Come detto la riforma del condominio per la realizzazione di opere volte al superamento delle barriere architettoniche ha deciso di elevare l’originario quorum connesso all’assemblea in seconda convocazione (un terzo) a quello attuale (metà), rendendo più difficoltosa l’effettiva tutela della mobilità dei portatori di handicap all’interno dell’edificio, peraltro in aperta controtendenza con le recenti decisioni della giurisprudenza favorevoli all’applicazione del principio di solidarietà nei caseggiati.
Merita di essere ricordato, però, che il diritto va applicato non solo sulla base delle specifiche disposizioni di ciascun settore, ma anche del coordinamento con le altre disposizioni legislative e con i principi dell’ordinamento.
La disciplina giuridica sugli ascensori si dimostra allora meno penalizzante di quella che risulterebbe dall’applicazione della sola legge speciale (che pure era stata emanata proprio per ampliare le tutele).
Infatti, le stesse norme del Codice civile consentono l’installazione di un ascensore anche da parte di un unico condomino (di un solo gruppo di condomini) senza passare attraverso l’assemblea, grazie all’art. 1102 del Codice civile, che consente a ciascun condomino di utilizzare e modificare le parti comuni per installare - però a sue esclusive spese - ascensori, servoscala e altri apparecchi simili nella tromba delle scale.
In particolare tale installazione deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell’art. 1102 del Codice civile, senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi, la disciplina dettata dall’art. 907 del Codice civile sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nell’art. 3, comma 2, della L.