Tettoie, regime edilizio e computabilità nella volumetria | Bollettino di Legislazione Tecnica
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10/03/2021

Tettoie, regime edilizio e computabilità nella volumetria

Il Consiglio di Stato torna a pronunciarsi sul regime edilizio delle tettoie, specificando che la tettoia (nel caso di specie chiusa su tre lati) costituisce volume computabile ai fini del calcolo del superamento dei limiti di tolleranza.

Nel caso di specie la ricorrente contestava la sentenza di primo grado che aveva confermato l’ordine di rimessione in pristino intimato in relazione ad alcuni abusi edilizi. Secondo la ricorrente, tra l’altro, si trattava di modesti ampliamenti che non superavano il limite del 2% del volume dell’immobile, tollerati e non sanzionabili ai sensi dell’art. 17, L.R. Lazio 11/08/2008, n. 15. In particolare non aveva computato nella cubatura in eccesso una tettoia in legno realizzata sull'edificio chiusa su tre lati e una tettoia in ferro e cemento armato destinata a pollaio, data la natura esterna di tali opere. Inoltre non riteneva legittima la sanzione di demolizione, in quanto, a suo avviso, le opere non erano soggette a permesso di costruire.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 24/02/2021, n. 1606, ha viceversa ritenuto che le due strutture dovessero essere incluse nel calcolo dell’incremento di volume dell’immobile e che pertanto comportassero il superamento del richiamato limite del 2% ammesso.

In particolare, secondo i giudici la tettoia in legno concretizzava comunque un impatto edilizio (data anche la facilità di chiusura totale intervenendo sull’unico lato rimasto aperto) ed incideva sulla sagoma dell’edificio, sicché risultava corretta la sentenza appellata laddove l'aveva considerata computabile nel volume.

Con riferimento all’altro manufatto, nella sentenza appellata è stato ricordato che per giurisprudenza costante, gli interventi consistenti nell’installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di semplice decoro o arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) della parte dell'immobile cui accedono. Tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza permesso di costruire allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite, quando quindi per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione dell’accessorietà, nell'edificio principale o nella parte dello stesso cui accedono. Pertanto, la realizzazione di una tettoia (di non irrilevante consistenza dimensionale) ancorata al suolo costituisce opera idonea ad alterare lo stato dei luoghi e a trasformare il territorio permanentemente e perciò richiede il rilascio di un permesso di costruire.

In applicazione di tali principi anche la tettoia in ferro non poteva ritenersi irrilevante sotto il profilo edilizio per la sua tipologia (muratura e struttura metallica non leggera), per la sua dimensione (circa 20 mq.), perché suscettibile di autonoma utilizzazione e perché aveva determinato una non irrilevante alterazione dello stato dei luoghi. Per l'installazione di tale struttura era dunque necessario il permesso di costruire (e non una semplice SCIA), con la conseguente legittimità dell'irrogazione della prevista sanzione ripristinatoria (art. 31 del D.P.R. 380/2001) (sul tema vedi anche la Nota Chiarimenti sulla necessità del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoia).

Dalla redazione