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Sent.C. Cass. 29/10/2009, n. 22922

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1. Progetto oo.pp. - Incarico del Comune - Natura privatistica - Conseguente diritto del professionista al compenso - Insensibile ad eventuale vizi della delibera comunale 2. Progetto oo.pp. - Incarico del Comune - Previsione in delibera del relativo compenso al professionista - Necessità - Mancanza - Conseguente nullità di delibera e successivo contratto
1. Qualora il Comune, esercitando la facoltà conferitagli dal R.D. 3 marzo 1934 n. 383, articolo 285, c. 2, si avvalga, in mancanza di un proprio ufficio tecnico, per la redazione del progetto di opera pubblica, di un professionista privato, l’atto di affidamento del relativo incarico, come gli atti che vengano successivamente ad interferire sul rapporto, configurano espressione non di poteri pubblicistici, ma di autonomia negoziale privatistica, il che comporta che il diritto del professionista al compenso, il quale insorge dopo che la deliberazione comunale di conferimento dell’incarico si sia tradotta nella costituzione del rapporto di prestazione d’opera professionale, resti insensibile ad eventuali vizi di detta deliberazione, rilevanti solo nell’ambito interno dell’organizzazione dell’ente territoriale, quale quello derivante dall’inosservanza dell’obbligo di indicare l’ammontare della spesa e dei mezzi per farvi fronte. 2. La delibera con la quale i competenti organi comunali o provinciali affidano ad un professionista privato l’incarico per la progettazione di un’opera pubblica - nel vigore del combinato disposto del R.D. 3 marzo 1934 n. 383, artt. 284 e 288 (Testo Unico legge comunale e provinciale) -, è valida e vincolante nei confronti dell’ente locale soltanto se contenga la previsione dell’ammontare del compenso dovuto al professionista e dei mezzi per farvi fronte. L’inosservanza di tali prescrizioni determina la nullità della delibera, nullità che si estende al contratto di prestazione d’opera professionale poi stipulato con il professionista, escludendone l’idoneità a costituire titolo per il compenso”.

1. e 2. Le due massime ribadiscono i principi già enunciati dalla Corte suprema, rispettivamente, la prima, dalla Cass. S.U. 17 novembre 1984 n. 5833 [R=W17N845833] e, la seconda, dalla Cass. S.U. 9 giugno 2005 n. 12105 [R=W9G0512105].
(R.D. 3 marzo 1934 n. 383, art. 285, c.2)

Dalla redazione