Annullamento titolo edilizio e fiscalizzazione: presupposti e limiti applicativi | Bollettino di Legislazione Tecnica
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13/10/2025

Annullamento titolo edilizio e fiscalizzazione: presupposti e limiti applicativi

Il Consiglio di Stato ribadisce che la fiscalizzazione ex art. 38, D.P.R. 380/2001 è ammissibile solo in presenza di oggettiva impossibilità tecnico-costruttiva della demolizione, restando esclusa nei casi di abusi totali, vizi sostanziali del titolo edilizio o danni arrecati alla stessa proprietà dell’autore dell’illecito.

ANNULLAMENTO PERMESSO DI COSTRUIRE FISCALIZZAZIONE - L’art. 38, D.P.R. 380/2001 disciplina gli effetti sugli interventi edilizi oggetto del permesso di costruire annullato, prevedendo che qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente Ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'Agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. L'integrale corresponsione della sanzione irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'art. 36, D.P.R. 380/2001, istituto che comunemente si definisce come “fiscalizzazione dell’abuso”.

CONDIZIONI PER L’APPLICABILITÀ DELLA FISCALIZZAZIONE - La norma riguarda dunque le ipotesi in cui le opere siano state realizzate in presenza di un titolo edilizio successivamente annullato dall’amministrazione o in sede giurisdizionale, e prevede la possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria:
- qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative e
- qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.

NATURA DELL’IMPOSSIBILITÀ E LIMITI ALL'APPLICAZIONE DELLA FISCALIZZAZIONE - Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, C. Stato 19/09/2025, n. 7413 ha chiarito che l'impossibilità di riduzione in pristino deve essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; in caso contrario, l’art. 38 D.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo di fatto sanatorie ex officio di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario.

La natura dell’impossibilità, in quanto riferita ad aspetti di ordine tecnico-costruttivo:
- esclude che essa possa essere rinvenuta nella temporanea indisponibilità dell'ente alla demolizione di ufficio (per ragioni finanziarie o altro);
- non può essere ravvisata nella circostanza che, per effetto della demolizione, si provocherebbe danno o pregiudizio alla restante costruzione di proprietà dell’autore dell’illecito (preesistente o legittimamente assentita).
Difatti, la commissione dell’illecito non esclude, per principio generale, che l’autore si faccia carico di tutte le conseguenze della propria condotta, ivi compresi i pregiudizi arrecati per effetto della doverosa attività di restituzione in pristino.
Poiché, si legge nella sentenza, è difficile ipotizzare una demolizione che non comporti alcun danno a parti adiacenti o collegate dell’immobile, riconoscere l’impossibilità nella sola presenza di tali danni equivarrebbe a svuotare di significato la demolizione come sanzione ordinaria, trasformando di fatto la fiscalizzazione in una forma di condono oneroso, estranea all’ordinamento.
L’impossibilità di restituzione in pristino deve, quindi, essere individuata nei soli (eventuali) casi in cui la demolizione risulti tecnicamente impossibile:
- ovvero laddove la stessa esponga a pericolo, non altrimenti ovviabile, la pubblica o privata incolumità;
- ovvero ancora nei casi in cui la demolizione comporti danni ingenti a terzi ed il risarcimento di questi risulti eccessivamente oneroso.
L’impossibilità tecnico-costruttiva non può quindi essere ravvisata nel potenziale danno o pregiudizio alla restante costruzione di proprietà dell’autore dell’illecito e, a maggior ragione, nel caso di immobile totalmente abusivo.

IMMOBILE TOTALEMENTE ABUSIVO - Nel caso di specie si trattava di un fabbricato realizzato a seguito della demolizione di un preesistente edificio. Tuttavia, la nuova edificazione non costituiva una ristrutturazione, risultando integralmente abusiva. Secondo il Consiglio, in una simile ipotesi non vi è alcuno spazio per l’applicazione dell’istituto della fiscalizzazione, non sussistendo - neppure in astratto - la possibilità che la demolizione della nuova opera possa arrecare danni sproporzionati a opere legittime. La nuova costruzione, infatti, avrebbe dovuto riprodurre fedelmente quella preesistente, conformandosi integralmente ad essa. Poiché ciò non era avvenuto, il titolo edilizio era da considerarsi del tutto illegittimo, in quanto rilasciato in assenza dei presupposti di legge.
In sostanza, secondo il Consiglio, la valutazione sull'impossibilità di procedere alla demolizione è esclusa quando la violazione investa un intero fabbricato, posto che in tal caso non esiste una parte legittimamente realizzata da tutelare.

ESCLUSIONE DELL’APPLICAZIONE DELL’ART. 38 PER VIZI SOSTANZIALI - Infine, è stato evidenziato come l’art. 38 del D.P.R. 380/2001 non trova applicazione quando il titolo edilizio sia stato annullato non per meri vizi formali o procedurali, bensì per vizi sostanziali. In tali casi, infatti, non si tratta di sanare un vizio dell’iter amministrativo, bensì di un intervento edilizio in contrasto con norme sostanziali dell’ordinamento (v. C. Stato, Ad. Plen. 07/09/2020, n. 17  e la Nota: Annullamento del permesso di costruire: l’Adunanza plenaria chiarisce i limiti di sanabilità dell’abuso).

Dalla redazione