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03/04/2023

Abusi edilizi, interventi plurimi e valutazione complessiva dell’opera

Secondo il Consiglio di Stato, in caso di interventi plurimi, la valutazione degli abusi richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite. La valutazione unitaria è da escludersi solo laddove non sia configurabile alcun intrinseco e oggettivo collegamento funzionale tra gli interventi realizzati.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione relativo alle seguenti opere realizzate in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica:
- manufatti adibiti a deposito di materiali,
- generatore di energia elettrica,
- due tettoie,
- ampliamento di manufatto esistente,
- recinzioni,
- cambio di destinazione d’uso della superficie destinata ad area di sosta mediante spargimento di piccoli detriti granulari (parcheggio).
Secondo l’appellante, una parte degli interventi non aveva rilevanza edilizia e urbanistica e al più avrebbe potuto essere realizzata tramite una semplice SCIA ex art. 22, D.P.R. 380/2001 che non consente l’applicazione della sanzione demolitoria. Inoltre, il parcheggio sarebbe stato realizzato negli anni ’50, in un periodo dunque in cui non era necessario il titolo edilizio (v. Immobili ante 1967, quando è necessario il titolo edilizio). Infine, lamentava vizi di motivazione dell’atto emanato dal Comune.

VALUTAZIONE UNITARIA - In proposito, C. Stato 01/03/2023, n. 2119 ha rilevato come il principio sulla necessità di operare una valutazione unitaria degli abusi edilizi commessi sull’unità immobiliare sia assolutamente consolidato. La giurisprudenza ha infatti ripetutamente affermato che la valutazione degli abusi edilizi richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.
La suddetta valutazione unitaria è da escludersi solo laddove tra gli interventi realizzati, non sia configurabile alcun intrinseco e oggettivo collegamento funzionale.

Sul punto si segnala che il Consiglio di Stato (v. C. Stato 14/10/2022, n. 8778) ha recentemente precisato che nel verificare l’unitarietà o la pluralità degli interventi edilizi, non può tenersi conto del solo profilo strutturale, afferente alle tecniche costruttive del singolo manufatto, ma deve prendersi in esame anche l’elemento funzionale, al fine di verificare se le varie opere, pur strutturalmente separate, siano, tuttavia, strumentali al perseguimento del medesimo scopo pratico. Qualora infatti su uno stesso terreno risultino realizzati interventi dotati di una sicura autonomia strutturale (perché separati e relativamente distanziati uno dall’altro) e funzionale (es. abitazione e distinta autorimessa), la valutazione di unitarietà dell’intervento non può operare sull’intero ma va effettuata separatamente.

CAMBIO D’USO DEL PARCHEGGIO - Per quanto riguardava in particolare il parcheggio, i giudici hanno ribadito che:
- l’onere di provare la risalenza nel tempo di un manufatto di cui l’amministrazione abbia contestato la liceità, incombe sul privato (v. Immobili ante 1967, prova della data di realizzazione) e nella fattispecie tale onere non risultava assolto, in quanto nessuno dei documenti prodotti dimostrava quando il parcheggio oggetto di contestazione fosse stato realizzato;
- se è consentito utilizzare un’area per parcheggio, rientrando ciò nello ius utendi et fruendi spettante al proprietario, è vietato, in assenza di apposito permesso di costruire, adibirla a tale scopo mediante un intervento, quale lo spargimento di ghiaia o materiali similari, idoneo a determinare una trasformazione del territorio (C. Stato 11/11/2004, n. 7324), vieppiù in presenza di un vincolo paesaggistico.

VIZI FORMALI DEL PROVVEDIMENTO DEMOLITORIO - Inoltre, con riferimento alle prospettate irregolarità formali dell’ordine di demolizione, il Consiglio ha ribadito i seguenti principi consolidati della giurisprudenza:
a) appurata l’abusività dei lavori, l’esercizio del potere repressivo assume natura doverosa e vincolata, anche a distanza di lunghissimo tempo dalla loro realizzazione, non essendo la potestà soggetta a termini di decadenza o prescrizione, anche in considerazione del fatto che le violazioni edilizie hanno natura di illeciti permanenti;
b) il provvedimento demolitorio è, sufficientemente motivato con l’individuazione delle opere contestate e delle ragioni della loro illiceità;
c) l’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive è sempre in re ipsa, per cui sul punto non occorre specifica motivazione, né è necessario comparare tale interesse con quello del privato alla conservazione della situazione di fatto illecita, non essendo al riguardo configurabili affidamenti tutelabili.

Dalla redazione