Cessione di cubatura: condizioni di legittimità | Bollettino di Legislazione Tecnica
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03/12/2021

Cessione di cubatura: condizioni di legittimità

La Corte di Cassazione definisce le condizioni per la legittimità della cessione di cubatura, chiarendo il concetto di contiguità dei fondi e i criteri per stabilire i limiti all’asservimento degli stessi.

LA CESSIONE DI CUBATURA - La cessione di cubatura è un istituto di fonte negoziale in forza del quale è consentita, a prescindere dalla comune titolarità dei due terreni, la "cessione" della cubatura edificabile propria di un fondo in favore di altro fondo, cosicché, invariata la cubatura complessiva risultante, il fondo cessionario sarà caratterizzato da un indice di edificabilità superiore a quello originariamente goduto. In tale modo il proprietario di quest’ultimo può chiedere al Comune un permesso di costruire con una cubatura maggiore rispetto a quella che avrebbe potuto realizzare in assenza della predetta cessione.

CONDIZIONI DI LEGITTIMITÀ - La Corte di Cassazione, sez. pen., con la sentenza 05/11/2021, n. 39741, ha ribadito che, onde evitare la facile elusione dei vincoli posti alla realizzazione di manufatti edili in funzione della corretta gestione del territorio, il legittimo ricorso a tale meccanismo è soggetto a determinate condizioni, una delle quali è costituita dall'essere i terreni, se non precisamente contigui, quanto meno dotati del requisito della “reciproca prossimità. Ed infatti, secondo la giurisprudenza, in assenza di contiguità tra tutte le particelle catastali interessate dalla nuova costruzione, i fondi devono pur sempre essere caratterizzati da una effettiva e significativa vicinanza.
La Corte ha specificato che si tratta di una condizione “fisica, respingendo la tesi difensiva secondo la quale la contiguità può essere intesa anche come “medesima condizione giuridica” (nel senso che tra i due lotti non dovrebbero esserci terreni con destinazioni urbanistiche incompatibili).
Sulla base di tali considerazioni i giudici hanno escluso che la distanza di due chilometri tra i fondi potesse soddisfare il suddetto requisito.

Inoltre i terreni devono avere la stessa destinazione urbanistica e non devono essere caratterizzati da indici di fabbricabilità fra loro diversi. A tale ultimo riguardo la Corte ha chiarito che se la diversità degli indici di fabbricabilità dei fondi oggetto di cessione costituisce certamente un elemento ostativo all’asservimento dei terreni a fini edificatori, ciò non equivale a sostenere il contrario: che l’omogeneità di tali indici autorizzi senz’altro l’asservimento.
In sostanza, ai fini della legittimità della cessione, devono sussistere tutte le condizioni sopraesposte.

NATURA DEL CONTRATTO E LIMITI DERIVANTI DAGLI STRUMENTI URBANISTICI - Tali criteri non sono venuti meno a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 5 del D.L. 70/2011, comma 1, lett. c) (conv. L. 106/2011) che secondo i giudici si è limitato a prevedere la tipizzazione dello schema contrattuale della cessione di cubatura. Tale contratto infatti ha natura privatistica e non può disporre degli interessi pubblici sottesi al governo del territorio, né derogarvi in assenza di un'esplicita previsione in tal senso. Sul punto è stato specificato che il trasferimento di diritti edificatori (cessione di cubatura) trova il proprio limite, oltre che in eventuali discipline speciali della legislazione urbanistica, nelle statuizioni degli strumenti urbanistici, i quali potrebbero vietare tali operazioni per alcune aree, oppure contenere previsioni inerenti alla determinazione della volumetria realizzabile fondata su criteri incompatibili con il suo trasferimento. In difetto di divieto, la densità edificatoria del singolo lotto può essere ridistribuita tra i vari lotti di una stessa zona omogenea, nel rispetto dell'indice territoriale dell'intera zona e del relativo complessivo carico urbanistico.
Peraltro, secondo la Corte, non è necessario che tale divieto sia espressamente previsto dalla normativa statale o regionale oppure dagli strumenti di pianificazione urbanistica, ben potendo ricavarsi “aliunde, come nel caso, per esempio, del divieto di accorpamento di fondi pur contigui ma situati in zone urbanistiche diverse o sottozone diverse della medesima zona urbanistica.

Dalla redazione