Annullamento del permesso di costruire, errore nel progetto e stato legittimo | Bollettino di Legislazione Tecnica
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03/05/2023

Annullamento del permesso di costruire, errore nel progetto e stato legittimo

Secondo il TAR Marche, non può ritenersi ammissibile l’annullamento d’ufficio del permesso di costruire oltre il termine di dodici mesi stabilito dalla L. 241/1990, qualora gli errori sulla rappresentazione dello stato dei luoghi siano facilmente riconoscibili dall’amministrazione sulla base dei documenti necessari per l’attestazione dello stato legittimo dell’immobile.

TERMINE PER L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO DELL’ATTO AMMINISTRATIVO - Ai sensi dell’art. 21-nonies della L. 241/1990 il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi. Tuttavia, secondo il comma 2-bis del medesimo articolo, i provvedimenti amministrativi possono essere annullati anche dopo la scadenza di tale termine qualora siano stati conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti.

FATTISPECIE - Ciò era avvenuto nel caso esaminato dal TAR Marche 22/04/2023, n. 265, ove il Comune rimarcava la legittimità del proprio operato proprio alla luce del citato comma 2-bis, evidenziando che il termine massimo previsto per l’esercizio dell’autotutela non opera laddove il titolo sia stato rilasciato sulla base di una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi.
Il TAR ha invece rilevato come il comportamento del Comune non avesse tenuto conto adeguatamente di due profili, entrambi dirimenti.

FALSA RAPPRESENTAZIONE E BUONA FEDE DEL PROPRIETARIO E/O DEL PROGETTISTA - In primo luogo, per potersi configurare la falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, è necessario che la falsità non sia evincibile dal progetto presentato al Comune ai fini del rilascio del titolo. In caso contrario si deve parlare quantomeno, per usare un linguaggio penalistico, di “un concorso di colpa” del Comune, concorso di colpa che però assorbe anche la colpa del privato, visto che il titolo viene rilasciato dall’amministrazione dopo aver verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge.
Nella specie, più che di falsa rappresentazione si sarebbe dovuto parlare di “falsa interpretazione” del progettista, il quale, come era emerso in corso di causa, aveva ritenuto di poter desumere le misure dell’edificio originariamente assentito dal Comune nel 1982 secondo un proprio metodo ricostruttivo fondato anche sull’applicazione di norme civilistiche (ed in particolare dell’art. 880, c.c.) ed inoltre che una tettoia a suo tempo realizzata dai precedenti proprietari fosse inclusa in una sanatoria del 1995.
Secondo il TAR, in casi del genere - e salvo che non sia provata dal Comune la mala fede del proprietario e/o del progettista - si tratta di una diversa interpretazione delle norme edilizie e urbanistiche (ad esempio, come si calcola l’altezza di un edificio costruito su un terreno in pendenza; come si dimostra la consistenza originaria di un edificio diruto; etc.), e non certo di “falsità” della rappresentazione dello stato dei luoghi.

STATO LEGITTIMO - In secondo luogo è stato ricordato che l’art. 9-bis del D.P.R. 380/2001:
- al comma 1 prevede che il Comune deve acquisire d’ufficio tutti i documenti necessari per l’istruttoria della pratica di rilascio del permesso di costruire che siano in possesso di altre amministrazioni pubbliche (per cui l’onere è vieppiù cogente con riguardo ai documenti detenuti dallo stesso Comune),
- al comma 1-bis stabilisce che lo stato legittimo di un immobile è quello che risulta dai titoli abilitativi in forza dei quali esso è stato realizzato e poi eventualmente modificato mediante ristrutturazione, ampliamento, etc.
Dalla lettura contestuale dei due commi deriva che nella vicenda in esame, dalla mera visione delle planimetrie della originaria lottizzazione era agevole per il Comune avvedersi dell’errata interpretazione in cui era incorso il progettista di fiducia dei ricorrenti ed individuare l’errata impostazione del progetto. Era pertanto ben possibile segnalare tali errori al progettista in modo che egli potesse provvedere ad apportare le dovute modifiche, onde rendere approvabile l’intervento (nella specie, fra l’altro, si trattava di un esiguo esubero volumetrico, la cui eliminazione era tecnicamente possibile senza snaturare il progetto).

Nella fattispecie non era dunque applicabile il disposto del comma 2-bis dell’art. 21-nonies della L. 241/1990, per cui il provvedimento di autotutela - illegittimo in quanto adottato dopo il decorso del termine di dodici mesi dal rilascio del titolo - è stato annullato come anche l’ordinanza di rimessione in pristino stato dell’immobile.

Dalla redazione