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08/02/2023

Annullamento del permesso di costruire e fiscalizzazione dell'abuso

La sanzione alternativa alla demolizione di cui all’art. 38, D.P.R. 380/2001 non si applica nel caso di annullamento del permesso di costruire determinato da vizi sostanziali, quali ad esempio la violazione delle norme sulle distanze tra edifici.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il TAR aveva annullato un permesso di costruire con il quale era stato autorizzato un intervento di demolizione e ricostruzione di un immobile di proprietà del ricorrente. Quest’ultimo contestava l’ordine di demolizione emanato a seguito di tale pronuncia, invocando l’art. 38, D.P.R. 380/2001, secondo cui, in caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite (c.d. fiscalizzazione dell’abuso).

IL GIUDIZIO DEL TAR - In particolare, il TAR aveva ritenuto non applicabile al caso di specie la sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione prevista dall’art 38, D.P.R. 380/2001, in quanto l’annullamento del permesso di costruire era stato determinato da vizi sostanziali, ed in particolare per la violazione delle norme (inderogabili) sulle distanze fra edifici, nonché violazione dei parametri di volumetria e altezza stabiliti dallo strumento urbanistico. Ad avviso dei giudici di merito, la sanzione pecuniaria di cui al citato art. 38 è applicabile solo in presenza di vizi procedurali non emendabili o a fronte della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.

IL GIUDIZIO DEL CONSIGLIO DI STATO - Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR, fornendo chiarimenti sui presupposti per l’applicabilità della fiscalizzazione dell’abuso in caso di annullamento del titolo abilitativo.

Condizioni per l’applicabilità della fiscalizzazione dell'abuso C. Stato 04/01/2023, n. 136 ha precisato che l’art. 38, D.P.R. 380/2001 disciplina l’ipotesi in cui le opere siano state realizzate in presenza di un titolo edilizio successivamente annullato dall’amministrazione o in sede giurisdizionale, e prevede la possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria in due distinti casi:
1. qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative e
2. qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.

Il primo di tali requisiti è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria, che ha chiarito che i vizi cui fa riferimento l'art. 38, T.U. edilizia sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione (C. Stato, Ad. plen., 07/09/2020, n. 17; si veda anche la Nota: Annullamento del permesso di costruire: l’Adunanza plenaria chiarisce i limiti di sanabilità dell’abuso).
La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art. 21-nonies, L. 241/1990.
In tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione. La tutela dell’affidamento del privato circa la legittimità del titolo edilizio, pertanto, costituisce un limite rispetto al potere di riduzione in pristino dell’amministrazione solo nel caso in cui l’opera non presenti profili di abusività dal punto di vista sostanziale.

Con riferimento al secondo requisito, qualora il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che l'impossibilità di riduzione in pristino deve essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38, D.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie ex officio di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario. La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.

Conclusioni - Tutto ciò premesso, il Consiglio ha evidenziato che nel caso di specie non ricorreva nessuna delle ipotesi sopra descritte.
Quanto alla prima condizione, non risultava che il permesso di costruire in possesso degli appellanti fosse stato annullato per vizi formali o procedurali; l’annullamento, al contrario, era dipeso dalla violazione delle norme sulle distanze nonché dalla violazione di alcuni parametri disciplinati dallo strumento urbanistico, ed in particolare delle prescrizioni che fissano la volumetria e l’altezza massima consentita.
Quanto alla seconda condizione, dal momento che l’edificio esistente era stato interamente costruito sulla base del permesso di costruire, annullato nella sua totalità, allo stato attuale era l’intero edificio a non essere assistito da un titolo edilizio e ad essere, come tale, soggetto a demolizione. Una diversa conclusione avrebbe potuto essere sostenuta solo se una parte dell’edificio fosse stata realizzata in base ad un titolo edilizio diverso da quello annullato, oppure solo se il titolo edilizio fosse stato annullato in una parte specifica.
In altri termini, secondo il Consiglio, la valutazione sull’impossibilità di procedere alla demolizione è esclusa quando la violazione investa un intero fabbricato, posto che in tal caso non esiste una parte legittimamente realizzata da tutelare.
Il ricorso è stato di conseguenza respinto e l’ordine di demolizione confermato.

Dalla redazione