FAST FIND : NR10748

Delib.G.R. Basilicata 22/04/2002, n. 709

Linee - Guida per la progettazione, costruzione e la gestione degli impianti di compostaggio e di stabilizzazione dei rifiuti. Approvazione.
Testo coordinato con le modifiche introdotte da:
-
L.R. 23/09/2021, n. 39
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LA GIUNTA REGIONALE

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LINEE-GUIDA PER LA PROGETTAZIONE, LA COSTRUZIONE E LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO E DI STABILIZZAZIONE
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Premessa

Le "Linee guida regionali per la progettazione, la costruzione e la gestione degli impianti di compostaggio e biostabilizzazione" rappresentano lo strumento predisposto dell'Amministrazione per garantire che la realizzazione e l'esercizio degli impianti di trattamento biologico siano caratterizzati da standard processistici ed ambientali efficaci; contestualmente, lo strumento può coadiuvare la valutazione (es. in sede di istruttoria tecnica dei progetti) della sostenibilità, sia processistica che ambientale, delle iniziative legate alla gestione della componente organica dei rifiuti urbani (RU).

Le Linee Guida mirano dunque ad essere contemporaneamente:

- uno strumento di programmazione, ad integrazione dei Documenti di Piano,

- un ausilio ai progettisti definendo il contorno operativo ed ambientale all'interno del quale possono liberamente svilupparsi le specificità progettuali (tecnologie adottate, composizione planimetrica delle diverse aree operative, caratteristiche architettoniche dei manufatti, ecc.) delle singo

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1. I Trattamenti biologici delle frazioni organiche

1.1 Rassegna sintetica dei materiali trattabili

La componente organica dei rifiuti urbani rappresenta la frazione omogenea prevalente in peso, nonché la più problematica da gestire con i sistemi tradizionali di smaltimento, per gli impatti ambientali che genera. Gli impianti di trattamento biologico in genere consentono di trattare la componente organica dei rifiuti al fine di riciclarla sotto forma di fertilizzanti organici oppure di stabilizzarla al fine di ridurre gli impatti ambientali che si possono originare dal suo smaltimento definitivo in discarica.

Si delineano quindi due linee operative strategiche complementari che originano due distinti flussi di materiale organico:

a. compostaggio di frazioni organiche "di qualità" e biomasse separate a monte tramite raccolta differenziata, o rifiuti organici originati da specifiche attività produttive o di recupero che consentono di ottenere un flusso omogeneo e ben caratterizzabile analiticamente e merceologicamente;

b. trattamento biologico di rifiuti indifferenziati con contenuto variabile di sostanze organiche, o frazioni organiche non di qualità derivanti dal trattamento meccanico di rifiuti indifferenziati (vagliatura) o di frazioni organiche selezionate ma con carico di elementi pericolosi relativamente elevato (es. alcuni fanghi di depurazione civile).

Rammentiamo che nella gestione integrata dei rifiuti urbani occorre dare priorità all'avvio e consolidamento della raccolta differenziata, al fine di intercettare in purezza ed alla fonte la maggior quantità possibile di frazione organica presente. Occorre però tenere presente che la raccolta dell'organico non può raggiungere un'efficienza prossima all'unità, e ciò significa che una parte dell'organico non viene intercettato e separato, rimanendo quindi all'interno dei rifiuti indifferenziati da avviare allo smaltimento. È necessario quindi prevedere opportuni sistemi di separazione e trattamento di questa componente organica non differenziata al fine di ridurre il carico inquinante dei rifiuti da smaltire.

Seguendo una classificazione merceologica dei rifiuti di derivazione urbana, per quanto riguarda i rifiuti organici in purezza, separati alla fonte tramite raccolta differenziata, si individuano le seguenti categorie (si faccia riferimento all'art. 16 del D.M. 5 Febbraio 1998) di materiali che possono essere sottoposti a trattamenti biologici:

- rifiuti di provenienza alimentare collettiva, domestica e mercatale (da raccolte "secco-umido" in ambito urbano);

- rifiuti vegetali provenienti da attività di manutenzione del verde pubblico e privato e scarti ligno-cellulosici naturali (trucioli e segature non contaminati, cassette e bancali non trattati);

- materiale cartaceo.

A queste possono poi essere assimilate per omogeneità dei flussi e costanza delle caratteristiche chimiche e merceologiche, anche le seguenti categorie di rifiuti agricoli e speciali:

- fanghi di depurazione civile;

- altre biomasse agricole ed agroindustriali (paglie, lolla, graspi e vinacce, fanghi agroindustriali, ecc.).

Per quanto riguarda invece i residui organici presenti nei rifiuti indifferenziati da destinare a smaltimento finale si possono individuare i seguenti materiali da trattare biologicamente:

- rifiuti indifferenziati tal quali;

- frazione organica ottenuta per separazione meccanica da un flusso di rifiuti indifferenziati.

Si riportano di seguito alcuni specifici approfondimenti sulle condizioni i trattamento relative alle principali frazioni elencate in precedenza.

 

1.1.1 Rifiuti organici di provenienza alimentare

Spesso definiti anche come Frazione Organica dei Rifiuti Urbani (FORSU) ottenuta da raccolta differenziata "secco-umido". Si tratta di una frazione omogenea costituita dagli scarti organici derivanti dalla preparazione dei cibi e dai resti dei pasti, sia domestici che da utenze collettive (ristorazione o mensa). A queste si aggiungono gli eventuali scarti mercatali raccolti sia nei mercati generali che in quelli locali. Le esperienze pilota sviluppate in ambito nazionale hanno dimostrato ottimi risultati quali-quantitativi, sia per la capacità di intercettazione che per il grado di purezza merceologica (tabella 1).

 

Tabella 1: prestazioni tipiche dei sistemi di raccolta secco-umido

 

Sistema

Intercettazione complessiva di scarto di cucina (min - max)

Purezza merceologica (tipico)

Domiciliarizzato classico

170 - 350 g ab-1giorno-1

96 - 98%

Doppio contenitore stradale

50 - 150 g ab-1giorno-1

90 - 97%

 

Dal punto di vista tecnico-gestionale questa frazione organica presenta una elevata fermentescibilità unita ad una ridotta capacità strutturante, caratteristiche che ne richiedono un veloce avvio a trattamento per evitare problemi riconducibili alle emissioni odorigene N5 causati dall'innescarsi di fenomeni putrefattivi. Anche per quanto detto il suo stoccaggio temporaneo, pre-trattamento e le prime fasi di trasformazione devono essere preferibilmente collocate in un luogo chiuso e dotato di opportuni presidi ambientali, a meno di localizzazioni particolarmente favorevoli (distanze dagli insediamenti prossimi dell'ordine dei chilometri) e di dimensioni operative particolarmente contenute (sotto le 1000-2000 ton/anno).

 

1.1.2 Scarti "verdi" ed altri materiali legnosi

Si tratta dei materiali di risulta delle attività di manutenzione e cura del verde pubblico e privato, raccolti in purezza e separati dagli altri flussi di rifiuti alla fonte. In questa tipologia di scarti organici ricadono poi, per coerenza compositiva, anche le biomasse di risulta di attività agricole e boschive, i resti legnosi dalle attività industriali e artigianali che impiegano legno o fibre vegetali non trattate. I materiali compresi in questa frazione si distinguono per avere una più ridotta reattività biochimica e per essere dotati di una elevata capacità strutturante, risultando quindi complementari rispetto alla frazione precedente.

 

1.1.3 Fanghi civili ed agro-industriali

I fanghi derivanti da impianti di depurazione delle acque reflue civili e dagli impianti agro-industriali presentano un elevato contenuto di sostanza organica che li rende idonei a subire trattamenti biologici. Generalmente presentano delle caratteristiche compositive e quantitative costanti nel tempo. Occorre però monitorarne il contenuto in elementi di disturbo (microinquinanti organici ed inorganici, quali i metalli pesanti) al fine di valutarne l'ipotesi di una loro efficace valorizzazione agronomica. I ristretti limiti di qualità introdotti da Decreto MiPAF 27/3/98 ("Modificazione all'allegato 1C della L. 19 ottobre 1984 n. 748 recante nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti") che definisce quali compost vanno intesi come prodotti fertilizzanti liberamente ammissibili alla vendita, risultano difficilmente rispettabili da molti fanghi civili, in quanto i relativi distretti di depurazione ricevono, oltre alle acque da caditoie stradali, anche molti flussi di reflui industriali. Il controllo analitico è dunque sempre opportuno.

 

1.1.4 Carta e cartone

Da un punto di vista processistico ed agronomico, il materiale cartaceo, in relazione alle sue caratteristiche chimico-fisiche, è un ottimo costituente delle miscele di materiale organico inviate al compostaggio. La valorizzazione agronomica mediante compostaggio è:

- senz'altro possibile per la carta bianca e da cucina;

- ormai assodata per la carta di giornale, grazie a nuove tecniche di stampa che permettono di contenere gli apporti in elementi di disturbo;

- generalmente ritenuta possibile anche per la carta patinata (riviste/periodici) generalmente commercializzata in Europa;

- va ovviamente esclusa per i poliaccoppiati parzialmente cartacei, ameno di sistemi di pre-trattamento che consentano la separazione delle diverse componenti.

Le analisi disponibili attestano, nel complesso del materiale cartaceo da raccolte differenziate, livelli di contaminazione molto bassi per quanto concerne i parametri di valutazione relativi agli elementi potenzialmente inquinanti (con particolare riferimento ai metalli pesanti).

Va evidenziato che in fondo questi materiali, per i quali localmente possono crearsi condizioni economiche sfavorevoli al recapito ai sistemi industriali di recupero della carta, costituiscono un ottimo supporto cellulosico alternativo, in grado di condizionare positivamente umidità e C/N delle miscele da compostare (scenari locali con deficit di biomasse lignocellulosiche); inoltre, se raccolti congiuntamente all'"umido" domestico (es. utilizzo di carta di giornale per il primo contenimento dello scarto di cucina) consentono una gestione più ordinata dei manufatti per il primo contenimento (bidoni, secchi) assorbendo l'umidità in eccesso e contenendo fortemente gli odori. Queste indicazioni operative e comportamentali sono da tempo in adozione in diversi comprensori esteri.

 

1.1.5 Rifiuti indifferenziati e frazione organica non valorizzabile

La frazione organica residua contenuta nei rifiuti indifferenziati può essere sottoposta a trattamento biologico sia trattando l'intera massa dei rifiuti, sia separandola meccanicamente tramite vagliatura dalla frazione inorganica ed inerte. La frazione organica che ne deriva presenta delle caratteristiche analitiche e merceologiche intuitivamente peggiori rispetto alla frazione organica da raccolta differenziata e da ciò consegue l'impossibilità di una sua pena valorizzazione in ambito agricolo. Il suo destino è dunque:

- quello dello smaltimento controllato (in tal caso il trattamento biologico si configura come trattamento pre-discarica in coerenza con quanto previsto dall'art. 5 comma 6 del D.lgs. 22/97 e dall'art. 6 della Dir. 99/31 CE sulle discariche)

- quello dell'applicazione controllata in agricoltura N1 (in base ai meccanismi di "spandimento controllato di cui alla Del. Comitato Interministeriale 27/7/84, con rispetto del massimo carico ammissibile, analisi del suolo pre e post-applicazione, richiesta di autorizzazione al sito di spandimento e valutazione dell'apporto in metalli pesanti sull'unità di superficie) o, meglio, in operazioni di recupero ambientale di siti compromessi N2.

 

1.2 I diversi tipi di trattamento biologico

Con la definizione di "trattamenti biologici", si intende il complesso delle operazioni, processi ed attività a carico di materiali biodegradabili di varia natura, che sfruttando le potenzialità degradative e di trasformazione da parte di sistemi biologici (essenzialmente legati all'attività di microrganismi decompositori), consentono una mineralizzazione delle componenti organiche maggiormente degradabili (processo definito anche come "stabilizzazione" della sostanza organica) e l'igienizzazione per pastorizzazione della massa di rifiuti.

Scopo dei trattamenti biologici è quindi:

a) raggiungere la stabilizzazione della sostanza organica (ossia la perdita di fermentescibilità) mediante la mineralizzazione delle componenti organiche più aggredibili, con produzione finale di acqua ed anidride carbonica e loro allontanamento dal sistema biochimico; tale processo è inteso a garantire la compatibilità tra i prodotti finali e le ipotesi di impiego agronomico o la loro collocazione in ambito confinato (discarica); un prodotto organico "stabile", infatti nel suolo agricolo non produce più metaboliti (intermedi di degradazione) ad effetto fitotossico, né consuma ossigeno (necessario per la trasformazione delle componenti organiche "fresche"), sottraendolo alle piante ed alla microflora del terreno; in discarica, il materiale organico stabilizzato non comporta massicci processi di degradazione anaerobica a carico delle componenti organiche facilmente degradabili di cui la sostanza organica "fresca" è invece ricca (con conseguente produzione di biogas e percolato ad elevata aggressività).

b) conseguire la igienizzazione della massa; ciò consente di debellare i fitopatogeni presenti nei residui vegetali, impedendo che il compost ne diventi vettore, nonché i patogeni umani veicolati presenti nei materiali di scarto (es.: fanghi civili);

c) ridurre il volume e la massa dei materiali trattati al fine di renderne più agevole ed economico il trasporto e, nel caso di materiale da destinare a smaltimento in discarica, di ridurre il volume occupato rispetto ai rifiuti non trattati.

Il trattamento biologico delle frazioni organiche di rifiuto può essere realizzato con differenti tecnologie e processi, riconducibili a tre tipologie, che è opportuno mantenere terminologicamente distinte:

a) Compostaggio di qualità, a carico di biomasse di buona qualità selezionate alla fonte, indirizzato alla produzione di materiali valorizzabili nelle attività agronomiche e commerciabili in coerenza con il disposto della L.748/84 modd. intt. sui fertilizzanti

b) Trattamento biologico di biostabilizzazione o bioessiccazione, a carico di matrici organiche di qualità inferiore (quali frazioni organiche da separazione meccanica del rifiuto indifferenziato, fanghi biologici con presenza relativamente elevata di metalli pesanti, ecc.); l'obiettivo può essere variamente inteso come:

- stabilizzazione pre-discarica, intesa come "trattamento" in coerenza con la Direttiva 99/31 CE sulle discariche e con l'art. 5 comma 6 del D.lgs. 22/97

- produzione di materiali stabilizzati (spesso definite come "Frazioni Organiche Stabilizzate" o "compost da rifiuti" o "compost grigio") per applicazioni controllate in attività paesistico-ambientali

- bioessiccazione, ossia asportazione relativamente veloce (nell'arco di 15-20 giorni) di gran parte dell'umidità originariamente presente, in modo da aumentare il potere calorifico della massa in previsione di utilizzi energetici; l'obiettivo viene perseguito mediante lo sfruttamento delle capacità di asportazione di umidità da parte delle arie di processo insufflate nella massa, e si avvale comunque del concorso dei processi di degradazione parziale della sostanza organica, grazie all'aumento delle capacità evaporative del sistema per il calore biogeno generato appunto da tali processi di degradazione

c) Digestione anaerobica in cui la fase di degradazione intensiva viene gestita in ambiente anossico allo scopo di conservare l'energia biochimica della sostanza organica sotto forma di biogas; la digestione anaerobica può avvenire a carico di matrici organiche di elevata qualità selezionate alla fonte (e dunque essere inserita in una filiera di valorizzazione agronomica) o di materiali di qualità inferiore (da selezione meccanica o con contaminazioni relativamente elevate in metalli pesanti); in quest'ultimo caso il digestato (ossia il materiale palabile residuato dalla fase di digestione) può essere poi indirizzato alla stabilizzazione pre-discarica, alla bio-essiccazione od alla produzione di materiali per applicazioni controllate paesistico-ambientali. Per il pieno conseguimento di tali obiettivi la digestione anaerobica richiede generalmente l'integrazione con una fase di finissaggio aerobico (ossia una sezione di post-compostaggio del digestato, che altrimenti va gestito come un fango ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dal D. lgs. 99/92 sulla applicazione dei fanghi in agricoltura).Alla digestione anaerobica ed alle condizioni per la sua integrazione nel sistema dei trattamenti biologici dedicheremo una apposita sezione, mettendone in risalto le specificità rispetto al trattamento aerobico.

Nel resto del documento adotteremo anche la seguente terminologia con i relativi significati:

Biotrasformazione = bioconversione: ossia la trasformazione a carico della biomassa compiuta da agenti di tipo biologico (essenzialmente microrganismi)

Bioconversione aerobia o Stabilizzazione biologica aerobia: il processo di bioconversione che avviene in condizioni aerobiche, ovvero in presenza di ossigeno; comprende dunque il compostaggio e la biostabilizzazione aerobica dei rifiuti indifferenziati, ma non la digestione anaerobica. Le tecnologie di processo adottabili per il compostaggio sono dunque applicabili mutatis mutandis, anche per la biostabilizzazione aerobica dei rifiuti indifferenziati.

 

1.3 Le tecnologie per la bioconversione aerobica

1.3.1 Generalità sul compostaggio di qualità

Il compostaggio di qualità può interessare come matrici in ingresso sia i soli scarti ligno-cellulosici raccolti in purezza, sia gli scarti organici da raccolta differenziata secco-umido (scarti alimentari da utenze domestiche, commerciali, di servizio) in miscela con gli scarti ligno-cellulosici (materiale strutturante o di "bulking") ed eventualmente anche con fanghi che abbiano adeguate caratteristiche qualitative ed altre matrici compostabili ad elevata fermentescibilità, umidità e basso grado di strutturazione (es. scarti agroindustriali, liquami zootecnici, ecc.).

A seconda della tipologia delle matrici trattate devono essere predisposti adeguati sistemi tecnologici di processo e di presidio; il compostaggio di soli scarti ligno-cellulosici, quali le risulte da manutenzione del verde, può avvalersi delle condizioni favorevoli di aerazione naturale per processi diffusivi e convettivi nella massa, favoriti dalla buona porosità della stessa, mentre il basso potenziale odorigeno di tali materiali facilità la prevenzione di fenomeni odorosi mediante alcuni accorgimenti gestionali relativamente semplici.

Invece, la fermentescibilità tipica di scarti quali le matrici alimentari richiede di considerare la disposizione di adeguati sistemi di governo del processo mediante l'adduzione di flussi d'aria alla massa (per drenare il calore in eccesso ed apportare ossigeno) e generalmente - a meno di localizzazioni favorevoli e basse capacità operative - l'allestimento di tecnologie di presidio ambientale per il controllo e l'abbattimento degli odori.

Come già sottolineato, l'obiettivo ultimo del compostaggio di qualità è la produzione di materiali stabilizzati ed igienizzati, con basso contenuto di sostanze potenzialmente inquinanti, manipolabili, commerciabili ed utilizzabili in agricoltura in coerenza con il disposto della L.748/84 modd. intt. Il tutto garantendo al contempo la minimizzazione dei disturbi ambientali indotti, con particolare riferimento all'abbattimento delle potenziali molestie olfattive.

 

1.3.2 I fattori di scelta delle tecnologie e la coerenza operativa degli impianti

La stabilizzazione biologica delle biomasse di scarto è un processo naturale che può essere coadiuvato da una molteplicità di opzioni tecnologiche (fattori di scelta); il settore del compostaggio e dei trattamenti biologici in generale è ampiamente sviluppato, a livello nazionale e mondiale, ed ha generato una molteplicità di approcci in relazione alle differenti situazioni territoriali, alle diverse condizioni gestionali, alle diverse biomasse trattate all'attenzione prestata al contenimento degli impatti ambientali verso l'intorno territoriale (con particolare riferimento alle molestie olfattive) ecc.

Molte delle aziende fornitrici propongono sistemi operativi completi, ossia comprensivi sia delle sezioni ed attrezzature per la bioconversione sensu strictu, che dei sistemi ed attrezzature per il pre-trattamento (es. per il condizionamento della biomassa, o la sua selezione preliminare) od il postrattamento (generalmente, per l'allontanamento dei corpi estranei mediante raffinazione dimensionale ed a volte densimetrica). In altri casi, gli impianti vengono realizzati per composizione di diversi sistemi operativi ed attrezzature, ad es. adottando una certa tecnologia di processo e inserendo nello schema operativo un certo pre-trattamento per rendere la tipologia di materiale da compostare massimamente adatto alla bioconversione con quella tecnologia.

Nella molteplicità degli approcci possibili, è importante comunque che le scelte progettuali e gestionali tengano conto delle condizioni poste dal quadro operativo al contorno (localizzazione, capacità operative, tipologia di materiali trattati, ecc.) al fine di massimizzare l'efficacia di processo e minimizzare i disturbi ambientali.

Va dunque ricercata la coerenza tra:

a) Tipologia delle matrici da compostare (caratteristiche della miscela di partenza);

b) Situazione territoriale (che influisce ad es. sul grado necessario di attenzione al contenimento degli impatti olfattivi);

c) Sistema di processo (connotati tecnologici del progetto);

d) Criteri gestionali (strategie di processo).

Di seguito riportiamo dunque una rassegna delle tecnologie adottabili per la gestione dei processi di bioconversione aerobica, specificando le rispettive vocazioni specifiche e le condizioni di adozione.

Nello sviluppo della rassegna, adotteremo il seguente schema logico:

1) faremo inizialmente riferimento al "cuore" del sistema, cioè i fondamenti del processo biologico aerobico, in quanto alla loro ottimizzazione sono intese in gran parte le scelte progettuali;

2) svilupperemo poi l'esame delle diverse tecnologie di processo, raggruppate per categorie in relazione alle esigenze e condizioni unitarie

3) successivamente si accennerà ai pre-trattamenti e i trattamenti finali necessari rispettivamente per predisporre le matrici all'aggressione biologica e per ottenere un prodotto finale idoneo all'impiego ed alla commercializzazione

4) infine forniremo delle indicazioni sui presidi ambientali al contorno dell'iniziativa, con specifico riferimento a genesi e natura degli odori e criteri per la minimizzazione e l'abbattimento.

 

1.3.3 I fondamenti processistici: i fattori di governo del processo biologico

Ricordiamo che il processo di compostaggio è un processo

- aerobico (necessità di ossigeno per la mineralizzazione delle componenti a maggiore fermentescibilità, con conseguente stabilizzazione della biomassa), ed

- esotermico (viene prodotto calore che va in certa misura allontanato dal sistema, onde evitare il surriscaldamento della biomassa in eccesso rispetto ai valori ottimali di range delle temperature)

Il processo di compostaggio può essere descritto e suddiviso in due fasi:

- Fase attiva (anche definita di "Biossidazione accelerata" o "ACT - active composting time"), in cui sono più intensi e rapidi i processi degradativi a carico delle componenti organiche maggiormente fermentescibili; in questa fase, che si svolge tipicamente in condizioni termo-file, si raggiungono elevate temperature, si palesa la necessità di drenaggio dell'eccesso di calore dal siste

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2. Procedure autorizzative

2.1 Tipo di procedura

Gli impianti di recupero per la produzione di compost di qualità possono avvalersi:

- delle procedure semplificate di cui agli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97 e successive modifiche ed integrazioni qualora gli impianti, le materie prime ed i prodotti finali siano del tutto conformi alle prescrizioni del D.M. 5/2/1998, all. 1, suball. 1, punto 16.In particolare, i prodotti finali devono rispettare le caratteristiche indicate nell'all. 1C alla l. 748/84, così come modificato dal D.M. 27/3/98.La suddetta procedura non esime dal rispetto della disciplina contenuta nel DPR 203/88, per le emissioni in atmosfera, e quella prevista dal D.Lgs. 152/ 99, per gli scarichi liquidi. A parte vanno conseguiti tutti i visti, pareri e concessioni necessari per la realizzazione dell'impianto (in particolare, la concessione edilizia eventualmente necessaria)

- delle autorizzazioni di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 22/97 e successive modificazioni. Tale procedura è obbligatoria nel caso in cui le matrici in ingresso o il tipo di trattamento non rientrino o rientrino solo parzialmente nelle fattispecie di cui al D.M. 5/2/98, all. 1, suball. 1, punto 16 o il prodotto commercializ

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3. Criteri guida

3.1 Criteri di ubicazione

3.1.1 Vincoli escludenti

Costituiscono vincoli escludenti all'ubicazione degli impianti di recupero mediante trattamento biologico (compostaggio e stabilizzazione pre-discarica):

- Le aree individuate ai sensi dell'art. 17, comma 3 lettera m) della legge 183/89;

- Le aree individuate dagli artt. 2 e 3 del DPR 8/9/97 n. 357;

- Le aree collocate nelle zone di rispetto (art. 6, DPR 236/88) per un raggio non inferiore a 200 metri dal punto di approvvigionamento idrico a scopo potabile pubblico, salvo eventuali deroghe da parte delle autorità competenti supportate da analisi di rischio;

- Le aree a distanze dai centri abitati < 200 m (distanza dal nucleo abitato così come definito dal Codice della Strada), derogabile per il compostaggio di scarti verdi.

- Le aree soggette a esondazione; per la verifica relativa ad aree in fregio ad aste fluviali deve, al riguardo, essere presa come riferimento la piena con tempo di ritorno pari a 50 anni. (20 anni nel caso di compostaggio di scarti verdi)

Le distanze fanno riferimento al limite dell'area di impianto, intendendo con tale termine l'area strettamente connessa al ciclo di lavorazione dei rifiuti, ivi compreso lo stoccaggio dei prodotti recuperati e degli scarti.

 

3.1.2 Vincoli da considerare

Per ciascun sito di ubicazione devono essere esaminate le condizioni locali di accettabilità dell'impianto in relazione a:

- aree collocate entro le fasce di rispetto delle diverse infrastrutture (strade, autostrade, gasdotti, oleodotti, ferrovie, cimiteri, beni militari, aeroporti);

- beni storici, artistici, archeologici, paleontologici ex lege 1089/1939;

- vincoli paesistici e paesaggistici ex lege 431/1985 e 1497/1939;

- aree sottoposte a vincolo idrogeologico ex RD 3267/1923;

- aree individuate a parco o riserva naturale a livello Regionale, Provinciale e Comunale

Per tali tipologie di aree va conseguito specifico nulla-osta, in base ai meccanismi di legge previsti, dalle autorità competenti.

Costituisce inoltre un vincolo da considerare con particolare attenzione, verificando la coerenza dei sistemi di processo e dei presidi adottati, la presenza di insediamenti abitativi anche singoli nel raggio di 1000 metri; la presenza di insediamenti singoli entro i 200 metri può costituire, dopo verifica delle condizioni topografiche ed operative locali, specifico motivo di esclusione delle possibilità di autorizzazione.

 

3.2 Dotazioni tecnologiche, dimensionamento e presidi ambientali

Il capitolo, inteso a fornire elementi di valutazione omogenei in sede di elaborazione progettuale - da parte dei proponenti - e di istruttoria tecnica - da parte degli Enti preposti all'Autorizzazione ed al controllo - si riferisce a:

- impianti di compostaggio di biomasse selezionate ad elevata fermentescibilità (scarti "umidi" domestici e da servizi di ristorazione; scarti agroindustriali; fanghi biologici civili ed agro-industriali; reflui zootecnici, ecc.) in miscelazione con biomasse lignocellulosiche (scarti di manutenzione del verde ornamentale, materiali legnosi, cortecce, ecc.).

- impianti di trattamento biologico del rifiuto indifferenziato o residuo di raccolte differenziate, per la stabilizzazione pre-discarica o la produzione di materiali per applicazioni controllate in operazioni paesistico-ambientali.

Per il compostaggio delle sole matrici lignocellulosiche, quali gli scarti di manutenzione del verde, si faccia riferimento al capitolo 4.

Di seguito vengono riportati gli schemi operativi tipici cui conformare i lay-out progettuali degli impianti, Successivamente, vengono specificati in dettaglio i criteri progettuali, suddivisi in due categorie come segue:

- Elementi tecnologici e processistici tendenzialmente

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4. Criteri di realizzazione e gestione per il compostaggio dello scarto verde

4.1 Fonti normative

Il compostaggio di scarti ligno-cellulosici su strutture semplificate - aree all'aperto, eventualmente su terreno drenante non pavimentato - è da tempo esplicitamente ammesso e promosso in:

- Lombardia: in base al disposto congiunto delle D.G.R. V/40516 e V/51028; tali disposizioni prevedono la conduzione all'aperto; inoltre, è ammesso il compostaggio su terreno non pavimentato per strutture pubbliche con capacità operative sino a 400 ton/anno e/o al servizio di meno di 10.000 abitanti.

- Veneto: in base al disposto della D.G.R. 766; terreno non pavimentato sino a 500 ton/ anno

- Piemonte: in base al disposto della D.G.R. 63-8317; terreno non pavimentato sino a 1000 ton/anno

Le norme nazionali - che fanno sostanzialmente riferimento alla D.C.I. 27/7/84, ove sono incluse solo prescrizioni generiche sulle temperature per l'igienizzazione e la durata delle stesse - non attestano attualmente una esplicita legittimazione o divieto per tale approccio operativo. Va però notato che le norme tecniche per l'ammissione delle attività di compostaggio a procedure semplificate ex artt. 31 e 33 del D. l.vo 22/97, ne prevedono l'ammissibilità, con conduzione all'aperto a qualunque dimensione e possibilità di operare su terreno non pavimentato per iniziative sotto le 1000 ton/anno.

Le bozze della normativa tecnica ex art. 18 D.lgs. 22/97 riprendono coerentemente tali concetti, confermandoli integralmente.

Vale dunque la pena di dedicare una sezione alla valutazione del ruolo stra

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5. Glossario

DEFINIZIONI

ACT (Active Composting Time) o Biossidazione accelerata o Fase attiva

Rappresenta la prima fase del processo di compostaggio con decomposizione delle molecole organiche più facilmente degradabili e formazione di composti intermedi parzialmente trasformati. In questa fase l'intesa attività microbica causa un elevato consumo di ossigeno ed un innalzamento della temperatura. Al termine di questa fase il carico di composti fermentescibili nel materiale organico è significativamente ridotto.

 

Ammendante

Prodotto atto al miglioramento delle proprietà fisiche, meccaniche e biologiche del terreno. Gli ammendanti sono commercializzati in Italia secondo i criteri individuati dalla Legge n.748/84 e succ. modd.

 

Bioconversione

L'insieme dei processi biologici, effettuati da microrganismi aerobici ed anaerobici, di trasformazione del materiale organico sottoposto al trattamento biologico.

 

Biomassa

Materiale a matrice prevalentemente organica. Nel settore del compostaggio si indica come "biomassa" il materiale oggetto di raccolte selezionate e sottoposto a trattamento.

 

Biostabilizzazione

Processo di bioconversione aerobica che si differenzia dal compostaggio per l'impiego di matrici non selezionate, come i rifiuti urbani indifferenziati, o selezionate a valle (frazione organica da selezione meccanica). Il processo può essere finalizzato alla sola riduzione della fermentescibilità (stabilizzazione pre-discarica) oppure alla produzione di materiali per applicazioni controllate di tipo paesistico-ambientale.

 

Biostabilizzato per applicazioni paesistico-ambientali

Prodotto simile al compost ma proveniente dalla biostabilizzazione, compresa la fase di maturazione, di rifiuti urbani indifferenziati. Tale matrice è sottoposta ad una vagliatura, che può av

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DEFINIZIONE E CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA Definizione di “terre e rocce da scavo”; Categorie di terre e rocce da scavo; Materiali provenienti da demolizioni; Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte - SUOLO ESCAVATO ALLO STATO NATURALE UTILIZZATO IN SITU Riutilizzo in situ del suolo escavato naturale; Suolo naturale nel quale siano presenti “materiali di riporto”; Piano preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo per opere sottoposte a VIA - CONDIZIONI PER QUALIFICARE LE TERRE E ROCCE DA SCAVO COME “SOTTOPRODOTTI” Condizioni comuni a tutti i cantieri; Terre e rocce da scavo nelle quali siano presenti “materiali di riporto”; Onere di attestazione del corretto avvenuto utilizzo; Cantieri con oltre 6.000 mc di scavo per opere soggette a VIA o AIA; Cantieri con meno di 6.000 mc di scavo per opere non soggette a VIA o AIA; Cantieri con oltre 6.000 mc di scavo per opere non soggette a VIA o AIA; Trasporto delle terre e rocce qualificate sottoprodotti - TERRE E ROCCE DA SCAVO QUALIFICABILI COME “RIFIUTI”; Condizioni al cui verificarsi le terre e rocce da scavo sono qualificate “rifiuti”; Deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti - TERRE E ROCCE DA SCAVO IN SITI CONTAMINATI Attività di scavo in siti oggetto di bonifica; Piano dettagliato e campionamento del suolo; Piano operativo; Utilizzo delle terre e rocce scavate nel sito; Presenza di “materiali di riporto” - ATTUAZIONE E LINEE GUIDA.
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