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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Circ.Ass.R. Sicilia 16/02/2006, n. 3
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TESTO DEL DOCUMENTOSi è andata nel tempo affermando la priorità di un metodo di tutela nel quale la salvaguardia dei beni culturali passi da criteri episodici, discrezionali e, in ultima analisi, arbitrari, a principi certi e riconoscibili per tutti i cittadini. Si tratta, cioè, di superare una politica di vincolo, affidata alle valutazioni soggettive dell'autorità amministrativa, in favore di un'azione di piano, partecipata da tutti i cittadini, nella quale le ragioni della tutela trovino sperimentazioni nell'ambito della più generale azione di governo del territorio. La priorità del piano paesaggistico come strumento di tutela è stata però espressamente recepita soltanto dal Codice Urbani, entrato in vigore il 1° maggio del 2004, che ha dato nuovo e decisivo impulso a un processo di pianificazione del territorio culturale che vede in prima linea la Regione siciliana, sulla base delle Linee guida del 1996 e delle risorse offerte dal P.O.R. 2000-2006. Ma la strada della pianificazione, che si snoda attraverso la condivisione di obiettivi di qualità paesaggistica tra enti locali e amministrazione dei beni culturali, per quanto obbligata dalle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, si presenta ancora lunga e complessa, se è vero, come è vero, che il Governo ha dovuto dettare, in sede di rivisitazione del codice, nuove norme atte a disciplinare metodi e contenuti dei piani in itinere. Per la salvaguardia del nostro patrimonio paesaggistico rimangono quindi fondamentali i tradizionali strumenti vincolistici e i poteri autorizzativi che da essi sono attribuiti alle soprintendenze. L'importante contributo che questi istituti hanno dato alla protezione del patrimonio culturale ed ambientale siciliano, arginando i danni creati da una lunga stagione di incultura e di assenza di valori, giustifica guardare ad essi come una risorsa per lo sviluppo della Regione; ma in assenza di regole e di principi la loro azione non si è mai tradotta nelle dovute forme di coinvolgimento della popolazione locale, la cui crescita culturale ed economica impone oggi risposte. Per troppo tempo infatti la gestione dei vincoli è stata percepita, e non sempre a torto, come un fattore di ritardo nelle politiche di sviluppo infrastrutturale della Regione; per troppo tempo il vincolo è intervenuto tardi e male nei processi di governo del territorio, certificando, piuttosto che contraddire, situazioni di disordine edilizio; per troppo tempo, soprattutto, è invalsa da parte delle soprintendenze una sottovalutazione delle ragioni dell'uomo, che deve essere il protagonista del suo ambiente, cosciente della necessità e di conseguenza attore della sua conservazione. È noto che l'impostazione originaria della tutela del paesaggio, data dalla legge del 1939 e basata su una visione "estetizzante" del paesaggio, mirante a salvaguardare il valore crociano del bello di natura, proprio di una società statica, ancorata a una dimensione agraria dei rapporti di proprietà, è stata sostituita da una considerazione "ecologica" dell'ambiente, secondo la qual |
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