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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Ascensore esterno non condominiale, limiti di distanza dalle vedute
ASCENSORE ESTERNO NORMATIVA SULLE DISTANZE - Nel caso di specie il ricorrente lamentava la turbativa derivante dall’installazione di un ascensore esterno a servizio di una palazzina adiacente. In particolare, lamentava la lesione del suo possesso del diritto di veduta tutelato dall’art. 907 c.c. Secondo i giudici territoriali si trattava di un mero volume tecnico (e non di una nuova costruzione), come tale escluso dall’obbligo di rispettare la normativa delle distanze.
In proposito C. Cass. civ. 06/05/2025, n. 11930 ha ricordato che in tema di tutela delle vedute, il divieto di costruire a distanza inferiore a tre metri da una preesistente veduta, stabilito dall'art. 907 c.c. a salvaguardia di tale diritto, riguarda in genere una "fabbrica" realizzata a distanza inferiore da quella prevista dalla legge, di qualsiasi materiale e forma, idonea ad ostacolare stabilmente l'esercizio della inspectio e della prospectio sui fondi finitimi. Rientra nel concetto di “fabbrica” qualsiasi manufatto concretamente idoneo a limitare il diritto predetto.
La Corte d’Appello aveva quindi errato ad applicare le norme e le nozioni valevoli in tema di distanze tra costruzioni ex art. 873 e ss. c.c. laddove aveva ritenuto che il manufatto, realizzato all’esterno del palazzo, destinato ad ospitare la cabina dell’ascensore potesse essere considerato sub specie di volume tecnico.
Inoltre, non poteva neanche applicarsi l’art. 3 della L. 13/1989, secondo cui le opere destinate all’eliminazione delle barriere architettoniche (tra cui rientra l’installazione di un ascensore) “possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati”.
Secondo la Corte, le opere a cui fa riferimento l'art. 3, comma 1, cit. sono solo quelle necessarie a rimuovere le barriere architettoniche all'interno di edifici condominiali, essendo le disposizioni menzionate finalizzate ad impedire che l'inerzia od il rifiuto degli altri condomini comportino un danno per il soggetto con difficoltà di deambulazione. Tale normativa è dunque riservata all’ipotesi in cui l’opera da realizzare per abbattere le barriere architettoniche sia collocata in un contesto condominiale e a condizione che, tra di essa ed il bene di proprietà individuale, sia interposto uno spazio o area di proprietà comune.
In sostanza, la deroga opera solo in ambito condominiale e non ove vengano in rilievo rapporti fra edifici distinti appartenenti a proprietà separate, ovvero non vi sia uno spazio di proprietà o uso comune tra fondi finitimi. La Corte ha quindi accolto i motivi di ricorso, con rinvio per una nuova valutazione alla Corte d'Appello.
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