FAST FIND : FL7104

Flash news del
21/06/2022

Piani di recupero, inapplicabilità della deroga allo strumento attuativo

Il TAR Lazio chiarisce la differenza tra piano particolareggiato e piano di recupero ai fini dell’applicabilità (o meno) della deroga all’obbligo dello strumento attuativo nelle zone completamente urbanizzate.

FATTISPECIE - Nel caso di specie il ricorrente aveva presentato un’istanza di fattibilità urbanistico-edilizia con la quale chiedeva, in relazione a interventi da realizzare su propri fondi ubicati in zona C3R (ovvero zona di recupero ai sensi della L. 47/1985), un parere tecnico sulla obbligatorietà della redazione del piano di recupero per l’intera area (ancora non adottato dal Comune), ovvero la non necessità del medesimo, trattandosi di zona completamente urbanizzata e dotata di infrastrutture primarie e secondarie. Secondo il Comune, in assenza dello strumento in questione, nella zona erano consentiti solo interventi di ristrutturazione e non di nuova costruzione come quello in contestazione.

Il TAR Lazio-Roma, con la sentenza 12/05/2022, n. 5917, ha dato ragione al Comune sulla base delle seguenti considerazioni.

FUNZIONE DEL PIANO DI RECUPERO E DIFFERENZE DAL PIANO PARTICOLAREGGIATO - Il piano ha la funzione di dare concreta attuazione alla variante diretta al “recupero urbanistico” di un’area, allo scopo di garantire:
- la sufficiente e adeguata dotazione di opere di urbanizzazione (primaria e secondaria),
- la compatibilità degli interventi abusivi con eventuali vincoli di varia natura esistenti nel territorio,
- nonché la possibilità di un razionale inserimento dei singoli insediamenti nel territorio e nel contesto urbano.
Il piano di recupero è dunque uno strumento pianificatorio attuativo che assolve ad una funzione “riparatoria” del tessuto urbano, fronteggiando una situazione creatasi in via di fatto e tenendo conto, oltre alla esigenza di recupero dei nuclei abusivi, anche delle generali esigenze di pianificazione del territorio comunale.

Pertanto, a differenza del piano particolareggiato, il piano di recupero è finalizzato piuttosto che alla complessiva trasformazione del territorio, al recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente con interventi rivolti alla conservazione, ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso.
In particolare, lo stesso costituisce lo strumento individuato dal legislatore per attuare il riequilibrio urbanistico delle aree mediante il "recupero fisico" degli edifici, ma collocandolo in operazioni di più ampio respiro su scala urbanistica, in quanto mirate alla rivitalizzazione di un particolare comprensorio urbano.

INAPPLICABILITÀ DELLA DEROGA ALLO STRUMENTO ATTUATIVO - Ciò posto i giudici hanno ricordato che, in termini generali, il rilascio del permesso di costruire in assenza dello strumento urbanistico attuativo rappresenta una deroga eccezionale alla regola generale e imperativa, scolpita dall’art. 9 del D.P.R. 380/2001, secondo cui il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che si sia concluso il procedimento per la adozione dello strumento urbanistico attuativo e che lo stesso sia divenuto perfetto ed efficace, deroga la cui applicazione è subordinata al ricorrere di stringenti e rigorosi presupposti, tra i quali la presenza, nell’area da edificare, di tutte le opere di urbanizzazione (primaria e secondaria) previste dagli strumenti urbanistici.

Tale deroga, secondo il TAR, non è applicabile al caso del piano di recupero proprio in considerazione del fatto che la zona interessata dallo strumento, in quanto già compromessa sotto l’aspetto urbanistico, ambientale e paesistico, necessita di interventi di riqualificazione ambientale e paesistica generale.
Sul punto è stato specificato che il piano di recupero può essere effettuato anche in zone di completa edificazione, posto che la previsione dello stesso mira proprio a far sì che tutte le modifiche della zona individuata si ispirino a criteri omogenei e a una ordinata modifica dell'assetto del territorio, per migliorare la vivibilità degli abitanti e per evitare uno sviluppo incontrollato in assenza di regole volte al miglioramento dell’area. L’esistenza di una edificazione disomogenea non solo giustifica la previsione urbanistica che subordina la modifica dei luoghi alla emanazione del piano di recupero, ma impone che questo piano vi sia e sia concretamente attuato, per restituire ordine all’abitato e riorganizzare il disegno urbanistico di completamento della zona.

CONCLUSIONI - In conclusione i giudici hanno ribadito il principio secondo cui in presenza di un’area degradata da riorganizzare urbanisticamente e qualificare ambientalmente e paesisticamente, recuperando le superfici minime previste dal D.M. 1444/1968, il piano di recupero si pone a presidio di uno sviluppo programmato del territorio (non assolvendo la sola funzione di recupero edilizio di compendi immobiliari fatiscenti), con la conseguenza che fino alla approvazione del piano di recupero è radicalmente vietato ogni ulteriore consumo di suolo.

Sul tema si veda anche la Nota Necessità del piano attuativo e permesso di costruire in zone urbanizzate e la Nota Lotto intercluso: il piano attuativo non è necessario ai fini del rilascio del titolo edilizio .

Dalla redazione