Osservatorio sul contenzioso negli appalti privati del 28/10/2025 | Bollettino di Legislazione Tecnica
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28/10/2025

Osservatorio sul contenzioso negli appalti privati del 28/10/2025

A cura dell’Avv. Maurizio Tarantino. Inadempimento contrattuale per ritardo nell’esecuzione dei lavori - Sospensione dei lavori dovuta al mancato pagamento dei SAL - Responsabilità direttore lavori e impresa in caso di esito negativo della pratica edilizia - Responsabilità del venditore per infiltrazioni causate dai lavori dell’appaltatore.

APPALTI PRIVATI VIZI DELL’OPERA RESPONSABILITÀ DIRETTORE LAVORI - L’osservatorio evidenzia le novità della giurisprudenza di merito. Uno strumento per comprendere le dinamiche del contratto di appalto privato, che evidenzia le insidie del contenzioso e le responsabilità delle imprese e dei professionisti coinvolti.

INADEMPIMENTO CONTRATTUALE PER RITARDO NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

Il ritardo delle opere della ditta subappaltatrice comporta responsabilità per l’appaltatore?

Oggetto del contratto

Lavori di ristrutturazione nell’appartamento

Fatti di causa

Parte attrice aveva chiesto il riconoscimento del ristoro dei danni patiti a causa dell’inadempimento contrattuale della ditta per avere ritardato, rispetto ai tempi pattuiti in contratto, l’esecuzione dei lavori.

Procedimento

Il committente aveva conferito all’impresa l’incarico di eseguire lavori di ristrutturazione di un appartamento. A seguito dei ritardi, l’attore contestava alla parte convenuta l’abbandonato immotivato del cantiere, nonché il fatto di aver sostenuto ulteriori spese per essere stato costretto a rivolgersi ad altre imprese per il completamento dei lavori.

L’impresa, invece, lamentava di essere stata ingiustificatamente estromessa dal cantiere e, in via riconvenzionale, invocava il ristoro del mancato guadagno, avendo essa dovuto rinunciare ad un altro appalto propostogli nelle more.

Decisione

Gli elementi probatori acquisiti dimostravano che i lavori di ristrutturazione dell’immobile dell’attore non furono definiti nel termine concordato di 120 giorni dall’inizio; l’impresa appaltatrice affidò in subappalto (senza autorizzazione) ad altre ditte l’esecuzione di svariate opere; quest’ultime, realizzarono le opere già trascorso il termine contrattualmente concordato. Vi era prova, poi, che al momento dell’arrivo delle nuove maestranze, furono rinvenuti attrezzature e materiali di cantiere che impedivano l’inizio dei lavori di completamento. In conclusione, è stato accertato l’inadempimento contrattuale e, per l’effetto, la condanna dell’impresa al pagamento del danno di circa 30 mila euro.

(Trib. Palermo 24 ottobre 2025, n. 4161)

Precedenti

In tema di appalto, in caso di omesso completamento dell’opera, e qualora questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme, non può farsi applicazione delle norme in tema di garanzia per vizi e difformità delle opere di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c.. In tal caso, operano i princìpi che disciplinano la responsabilità dell’appaltatore secondo gli artt. 1453 e 1455 c.c. nel caso in cui l’opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o l’appaltatore abbia realizzato l’opera con ritardo o, pur avendo eseguito l’opera, si rifiuti di consegnarla, con esclusione dei termini prescrizionali e di decadenza previsti dalla disciplina della garanzia nell’appalto (Cass. civ. 11 febbraio 2022, n. 4527).

 

SOSPENSIONE DEI LAVORI DOVUTA AL MANCATO PAGAMENTO DEI SAL

La sospensione dei lavori causata dal mancato pagamento del General Contractor nei confronti della subappaltatrice può avere effetti nei confronti del direttore dei lavori?

Oggetto del contratto

Lavori di Superbonus in Condominio

Fatti di causa

Parte attrice aveva chiesto la condanna dell’architetto al fine di farne accertare e dichiarare l’inadempimento contrattuale per la sospensione immotivata del cantiere, in violazione degli obblighi assunti con il contratto per prestazioni professionali, con conseguente condanna al pagamento di una penale per il ritardo nella conclusione dei lavori.

Procedimento

Era stato stipulato un contratto con il General Contractor, nell’interesse della committenza condominiale, della realizzazione delle opere progettualmente previste per il godimento del c.d. Superbonus 110% e Bonus ristrutturazione 50%, assicurandone il coordinamento sino alle fasi di verifica finale/collaudo, comprese le asseverazioni necessarie per l’ottenimento dei benefici fiscali. Quanto alle tempistiche contrattuali, i lavori avevano inspiegabilmente subìto una immotivata sospensione; pertanto, l’attrice ha contestato la mancata specificazione dei motivi giustificativi della sospensione, sostenendo la necessità di una loro precisa indicazione ed addebitando al direttore dei lavori una condotta inadempiente e contraria al proprio dovere di correttezza.

Costituendosi in giudizio, il professionista convenuto (direttore dei lavori) aveva evidenziato che non sussisteva l’inadempimento contrattuale in quanto l’intervenuta sospensione dei lavori ad opera della ditta subappaltatrice, era da ravvisarsi nell’inadempimento del General Contractor rispetto ai doveri economici sullo stesso incombenti.

Decisione

A seguito dell’istruttoria di causa, l’attività svolta dal direttore dei lavori risultava essere pienamente conforme agli obblighi contrattuali sullo stesso incombenti, al quale, per effetto del contratto, era stata riconosciuta piena autonomia tecnica ed organizzativa. Dunque, secondo il giudice, il General Contractor era a conoscenza delle motivazioni sottese alla sospensione dei lavori, consistenti, come provato, nell’inadempimento contrattuale da parte del General Contractor, concretizzatosi nel mancato rispetto dei termini previsti nel contratto con la subappaltatrice per il pagamento dell’attività svolta (entro 60 giorni dall’emissione del SAL), condizione questa non rispettata non soltanto al primo SAL, ma anche con riguardo al secondo SAL Superbonus ed al primo SAL Ristrutturazione, ciò giustificando l’interruzione dei lavori. Quindi, come previsto dalla legge, nei contratti a prestazione corrispettive, ai sensi dell’art. 1460 c.c., l’inadempimento di una parte autorizza l’altra a sospendere l’esecuzione delle proprie obbligazioni. Pertanto, la domanda è stata rigettata.

(Trib. Teramo 20 ottobre 2025, n. 1205)

Precedenti

L’inadempimento relativo al mancato pagamento degli importi dovuti alle scadenze pattuite, giustifica la sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore, per cui, se il committente non paga il residuo corrispettivo, l’appaltatore può rifiutarsi di consegnargli la restante parte dell’opera, alla stregua del principio inadimplenti non est adimplendum, di cui all’art. 1460 c.c.. Si ritiene che, costituendo il pagamento della prestazione la principale obbligazione del rapporto contrattuale, l’inadempimento del committente, consistito nel mancato pagamento del corrispettivo alle scadenze pattuite, assuma i requisiti della gravità e dell’importanza che, tenuto altresì conto del comportamento delle parti e degli obblighi di buona fede sulle stesse gravanti nell’esecuzione del contratto, giustificano la risoluzione dello stesso (Trib. Brindisi 22 aprile 2024, n. 677).

 

RESPONSABILITÀ DIRETTORE LAVORI E IMPRESA IN CASO DI ESITO NEGATIVO DELLA PRATICA EDILIZIA

La pratica edilizia in sanatoria non andata a buon fine comporta responsabilità per la ditta e il direttore dei lavori?

Oggetto del contratto

Lavori di ristrutturazione di un immobile

Fatti di causa

I committenti chiamavano in giudizio l’ingegnere e la società per sentirli condannare, anche in solido, alla restituzione della somma complessivamente versata, visto l’annullamento delle SCIA, nonché per sentir accertare la nullità del contratto di appalto per carenza del titolo abilitativo all’esecuzione delle opere, con condanna dei convenuti anche in solido alla restituzione di tutte le somme pagate dagli attori.

Procedimento

I proprietari dell’immobile avevano fatto eseguire dei lavori di ristrutturazione, affidando l’incarico (comprensivo delle pratiche edilizie) all’ingegnere e alla ditta. Era stata prevista la restituzione di tutti gli importi anticipati ove la pratica edilizia in sanatoria non fosse andata a buon fine; con determinazione dirigenziale erano state annullate le SCIA in sanatoria presentate dall’ingegnere.

Si costituivano tempestivamente i convenuti assumendo che nulla era da loro dovuto agli attori e contestando la fondatezza delle avverse domande, delle quali chiedevano il rigetto.

Decisione

A seguito dell’istruttoria di causa, era emerso che era nota alle parti la circostanza che l’immobile in questione presentava un pregresso abuso edilizio realizzato verosimilmente intorno al 1973 per il quale era stata anche emessa sentenza penale. Nell’affidamento dell’incarico era espressamente previsto che “nel caso la pratica edilizia in sanatoria non andasse a buon fine verranno restituiti tutti gli importi fino a quel momento corrisposti”. Alla luce della previsione contrattuale, gli attori avevano il diritto alla ripetizione di quanto versato. Peraltro, era tenuta alla restituzione la sola società convenuta, alla quale risultavano corrisposte le somme in questione. Quanto al problema del provvedimento di demolizione-ripristino, il giudice ha qualificato la domanda come azione di responsabilità verso il direttore dei lavori e la ditta appaltatrice nell’esecuzione dell’opera commissionata, con relativa richiesta risarcitoria. Sarebbe stato opportuno, quindi, prima di concludere il contratto e dar corso agli interventi di ristrutturazione su tutto l’immobile, attendere l’esito della pratica di sanatoria. Dunque, oltre alla restituzione delle somme, i convenuti sono stati condannati al risarcimento del danno.

(Trib. Roma 21 ottobre 2025, n. 14584)

Precedenti

Trattandosi di opere edilizie, l’appaltatore vìola il dovere di diligenza se non verifica, nei limiti delle comuni regole dell’arte, ad assicurare la buona riuscita della medesima. La maggiore specificazione del contenuto dell’obbligazione non esclude infatti la rilevanza della diligenza come criterio determinativo della prestazione per quanto attiene agli aspetti dell’adempimento, sicché gli specifici criteri posti da particolari norme di settore non solo non valgono a ridurre o limitare la responsabilità dell’appaltatore ma sono per converso da intendersi nel senso che la relativa inosservanza viene a ridondare in termini di colpa grave dell’appaltatore (Cass. civ. 31 maggio 2006, n. 12995).

 

RESPONSABILITÀ DEL VENDITORE PER INFILTRAZIONI CAUSATE DAI LAVORI DELL’APPALTATORE

L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore?

Oggetto del contratto

Ristrutturazione edilizia di immobile acquistato

Fatti di causa

L’attrice ha chiesto accertare la responsabilità dei venditori ex art. 1669 c.c., e conseguentemente condannare i convenuti al risarcimento dei danni subiti, pari ai costi per il ripristino dell’immobile e alle spese di CTU sostenute in sede di ATP.

Procedimento

Parte attrice aveva acquistato l’immobile. A seguito di copiose infiltrazioni, aveva accertato (mediante CTU) che la causa delle stesse era da rinvenirsi nelle opere di rifacimento del tetto, fatte eseguire dai venditori anteriormente alla vendita. Infatti, l’immobile compravenduto era stato oggetto di completa ristrutturazione, a seguito della quale era stato ricavato, anche mediante cambio di pendenza del tetto, totalmente rifatto, un ulteriore piano abitativo.

Secondo i convenuti, invece, i vizi lamentati erano semplici infiltrazioni che non compromettevano in alcun modo la stabilità e la sicurezza dell’immobile e pertanto non potevano essere qualificati ai sensi dell’art. 1669 c.c. come “rovina o gravi difetti di cose immobili”. Inoltre, i medesimi non potevano essere considerati costruttori venditori, in quanto avevano eseguito soltanto una modesta ristrutturazione dell’unità abitativa, nient’affatto completa o radicale.

Decisione

Secondo il Tribunale, i vizi prospettati dall’attrice, e poi riscontrati in sede di CTU, erano senz’altro da ricomprendere nell’alveo applicativo dell’art. 1669 c.c. Invero, la CTU aveva riscontrato “problemi infiltrativi importanti nel soggiorno al piano quarto”, “il forte degrado della muratura perimetrale di sud ovest” e, infine, uguali degradi erano presenti anche nel lato esterno della muratura e in corrispondenza della bucatura del solaio di pavimento.

Ne discendeva la sussunzione nell’ambito della fattispecie di responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c.. Invero, quanto alle responsabilità, l’azione in esame (art. 1669 c.c.), nonostante la collocazione della norma tra quelle in materia di appalto, a parere del giudice, può essere esercitata, in ragione della sua natura extracontrattuale, non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente nei confronti del venditore che risulti fornito della competenza tecnica per dare direttamente, o tramite il proprio direttore dei lavori, indicazioni specifiche all’appaltatore esecutore dell’opera, ed abbia perciò esercitato un potere di direttiva o di controllo sull’impresa appaltatrice, tale da rendergli addebitabile l’evento dannoso. In conclusione, i convenuti sono stati condannati a rispondere dei danni subìti dall’attrice.

(Trib. Savona 20 ottobre 2025, n. 601)

Precedenti

L’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, di cui all’art. 1669 c.c., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che, prima della vendita, abbia fatto eseguire sull’immobile ad un appaltatore, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, opere di ristrutturazione edilizia o interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti (Cass. civ. 28 luglio 2017, n. 18891).

 

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