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Sent. C. Cass. pen. 11/12/2009, n. 47281

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1. EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione - Notifica al proprietario del bene - Omissione - Nullità - Esclusione - Ragioni. 2. EDILIZIA - COSTRUZIONE EDILIZIA - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione - Natura ripristinatoria - Efficacia nei confronti dei terzi estranei - Sussistenza.

1. In tema di esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto abusivo, la omessa notifica dello stesso al comproprietario del bene non comporta alcuna nullità, atteso che questi non è portatore

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SENTENZA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con istanza 12.2.2008, Teresa Arrigoni chiese al giudice dell'esecuzione la revoca o, in via subordinata, la sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive (capannone industriale) e dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi disposto con sentenza di condanna nei confronti del marito Mariani Luciano, emessa dal pretore di Lecco il 25.5.1999 e divenuta irrevocabile il 21.9.2001.

La ricorrente esponeva che pendevano giudizi amministrativi avverso i provvedimenti di rigetto delle istanze di condono e di diniego di variazione urbanistica; che era moglie del condannato Mariani Luciano; che da prima dei fatti era comproprietaria pro indiviso del 50% del terreno sul quale erano state realizzate le opere abusive e quindi era divenuta comproprietaria per accessione anche del capannone illegittimamente costruito dal marito; che pertanto era terza estranea sia al giudizio penale sia ai giudizi amministrativi ancora in corso, nonché estranea alla esecuzione delle opere non autorizzate; che non aveva mai avuto conoscenza della vicenda collegata all'ampliamento abusivo del capannone di cui aveva appreso notizia solo di

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MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il ricorso è infondato.

Quanto al primo motivo, infatti, la Corte d'appello ha fatto corretta applicazione dei principi costantemente affermati da questa Corte, secondo cui l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria (Sez. 3, 16 aprile 2002, Cassarino, m. 221.974), mentre può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (ex plurimis, Sez. 3, 17 ottobre 2007, n. 42978, Parisi, m. 238145; Sez. 3, 5.3.2009, n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071;

Sez. 3, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. 3, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308).

Nella specie, la ricorrente non ha nemmeno dedotto l'esistenza di atti amministrativi o giurisdizionali incompatibili, e non ha nemmeno prospettato quali sarebbero gli elementi concreti sulla base dei quali potrebbe ritenersi concretamente probabile l'emanazione entro breve tempo di un provvedimento amministrativo o giurisdizionale contrario all'ordine di demolizione. Anche nel ricorso per Cassazione tali elementi non sono stati specificati, essendosi la ricorrente limitata ad invocare non meglio precisati procedimenti amministrativi aventi ad oggetto il rigetto delle domande di condono ed il diniego di variazione urbanistica. Sotto questo profilo il ricorso si presenta non solo manifestamente infondato ma anche inammissibile per genericità. La sola presenza di tali procedimenti amministrativi, infatti, non può essere in alcun modo idonea ad ulteriormente procrastinare l'esecuzione dell'ordine di demolizione dopo otto anni dal passato in giudicato della sentenza che lo ha disposto.

5. Il terzo motivo - che appare opportuno esaminare ora - è infondato e comunque irrilevante. In effetti, la decisione della Cassazione civile citata dalla ordinanza impugnata (Sez. 2, 27.3.2007, n. 7523, m. 596277) si riferisce proprio ad un caso in cui uno dei due comproprietari prò indiviso del terreno aveva costruito sullo stesso un immobile abusivo (che per tale motivo non era stato menzionato nell'atto di divisione del terreno) ed ha affermato che "La disciplina sull'accessione, contenuta nell'art. 934 c.c., si riferisce solo alle costruzioni su terreno altrui; alle costruzioni eseguite da uno dei comproprietari su terreno comune non sì applica tale disciplina, ma quella in materia di comunione, con la conseguenza che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata in conformità di detta disciplina, cioè con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all'uso delle cose comuni, cosicché le opere abusivamente create non possono considerarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica" (cfr. anche Cass. civ., Sez. 2, 19.11.2004, n. 21901, m. 578073; Id., 22.3.2001, n. 4120, m. 545016; Id., 18.4.1996, n. 3675, m. 497137). Deve però riconoscersi che non è molto chiaro se queste decisioni riguardino solo "il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all'uso delle cose comuni" ovvero anche il rispetto delle regole della disciplina edilizia ed urbanistica. In ogni caso la questione è in realtà irrilevante in questa sede perché, per le ragioni che verranno indicate, la domanda della Arrigoni deve essere respinta anche partendo dal presupposto che essa sia comproprietaria del capannone abusivo oggetto dell'ordine di demolizione.

6. Per la stessa ragione è irrilevante anche il motivo 2b), perché, anche ammettendo che la ricorrente non sia una prestanome ma la vera ed effettiva comproprietaria del terreno e del capannone, la soluzione della questione sottoposta a questa Corte non potrebbe cambiare.

7.1. È infondato, il motivo 2a), con il quale la ricorrente sostiene di essere una terza di buona fede, perché la sua condizione di buona o di mala fede doveva essere valutata in riferimento all'epoca di realizzazione dell'immobile abusivo e non al tempo successivo alla consumazione del reato. Come esattamente osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, il giudice dell'esecuzione ha, con congrua ed adeguata motivazione, desunto la mancanza di buona fede della ricorrente non solo dal suo comportamento successivo alla consumazione del reato, ma anche da quello anteriore, non essendo ipotizzabile che al coniuge convivente dell'autore dell'abuso e comproprietario del terreno e dell'originario capannone, potesse sfuggire, con un minimo di diligenza, che nella sua proprietà il marito stava realizzando un nuovo capannone abusivo. Il fatto che il pubblico ministero a suo tempo non abbia esercitato l'azione penale anche nei confronti della comproprietaria dell'immobile abusivo e che questa non sia stata quindi dichiarata concorrente nel reato edilizio, è irrilevante in relazione al riconoscimento o meno della buona fed

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P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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