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07/05/2019

Responsabilità del proprietario non committente: presupposti e necessità della prova

La Corte di Cassazione ribadisce che la prova della responsabilità del proprietario non committente delle opere abusive non può essere desunta esclusivamente dalla sua qualità di proprietario del suolo, ma necessita di elementi di prova indiziaria della sua partecipazione, anche morale, alla realizzazione delle opere.

FATTISPECIE
La Corte d'appello di Messina aveva confermato la condanna inflitta ai ricorrenti per i reati di cui alla lett. c), dell'art. 44, comma 1, del D. P.R. 06/06/2001, n. 380, agli artt. 93 e 94, del D.P.R. 380/2001, ed all'art. 181, comma 1-bis, del D. Leg.vo 22/01/2004, n. 42, per avere realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un fabbricato ad un piano fuori terra del complessivo volume di 360 mc. ed una tettoia con copertura in legno e sostegni in cemento armato delle dimensioni di circa 40 mq. senza permesso di costruire ed autorizzazione paesaggistica ed in violazione delle prescrizioni stabilite per i lavori da effettuarsi in zona sismica.

La sentenza di appello è stata impugnata (anche) relativamente alla condanna della ricorrente, ritenuta corresponsabile quale mera proprietaria del terreno, nonostante l'assenza di prova di un suo contributo concorsuale materiale o morale all'attività illecita contestata anche al figlio, autore dell'abuso.

CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
In proposito, la Suprema Corte ricorda l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza che aveva visto contrapporsi due diversi orientamenti:
- secondo una prima tesi, il proprietario che, essendo consapevole che sul suo terreno viene eseguita da un terzo un'opera abusiva e potendo intervenire, deliberatamente se ne astiene, realizzerebbe una condotta omissiva che renderebbe possibile la commissione dell'abuso, il quale, quindi, sarebbe conseguenza diretta anche della sua omissione;
- secondo un opposto orientamento, invece, il proprietario di un'area su cui viene realizzata una costruzione abusiva, il quale sia rimasto estraneo alla relativa attività edificatoria, non ha - perché non impostogli da alcuna norma di legge - l'obbligo giuridico di impedire o di denunciare l'attività illecita di costruzione abusiva posta in essere da altri su detta area.

La Corte di Cassazione ritiene che la seconda impostazione, divenuta largamente maggioritaria nella giurisprudenza di legittimità, sia condivisibile, poiché l'inerzia di chi non rivesta una posizione di garanzia ai sensi dell'art. 29, del D.P.R. 380/2001 non ha rilievo penale.
Secondo la Sent. C. Cass. pen. 09/04/2019, n. 15510 la vera natura di tale ultima disposizione è quella di estendere la responsabilità penale delle figure indicate nel caso di omesso controllo anche sulla condotta altrui, circa la conformità delle opere ai parametri di legalità sostanziale contenuti nel titolo, negli strumenti urbanistici e nelle disposizioni di legge. Tale forma di responsabilità non può dunque essere ascritta a soggetti diversi da quelli indicati nell'art. 29 del D.P.R. 380/2001, e quindi non può riguardare il (com)proprietario dell'immobile sul quale si eseguono i lavori abusivi che resti del tutto inerte rispetto all'altrui condotta illecita.

Tuttavia, tale conclusione non esclude la possibile responsabilità penale del proprietario che - pur non essendo committente, costruttore o titolare del permesso di costruire (né direttore dei lavori) - fornisca qualche contributo, materiale o anche soltanto morale, all'attività di illecita trasformazione del territorio posta in essere direttamente da terzi.
Per dimostrare la sussistenza della responsabilità concorsuale del proprietario, si ritengono però necessari degli elementi sintomatici della compartecipazione del proprietario, anche morale, alla realizzazione del manufatto. In particolare, la responsabilità del proprietario può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria, ricavabili dalla presentazione della domanda di condono edilizio, dalla piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo, dall'interesse specifico ad edificare la nuova costruzione, dai rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, dalla presenza di quest'ultimo in loco e dallo svolgimento di attività di vigilanza nell'esecuzione dei lavori o dal regime patrimoniale dei coniugi.

Sulla base di tali principi la Sent. C. Cass. pen. 09/04/2019, n. 15510 ha annullato la sentenza di appello poiché ha ritenuto che la motivazione non soddisfacesse i requisiti richiesti dalla giurisprudenza e sostanzialmente ricavasse la prova della responsabilità della ricorrente dalla sua mera qualità di proprietaria del terreno e dal legame di stretta parentela con il committente.
 

Dalla redazione