FAST FIND : CM1368

Le fiscalizzazioni degli illeciti edilizi: quante e quali sono

Un focus operativo sul tema della mancanza della “doppia conformità” e sui possibili rimedi per evitare le conseguenze che possono aversi sull’immobile e, a volte, di tipo penale, sul titolare del bene laddove questi risulti tra i responsabili degli illeciti perpetuati ai sensi dell’art.29 del DPR 380/2001 (TUE).
ONERIZERO

 

Recentemente sono stati pubblicati alcuni articoli relativi al fastidioso argomento della mancanza della “doppia conformità” e delle conseguenze che possono conseguire sull’immobile e, a volte, di tipo penale, sul titolare del bene laddove questi risulti tra i responsabili degli illeciti perpetuati ai sensi dell’art.29 del DPR 380/2001 (TUE).

La questione nasce da una sentenza del Consiglio di Stato, la n.3549/2023,la quale ha rimarcato per l’ennesima volta che “il titolo in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti postulerebbe, in contrasto con l'art. 36 citato, non già la «doppia conformità» delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni”.

Facendo presente che la questione è, dal punto di vista giurisprudenziale, un fatto consolidato per perdurante e coerente orientamento della magistratura amministrativa così come richiamato dalla stessa sentenza n.3549/2023: Consiglio di Stato, sez. VI, 13 gennaio 2021, n. 423; Consiglio di Stato, sez. VI, 24 giugno 2020, n. 4058; Consiglio di Stato, sez. VI, 14 gennaio 2019, n. 325; T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. II, 09/03/2021, n.619; T.A.R. Basilicata, sez. I, 3/1/2020, n. 16; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 28/10/2016, n. 5010; T.A.R. Liguria, sez. I, 15/1/2016, n. 45.

Pertanto, non è giuridicamente ammessa una procedura di regolarizzazione delle opere illecite condizionata all’esecuzione di opere, per far si che le stesse opere si “evolvano” da, in tutto o in parte, insanabili a sanabili. Fintanto che il legislatore manterrà in vita la “doppia conformità” vi è da ritenere la posizione della magistratura assolutamente condivisibile, anche se si potrebbero individuare alcuni distinguo.
Ma dove può condurre la mancanza di “doppia conformità”?

Le strade percorribili sono SOLO due:
- la demolizione delle opere eseguite in modo illecito, che comunque rimane sempre teoricamente esperibile;
- la fiscalizzazione delle medesime opere, laddove ricorrano alcuni specifici presupposti stabiliti dal legislatore.

Visto che molte volte si parla di FISCALIZZAZIONE senza avere un’idea chiara di cosa significhi questo termine, visto che nel TUE non ne esiste traccia, spieghiamo qui di seguito succintamente di cosa si tratta.

Partiamo dal presupposto che non tutte le fiscalizzazioni sono uguali. E come potete intuire non ne esiste una sola. Cosa le accomuna:

  1. la mancanza di “doppia conformità”, ovvero della conformità edilizio-urbanistica sia al momento della commissione dell’illecito sia al momento della eventuale presentazione della istanza di regolarizzazione;
  2. l’impossibilità di demolire le opere illecite non sanabili perché la loro demolizione pregiudicherebbe la parte conforme dell’edificio o non risulterebbe altrimenti possibile;
  3. prevedono tutte il pagamento di una sanzione pecuniaria alternativa alla rimessa in pristino.

Spesso, quando si parla di fiscalizzazione pensiamo immediatamente all’art.34 del TUE. Ma questo articolo riguarda solo la fiscalizzazione delle opere in parziale difformità dal permesso di costruire. Quali sono allora tutte le tipologie di fiscalizzazione?

Esistono, per consolidato orientamento, le FISCALIZZAZIONI degli illeciti riconducibili a permesso di costruire, ovvero quelle che ONERIZERO ha definito FISCALIZZAZIONI MAGGIORI, che sono:
- art.33 del TUE > Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
- art.34 del TUE > Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
- art.38 del TUE > Interventi eseguiti in base al permesso annullato
Le fiscalizzazioni relative agli articoli 33 e 34 del TUE riguardano illeciti non ripristinabili oppure non demolibili perché tale ripristino pregiudicherebbe la parte conforme. 
Le fiscalizzazioni relative all’art.38 del TUE riguardano permessi di costruire annullati i cui vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino non risultino possibili.

 

Le fiscalizzazione relative agli articoli 33 e 34 NON PRODUCONO una sanatoria degli illeciti.
La fiscalizzazione relativa all’art.38 PRODUCE i medesimi effetti della sanatoria di cui all’art.36 del TUE.

Non affrontiamo in questo articolo la complessa procedura di calcolo della sanzione pecuniaria, anche perché questa ci obbligherebbe ad analizzare – in relazione agli articoli 33 e 34 – la copiosa diatriba giurisprudenziale che non ha ancora trovato una sua univoca definizione, in relazione a quale sia il costo di produzione base da utilizzare nelle due fattispecie. Tema che, da solo, è sufficiente per costruire un articolo autonomo che, se dovesse risultare utile, verrebbe scritto più avanti. In alternativa potrete ascoltare questa particolare analisi durante i Corsi di Formazione di ONERIZER la cui programmazione per i prossimi mesi è disponibile alla seguente pagina web: https://onerizero.it/formazione/

 

Chiaramente siete tutti invitati a partecipare, tenendo presente che alcuni sono organizzati in webinar mentre altri vengono organizzati in presenza o in formula mista presenza/webinar. Queste ultime formule mi danno una maggiore opportunità di costruire una fattiva interconnessone con i partecipanti. Interconnessione che trova la massima adesione ed entusiasmo quando vengono affrontati i casi pratici proposti dagli stessi discenti.

Ma le FISCALIZZAZIONI che riguardano gli illeciti ascrivibili al PERMESSO DI COSTRUIRE sono le uniche?

ONERIZERO ritiene di no. E la ragione per la quale ci permettiamo di dirlo ve la spieghiamo qui di seguito.
Abbiamo visto quali siano i 3 presupposti comuni alla FISCALIZZAZIONE, ricordiamoli succintamente:
1. la mancanza di “doppia conformità;
2. l’impossibilità di demolire le opere illecite non sanabili;
3. la previsione del pagamento di una sanzione pecuniaria alternativa alla rimessa in pristino.

Secondo voi che fine fanno le difformità insanabili assoggettabili a SCIA? A riguardo ho ascoltato e letto numerose versioni, e tra queste quella di “gettarle” in malo modo in pasto agli stessi articoli 33 e 34 del TUE, costruendo un percorso che ONERIZERO trova incompatibile con la legislazione nazionale.

Eppure, già da qualche anno, con la SCIA ex art.22 del TUE si possono fare interventi estremamente impegnativi dal punto di vista tipologico edilizio. Ricordiamo quali siano questi interventi richiamando qui di seguito i prime tre commi dell’art.22:

1. Sono realizzabili mediante la segnalazione certificata di inizio di attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio o i prospetti;
b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell'articolo 10, comma 1, lettera c.


2. Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini dell’agibilità, tali segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d'inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.

Se leggete bene scoprirete che la quantità di opere eseguibili con SCIA è davvero enorme. E lo sarà, probabilmente, sempre di più, in un’ottica di semplificazione ed agevolazione degli interventi sul preesistente. Questo è il trend legislativo evidente oramai da qualche anno, e sarebbe bene che soprattutto le PA se ne rendano conto, invece – come succede fin troppo spesso – applichino la legge in modo contrario a questo chiaro indirizzo.
Possibile che il legislatore nazionale si sia dimenticato di stabilire cosa succede alle opere senza “doppia conformità” assoggettabili a SCIA, oppure questo potrebbe risultare evidente dopo una più attenta osservazione dell’intero impianto giuridico del TUE.

Credo tutti si condivida la prospettazione in base alla qual - escludendo l’art.38 e l’art.6-bis del TUE che possiedono una caratterizzazione autonoma - le uniche due forme di sanatoria “piena” previste dal TUE sono quelle riferite a:
1. art.36 > accertamento di conformità per opere assoggettabili a PERMESSO DI COSTRUIRE
2. art.37, 4 comma > accertamento di conformità per opere assoggettabili a SCIA


Quindi, quelle riconducibili a SCIA, ma non sanabili, che fine fanno?

Nel TUE l’unico articolo che detta le procedure di regolarizzazione per le opere assoggettabili a SCIA è l’art.37 “Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità”. Che la regolarizzazione delle opere minori non sanabili sia lì? Andiamo a leggere i primi tre commi e vediamo se ricorrono i 3 presupposti per la fiscalizzazione:

1. La realizzazione di interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

2. Quando le opere realizzate in assenza di segnalazione certificata di inizio attività consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo, di cui alla lettera c) dell'articolo 3, eseguiti su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro.

3. Qualora gli interventi di cui al comma 2 sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al comma 1. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10329 euro di cui al comma 2.

Credo sia abbastanza agevole scoprire che in tutti e tre i commi:

  • non si fa riferimento alla doppia conformità come presupposto
  • la sanzione è di tipo pecuniario alternativo
  • la rimessa in pristino non è un obbligo ma solo eventualmente un’alternativa possibile

Peraltro, una lettura un pizzico più attenta rintraccerebbe una significativa similitudine tra i commi 2 e 3 dell’art.37 ed i commi 3 e 4 dell’art.33, come se il legislatore avesse stabilito delle conseguenze simili, ma meno gravose, per la regolarizzazione degli illeciti privi di doppia conformità che, ONERIZERO si è permesso di qualificare FISCALIZZAZIONI MINORI.

Ma attenzione, non lasciatevi ingannare dalle sanzioni pecuniarie forfettarie previste ai primi 3 commi  dell’art.37, perché se analizzate con più attenzione, scoprirete che la sanzione pecuniaria del 1 comma – conteggiata in base all’aumento del valore venale - e poi richiamata nel 3 comma, possiede un minimo ma non un massimo. E questo massimo può corrispondere ad una somma estremamente ingente, molto più facilmente assimilabile a quelle degli artt.33, 34 e 38 che a quella conteggiabile in applicazione al comma 4 dell’art.37.

ONERIZERè sempre a disposizione per richieste di chiarimenti ed approfondimenti in tema di oneri e sanzioni edilizie inviandoci il form compilato che trovate a questo link: https://onerizero.it/contatti/.

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