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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
La compravendita immobiliare simulata
Il contratto simulato permette alle parti di porre in essere un complesso quadro negoziale in cui vi è una divergenza tra quanto le parti desiderano appaia verso l’esterno e quanto invece vogliono che venga in concreto prodotto tra loro. La simulazione fa sì che l’apparenza prevalga sulla realtà. L’ordinamento non può tollerare tale distorsione e sanziona il contratto simulato disciplinandone gli effetti e imponendo un regime probatorio stringente.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.
LA SIMULAZIONE FRA LE PARTI - La simulazione è l’istituto mediante il quale due soggetti pongono in essere un contratto, o in genere un negozio giuridico, con l’accordo che il medesimo non produca alcun effetto tra le parti (ex art. 1414 del Codice civile).
La simulazione assoluta ricorre quando le parti concludono un contratto, ma dichiarano di non volerne alcun effetto. Si parla, invece, di simulazione relativa quando le parti stipulano un contratto diverso da quello che vogliono realmente per cui si hanno due contratti:
- il contratto simulato, che è quello destinato solo ad apparire all’esterno, e
- il contratto dissimulato, che è quello realmente voluto dalle parti.
Ebbene, la norma ex art. 1414 del Codice civile afferma l’inefficacia del contratto simulato e l’efficacia di quello dissimulato. Quest’ultimo, tuttavia, deve avere i requisiti di sostanza e forma richiesti dalla legge per tutti i contratti.
I motivi per cui le parti possono simulare una realtà diversa possono essere i più disparati: far apparire come altrui un bene che si vuole sottrarre ad azioni esecutive; motivi fiscali; stipulare una finta vendita per dissimulare una donazione onde evitare l’azione di riduzione.
LA SIMULAZIONE NEI CONFRONTI DEI TERZI - L’art. 1415 del Codice civile stabilisce che la simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione.
I terzi sono tutti coloro che non hanno preso parte al contratto simulato e che vantano dei diritti su ciò che ne forma l’oggetto. Possono far parte di una successione ereditaria ed essere pertanto titolari di un diritto mortis causa, oppure vantare dei diritti inter vivos.
Sebbene facenti parte dei terzi in quanto non partecipanti al negozio simulato, i creditori sono considerati come creditori del simulato alienante. Possono esercitare il loro diritto di credito nei confronti degli aventi causa del simulato acquirente in due casi:
- se questi erano in mala fede;
- quando la domanda giudiziale di simulazione è stata trascritta prima che gli stessi abbiano trascritto i propri acquisti.
In tema, secondo i giudici, nella compravendita il pagamento del prezzo, anche se asseverato dall’atto pubblico, non esclude la sussistenza della simulazione, costituendo, al contrario, qualora il prezzo pattuito sia di gran lunga inferiore al valore del cespite alienato, prova diretta di un accordo in frode ai creditori. Difatti, l’art. 1415 del Codice civile è norma imperativa posta nell’interesse di terzi creditori, allorché sia manifesta lo loro buona fede e la simulazione rechi ai loro diritti un pregiudizio che può essere provato anche contro l’atto pubblico di vendita.
È ammissibile la prova senza limiti ai sensi dell’art. 1417 del Codice civile qualora la domanda, diretta a far valere la illiceità del contratto dissimulato, sia proposta da terzi gravissimamente pregiudicati (C. Cass. civ. 18/04/2007, n. 9239). L’art. 1417 del Codice civile ammette la prova per testimoni con riguardo alla simulazione soltanto nel caso la domanda sia proposta dai creditori o da terzi, ovvero dalle parti ma esclusivamente se sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato (App. Milano 02/04/2015, n. 1484).
AZIONE DI SIMULAZIONE INTRODOTTA DAL CREDITORE - L’azione di simulazione assoluta è proponibile dal creditore della parte alienante, anche se l’avente causa di quest’ultimo abbia trascritto, in data anteriore rispetto alla trascrizione della domanda giudiziale introduttiva del giudizio, il vincolo di destinazione, apposto ai sensi dell’art. 2645-ter del Codice civile sul bene compravenduto, poiché la trascrizione attua una forma di pubblicità avente natura dichiarativa, che rende l’atto negoziale opponibile ai terzi, ma è inidonea ad attribuirgli l’efficacia e la validità di cui esso è naturalmente privo (C. Cass. civ. 08/06/2023, n. 16313: nel caso di specie gli attori agivano per vedere ristabilita la verità dell’inesistenza del negozio rispetto alla sua apparente esistenza intesa come compravendita asseritamente simulata tra genitori e figlia).
Il creditore della parte venditrice di un contratto di compravendita immobiliare può invocare elementi presuntivi a sostegno della dichiarazione di simulazione ex art. 1414 del Codice civile, nel qual caso sorge in capo all’acquirente l’onere di dimostrare l’effettivo pagamento del prezzo (Trib. Genova 05/12/2019, n. 2549).
Inoltre, come sottolineato dai giudici, la dichiarazione relativa all’avvenuto versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile, oltre a non essere probante della sua veridicità, non può rivestire valore vincolante nei confronti del creditore, che è terzo rispetto ai soggetti che hanno posto in essere il contratto (C. Cass. civ. 29/08/2023, n. 25400).
In ossequio all’art. 1417 del Codice civile, la prova della simulazione può essere fornita con ogni mezzo se la domanda è proposta da creditori o da terzi e può ritenersi integrata anche sulla base di presunzioni (Trib. Marsala 08/05/2018, n. 462).
LA DIVERSA AZIONE REVOCATORIA DEL CREDITORE - Il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non è configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, che può, invece, avere ad oggetto l’eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato. Pertanto, la sussistenza del presupposto dell’“eventus damni” per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 del Codice civile in capo all’acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti.
Premesso ciò, in tema di dell’azione revocatoria, sono soggetti a revoca, ai sensi dell’art. 2901 del Codice civile, i contratti definitivi stipulati in esecuzione di un contratto preliminare, ove sia provato il carattere fraudolento del negozio con il quale il debitore abbia assunto l’obbligo poi adempiuto, e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria del contratto definitivo, indipendentemente da un’apposita domanda volta a far dichiarare l’inefficacia del contratto preliminare (C. Cass. civ. 12/06/2018, n. 15215).
A fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso, come accade a fronte del denaro, derivante dalla compravendita (C. Cass. civ. 05/03/2019, n. 6384).
SOLUZIONE AL QUESITO |