della L.R. Liguria 03/11/2009, n. 49 (Piano casa).
Il TAR riteneva che il permesso di costruire fosse stato rilasciato in violazione delle distanze di cui all’art. 9, D.M. 1444/1968, trattandosi, a suo avviso, di un intervento qualificabile come "nuova costruzione" al quale, seppur ubicato nella zona A, per analogia sarebbe applicabile il limite di dieci metri previsto per le altre zone.
DISTANZE NEL CENTRO STORICO - Il C. Stato 09/08/2021, n. 5830, ha riformato la decisione del TAR, accogliendo invece le deduzioni del Comune secondo le quali la previsione del D.M. 1444/1968, secondo cui la distanza tra pareti finestrate di edifici frontisti non deve essere inferiore a dieci metri, vale per i nuovi fabbricati nelle zone diverse dalla zona A (centro storico), posto che per quest’ultima, la norma si limita a prescrivere che la distanza non sia inferiore a quella intercorrente tra volumi edificati preesistenti.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato infatti che il citato D.M., dopo aver disciplinato le zone A, introduce la distanza minima assoluta di dieci metri con esclusivo riferimento alle "altre zone", di guisa che non è suscettibile di estensione analogica una norma che introduce una limitazione o un divieto quale quella in discorso.
La mancata previsione della distanza minima in zona A non costituisce, quindi, frutto di una dimenticanza del legislatore - così da costituire un vuoto normativo colmabile in sede interpretativa - quanto espressione di una sua precisa opzione connessa al fatto che in zona centro storico tendenzialmente non sono consentiti se non interventi sul preesistente.
DISTINZIONE TRA NUOVA COSTRUZIONE E RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA - Inoltre il Consiglio di Stato ha affermato che la classificazione dell’intervento quale costruzione ex novo non può derivare dalla semplice circostanza che il progetto di demolizione e ricostruzione del fabbricato preveda la realizzazione di ampliamenti della volumetria preesistente.
Se è vero che possono essere iscritti nell’ampia nozione di nuova costruzione anche gli interventi di ristrutturazione è pur vero che ciò è possibile soltanto ove in ragione dell'entità delle modifiche apportate al volume e alla collocazione, possa parlarsi di una modifica radicale dell'immobile, rendendo l'opera realizzata nel suo complesso oggettivamente diversa da quella preesistente.
La ristrutturazione edilizia, più precisamente, sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre laddove esso sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell’intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli della struttura originaria (allungamento delle falde del tetto, perdita degli originari abbaini, sopraelevazione della cassa scale, ecc.), l’intervento rientra nella nozione di nuova costruzione (vedi in tal senso anche C. Stato 13/01/2021, n. 423).