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Ultimo aggiornamento
12/06/2020

Dove getto i rifiuti?

Un breve excursus su come, in Giappone, abbiano affrontato (e risolto) l’annoso problema della raccolta dei rifiuti urbani, tratto dalla tesina d’esame di una brillante, giovanissima, studentessa.

di Maria Palombella

Tutte le città cercano di risolvere il problema dei rifiuti con la raccolta differenziata.
Il principio sembra semplice: ogni famiglia dovrebbe dividere i rifiuti e cestinarli separatamente in modo da agevolare le operazioni di riciclaggio. In genere le categorie sono cinque: carta, vetro, plastica, organico e indifferenziato. Sta di fatto che mettere in pratica questo semplice principio a volte diventa estremamente difficile.
La carta del gelato o quella che conteneva i salumi finisce nell’organico, nell’indifferenziato o nella carta? E il tetrapak (ovvero il contenitore del latte o del succo di frutta)? Insomma, i dubbi sono all’ordine del giorno. Quella che, a prima vista, potrebbe sembrare una operazione facile come dividere i rifiuti in poche categorie, in pratica, diventa un rebus inestricabile. Va a finire che in famiglia si evita di consumare il latte fino in fondo per non doversi sobbarcare l’onere della differenziata, sperando che qualche altro membro della famiglia vi provveda.

Un problema comune
I rifiuti sono un problema comune a tutte le realtà industriali, ovviamente più i paesi sono ricchi, più consumano e (purtroppo) più sprecano.
Fortunatamente abbiamo delle eccezioni. Il Giappone, uno dei Paesi più ricchi del Pianeta, sembra aver risolto il problema in maniera diversa dal mondo occidentale. Le strade cittadine sono pulitissime, non c’è una cartaccia né un mozzicone di sigaretta (per inciso, in Giappone è vietato fumare per strada ed esistono dei piccoli spazi dedicati ai fumatori).
Però non ci sono neanche cestini per i rifiuti. Allora, ci si chiede, che fine fanno i rifiuti? I cestini sono stati eliminati negli anni ‘90 per motivi che non hanno nulla a che fare con l’amore per l’ambiente. Nel 1995 una setta (Aum Shinrikyou) dalle posizioni religiose certamente discutibili, organizzò una serie di attentati nascondendo del micidiale gas nervino nei cestini dei rifiuti delle linee principali della metropolitana di Tokyo causando 13 morti e oltre 6.000 feriti.
I Giapponesi impararono la lezione ed eliminarono i cestini per prevenire ogni possibile problema. Così, se sei per strada e devi buttare qualcosa, sei costretto ad entrare in un negozio e chiedere aiuto ad un commesso.

Tre regole principali
I Giapponesi incentivano il riciclaggio seguendo tre linee fondamentali: (a) riciclo; (b) compostaggio; (c) riutilizzo. Questi principi, ovviamente, vengono messi in pratica con la proverbiale precisione e rigidezza nipponica!
Riciclaggio: con una precisione maniacale i rifiuti vendono divisi in una decina di categorie secondo regole ben precise.
Compostaggio: ogni famiglia esegue non solo la separazione rifiuti, ma anche il compostaggio; bottigliette di plastica e contenitori del latte, per esempio, prima di finire nell’apposito contenitore, vengono pressati per ridurre il volume.
Riutilizzo: incentivato, per esempio, attraverso speciali “mercatini dell’usato”.

L’esempio di Kamikatsu
Kamikatsu non è uno scioglilingua ma una piccola città di circa 2.000 abitanti. Rispetto all’area di Tokyio, che conta oltre 35 milioni di abitanti, è una pagliuzza. Allora perché questa città è tanto conosciuta in Giappone? Semplice, perché si è posta l’obiettivo di riciclare il 100% dei rifiuti diventando un vero e proprio modello.
Il problema è nato quando il villaggio è stato costretto ad adeguare i propri impianti dei rifiuti alle norme nazionali. L’adeguamento richiedeva spese ingenti che venivano messe a carico dei residenti. I cittadini, pur di non metter mano al portafogli, hanno deciso di auto-disciplinarsi dandosi delle regole particolarmente severe con l’obiettivo di riciclare tutti i rifiuti prodotti dalla cittadina. Con lo spirito di corpo tipico dei giapponesi, tutti si sono attivati per raggiungere questo risultato.

Obiettivo: eliminiamo tutti i rifiuti
Riciclare il 100% dei rifiuti non è cosa semplice, cosa si sono inventati? Il punto di partenza è la separazione dei rifiuti che vengono divisi, con la precisione nipponica, in oltre 40 diverse categorie.
Gli abitati di Kimikatsu non hanno (come nelle nostre case) il semplice cestino della carta straccia, ma suddividono la carta in diverse categorie ovvero: fogli di carta, cartone, volantini, carta da giornale, carta da imballaggio, tovagliolini di carta, carta da cucina, sacchetti eccetera.
Anche il semplice riciclaggio delle bottiglie dell’acqua minerale segue regole ben precise: le bottiglie vanno lavate e asciugate; le etichette vanno rimosse e finiscono nella carta; le bottiglie finiscono in un contenitore e i tappi e le corone (realizzate con materiale diverso dalla bottiglia) in un altro.
Non è tutto. Poiché i giapponesi sono amanti delle lotterie, chi conferisce i materiali da riciclare negli appositi centri di raccolta, riceve un “biglietto” che permette di partecipare ad una lotteria con premi in denaro.

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