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12/04/2022

Beni culturali, il divieto di avvalimento non si estende al subappalto

Sono legittime le norme del Codice dei contratti pubblici che non vietano l’utilizzo del subappalto nel settore dei beni culturali.

La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità degli artt. 105 e 146 del D. Leg.vo 50/2016 in un giudizio promosso dal TAR Molise secondo il quale, a fronte del divieto previsto dall’art. 146, comma 3, D. Leg.vo 50/2016 di utilizzare l’avvalimento nelle gare che interessano i beni culturali, risulterebbe irragionevole la mancata estensione di un analogo divieto al subappalto.

La Corte ha ritenuto non fondata la questione, in base alla diversità di disciplina dell’avvalimento rispetto al subappalto e specificatamente alla ratio della norma che dispone il divieto di fare ricorso a tale istituto nel settore dei beni culturali (art. 146, cit.).

CARATTERISTICHE DELL’AVVALIMENTO - L’avvalimento consente a un soggetto privo di taluni requisiti prescritti per la partecipazione a una gara, di avvalersi di quelli posseduti da un altro operatore (l’ausiliario), il quale - tramite contratto - li mette a disposizione del concorrente (l’avvalente) per tutta la durata dell’appalto.
L’avvalimento quindi permette temporaneamente di operare un’integrazione dell’azienda aggiudicatrice con i mezzi, i beni o le competenze professionali messi a disposizione dall’ausiliario, che sono indispensabili alla stessa partecipazione alla gara.
Quanto alla fase esecutiva dell’appalto, il codice dei contratti pubblici non prescrive, almeno in generale, che la prestazione da eseguire con le risorse offerte dall’ausiliario debba essere necessariamente effettuata da quest’ultimo, ferma restando la facoltà dell’aggiudicatario di stipulare con l’ausiliario anche un contratto di subappalto.
In sostanza, non viene assicurata l'esecuzione diretta dei lavori ad opera del soggetto che sia effettivamente in possesso dei requisiti richiesti per l'appalto.

FINALITÀ DEL DIVIETO - Dalla mancanza di una generalizzata garanzia di esecuzione della prestazione da parte dell’ausiliario, emerge la ragione del divieto previsto all’art. 146, comma 3, D. Leg.vo 50/2016 di utilizzo dell'avvalimento nel settore dei beni culturali. La ratio della norma (e quindi del divieto) è infatti quella di assicurare che i lavori vengano direttamente eseguiti da chi abbia la specifica qualificazione richiesta, nonché mezzi e risorse necessari a preservare una tale categoria di beni.

AVVALIMENTO E SUBAPPALTO, DIFFERENZE - Ciò posto la Corte ha ritenuto che il subappalto, pur condividendo con l’avvalimento taluni caratteri e finalità, a partire dal favor partecipationis, si connota per una disciplina che, invece, garantisce la tutela dei beni culturali, ove siano oggetto del contratto.
Ed infatti il subappalto si distingue dall’avvalimento principalmente per due aspetti:
- innanzitutto, il subappalto, quando non sia affidato all’ausiliario e, dunque, non risulti abbinato all’istituto dell’avvalimento, presuppone che l'impresa abbia i requisiti per partecipare alla gara;
- in secondo luogo, il tipo contrattuale del subappalto presenta, quali obbligazioni tipiche, il compimento con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro (art. 1655 del codice civile). In sostanza, l'esecuzione dei lavori in proprio, effettuata in maniera autonoma rispetto al subcommittente, rietra tra le obbligazioni tipiche del subappalto, cui, viceversa, risulta in toto estranea l’obbligazione a prestare unicamente requisiti.

L’elemento comunque decisivo è che - in base alla disciplina del subappalto relativo ai beni culturali - soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sè assicura loro una effettiva e adeguata tutela.

CONCLUSIONI - Sulla base della diversità della disciplina dei due istituti è stata respinta la censura di irragionevolezza, in quanto il subappalto non condivide con l’avvalimento la ratio della norma censurata, riferibile all'esigenza di tutelare i beni culturali. Senza una giustificazione riconducibile alla protezione dei citati beni, non soltanto la mancanza del divieto di subappalto non contrasta con gli artt. 3 e 9 Cost., ma, al contrario, l’eventuale previsione del divieto di subappalto potrebbe tradursi in una compressione del principio della concorrenza.

In conclusione, in linea con il costante indirizzo della stessa Corte che non ravvisa una violazione del principio di eguaglianza quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili, le questioni di legittimità costituzionale sono state ritenute infondate.

Dalla redazione