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13/12/2022

Criteri di liquidazione del danno per errori nella progettazione

La Corte di Cassazione ha chiarito i criteri per quantificare l’entità del danno da risarcire nel caso di errori nella progettazione e realizzazione di un’opera.

FATTISPECIE - Nel caso di specie un professionista era stato condannato a risarcire il danno da illecito aquiliano per inadempimenti nella progettazione e realizzazione di un impianto di riscaldamento di un immobile destinato ad uso industriale. Il professionista contestava l’entità del risarcimento stabilito dalla Corte d’Appello, in quanto a suo avviso, la somma statuita non rappresentava il danno effettivo patito dalla società proprietaria, ma un costo che questa avrebbe comunque dovuto sostenere fin dal principio per ottenere un impianto dotato delle caratteristiche necessarie per l’uso nello stabilimento.

CONSIDERAZIONI DELLA CORTE - C. Cass. civ. 15/11/2022, n. 33537, ha preso le mosse dall’art. 1223 del codice civile secondo il quale il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta. La Corte ha spiegato che il danno a cui fa riferimento la norma rappresenta il pregiudizio economico che si riflette in un'effettiva diminuzione del patrimonio, diminuzione data dalla differenza tra il valore attuale del patrimonio del creditore-danneggiato ed il valore che presenterebbe se l'obbligazione fosse stata tempestivamente ed esattamente adempiuta o il fatto illecito non fosse stato realizzato.
In altri termini, il danno è la differente situazione patrimoniale in cui il soggetto danneggiato si sarebbe trovato se il fatto in questione non si fosse verificato.
Inoltre deve escludersi, salvo diversa, specifica previsione legislativa, che il danno possa avere funzione “ultracompensativa”, in quanto lo stesso ordinamento non consente l’arricchimento ove non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro.

Sulla base di tali considerazioni, i giudici hanno ritenuto che la sentenza impugnata non avesse applicato correttamente i suddetti criteri. Ed infatti la Corte territoriale, nel quantificare il risarcimento, non aveva tenuto conto che la società sarebbe stata tenuta "ab initio" a sopportare un certo costo per il conseguimento di un impianto di riscaldamento confacente alle esigenze dello stabilimento industriale.
Rientravano invece nel danno in senso proprio solo i maggiori costi che la società aveva dovuto sopportare per la progettazione ed esecuzione e poi per l'eliminazione dell'errato intervento ascrivibile alla condotta del professionista, ma non certo la spesa che avrebbe, comunque, dovuto sostenere per garantirsi la "utilitas" avuta di mira, ovvero un impianto di riscaldamento confacente alle caratteristiche del suo stabilimento industriale.

PRINCIPIO DI DIRITTO - In conclusione la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso e rinviando per il riesame della questione alla Corte d’Appello, ha affermato il seguente principio di diritto:
il danno derivante dalla condotta illecita di un professionista, che erri nella progettazione e realizzazione di un “opus”, del quale sia necessario il rifacimento “ex novo”, consiste nei costi sopportati per la realizzazione dello stesso e nella sua eliminazione, ma non pure in quelli che sarebbero occorsi, ed occorreranno, per la sua esecuzione a regola d'arte.

Dalla redazione