Sent. C. Cass. 14/02/2002, n. 2159 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Sent. C. Cass. 14/02/2002, n. 2159

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1. Edilizia ed urbanistica - Vedute - Veduta diretta - Nozione. 2. Edilizia ed urbanistica - Vedute - Veduta abusiva - Offerta di trasformazione in luce con eliminazione veduta abusiva - Rilevanza. 3. Edilizia ed urbanistica - Vedute - Veduta abusiva - Azione per l'eliminazione - Non si prescrive. 4. Edilizia ed urbanistica - Distanze - Tra vedute - Edifici separati da pubblica via - Obbligo della distanza - Non sussiste.
1. In tema di limitazioni legali della proprietà e di rapporti di vicinato, la veduta è da ritenersi "diretta" (e conseguentemente può essere aperta, ma a non meno di un metro e cinquanta centimetri dal fondo del vicino, come prescritto dall'art. 905 Cod.civ.), ogni qual volta sia possibile affacciarsi e guardare frontalmente su di esso da uno qualsiasi dei lati del balcone. 2. Nel caso di apertura di veduta abusiva, l'offerta, purché seria, di sanare la violazione mediante la trasformazione della medesima in luce non può essere disattesa dal giudice, in quanto tale trasformazione, comunque sempre praticabile ai sensi dell'art. 903 Cod.civ. e con le caratteristiche di cui al precedente art. 901 Cod.civ., si risolve nell'eliminazione della veduta abusiva, con conseguente restaurazione del diritto del vicino da essa leso. 3. Il proprietario del fondo su cui si esercita una veduta illegale può proporre l'azione negatoria e chiedere l'accertamento dell'inesistenza della servitù e anche la sua eliminazione in ogni momento, purché non sia decorso il termine ventennale necessario per l'usucapione delle servitù apparenti, quale è quella di veduta. 4. In tema di distanze tra vedute, l'art. 905, u.c., Cod.civ. esclude l'obbligo della distanza prevista per l'apertura di vedute dirette verso il fondo del vicino, quando tra le due proprietà contigue vi sia una pubblica via, e tale prescrizione non presuppone necessariamente che questa separi i fondi medesimi, ma richiede soltanto che essi siano confinanti con la strada pubblica, indipendentemente dalla loro reciproca collocazione. (Nella specie la Corte suprema, alla stregua del principio enunciato, ha ritenuto che i giudici del merito avevano erroneamente ritenuto che il proprietario di un edificio confinante con una strada pubblica e contiguo ad altro fabbricato, posto in linea con il primo, fosse obbligato ad osservare la distanza stabilita per l'apertura delle vedute dirette).


(Cod.civ. art. 905) (Cod.civ. artt. 901 e 903) (Cod.civ. art. 905, u.c.)

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