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Sent. TAR. Toscana 29/05/2014, n. 899

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La Legge 1150/1942 prevale sul regolamento edilizio previgente.
Alcuna valenza può attribuirsi al regolamento edilizio comunale adottato nell'anno 1931 il quale, non avendo una base legale al momento della sua emanazione e contrastando con la disciplina sopravvenuta posta dall’art. 31 della legge urbanistica del 1942, deve essere disapplicato. Ai fini dell'accertamento della regolarità edilizia di manufatti realizzati al di fuori dei centri abitati in epoca anteriore alla entrata in vigore della L. 765 del 1967, assume rilevanza esclusiva la norma primaria sopravvenuta di cui all'art. 31 della L. n. 1150 del 1942 che ha disciplinato la materia con efficacia cogente su tutto il territorio nazionale introducendo l'obbligo di preventivo titolo abilitativo limitatamente agli immobili ricadenti nei centri abitati. Detta norma deve considerarsi prevalente rispetto alla disciplina regolamentare preesistente atteso che, come ha sancito la Corte Costituzionale nella sentenza 303/2003, la disciplina dei titoli abilitativi rientra nell’ambito dei principi fondamentali della materia edilizia che la Costituzione (anche prima della riforma del Titolo V) riservava e ancora oggi riserva allo Stato al fine di garantire uno standard uniforme di trattamento del diritto di proprietà su tutto il territorio nazionale anche in coerenza con la riserva di legge prevista dall’art. 42 Cost.. In base ai suddetti principi la delimitazione dei confini fra attività edilizia libera ed attività edilizia soggetta a permesso preventivo spetta alla legge dello Stato e non può, invece, essere frutto di una regolamentazione a macchia di leopardo dettata dai regolamenti dei singoli comuni. Ne consegue che, una volta sancito da parte del Legislatore che l’esercizio dello jus aedificandi è subordinato al rilascio del permesso edilizio solo nell’ambito dei centri abitati non è in facoltà dei Comuni estendere tale limitazioni oltre i confini sanciti dalla legge e i regolamenti che ciò prevedano devono intendersi abrogati in quanto contrastanti con la disposizione legislativa letta nel quadro dei sopra menzionati principi costituzionali. Peraltro, vi sono fondate ragioni di dubitare anche della originaria validità delle previsioni dei regolamenti comunali che, prima della entrata in vigore della L. n. 1150 del 1942, subordinassero la realizzazione di opere edilizie al previo ottenimento di una licenza. Invero, l'art. 111 del R.D. n. 297 del 1911, che disciplinava il contenuto che avrebbero potuto assumere i regolamenti edilizi comunali, nulla stabiliva in ordine alla possibilità di assoggettare l'esercizio dello jus aedificandi a permesso preventivo. Difettava, perciò, anche allora (1931) in capo ai Comuni il potere di introdurre senza base legale una siffatta (non indifferente) limitazione al contenuto del diritto di proprietà del quale l'art. 29 dello Statuto Albertino sanciva la inviolabilità ammettendone solo l'espropriazione per ragioni di pubblico interesse e previo indennizzo; prova ne è il fatto che, prima dell'intervento della L. n. 1150 del 1942, l’istituto della licenza edilizia fu disciplinato con legge prima dal R.D.L. n. 640 del 1935 (che la rese obbligatoria nell'ambito dei centri abitati) e poi con il R.D.L. n. 2105 del 1937 (che estese il predetto obbligo a tutto il territorio comunale) poi superato dalla legge urbanistica del 1942 che è la normativa di riferimento rispetto alla data di esecuzione delle opere in contestazione. Le conclusioni di cui sopra non possono, peraltro, essere superate dal disposto dell'art. 31, comma 5, della L. 47 del 1985 che (soprattutto per esigenze di "cassa") ha esteso la necessità del condono agli interventi anteriori al 1967 per i quali fosse stata richiesta anche dai regolamenti edilizi comunali la licenza di costruzione. Invero, i regolamenti edilizi a cui fa riferimento la suddetta norma non possono che essere regolamenti validi in quanto conformi alla normativa primaria e costituzionale vigente al momento della loro adozione; e tali, per le ragioni già dette, non possono considerarsi quei regolamenti che prima o dopo la legge urbanistica hanno introdotto ex novo un regime autorizzatorio non previsto dalla legge dello Stato. Qualora si volesse conferire all'art. 31, comma 5, della L. n. 1150 del 1942 una portata retroattiva di convalida di regolamenti illegittimamente adottati la norma incorrerebbe in seri problemi di costituzionalità in quanto avrebbe come effetto quello di attribuire in via retroattiva una patente di illiceità ad interventi edilizi che, secondo la disciplina primaria vigente al momento della loro realizzazione, non avrebbero potuto essere sottoposti ad alcuna autorizzazione.

Dalla redazione