La sanatoria strutturale di tolleranze e difformità | Bollettino di Legislazione Tecnica
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Ultimo aggiornamento
04/07/2025

La sanatoria strutturale di tolleranze e difformità

A cura di:
  • Dino de Paolis
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LA SANATORIA STRUTTURALE PRIMA DEL DECRETO SALVA CASA

Nell’ordinamento previgente al D.L. 69/2024, il controllo esercitato dall’amministrazione competente per gli interventi in zone sismiche è costruito dal legislatore in maniera preventiva, come si ricava da una serie di indici testuali contenuti nelle norme di riferimento:

* l’art. 65, D.P.R. 380/2001 prevede che le opere siano denunciate “prima del loro inizio”;

* l’art. 93, D.P.R. 380/2001, a sua volta, impone a chiunque intenda procedere ad interventi nelle zone sismiche, di darne “preavviso” scritto allo sportello unico, che provvederà alla trasmissione al competente Ufficio tecnico regionale;

* il successivo art. 94, D.P.R. 380/2001, infine, si riferisce ad una “preventiva autorizzazione”, sicché la procedura deve essere inequivocabilmente completata prima dell’esecuzione dell’intervento, nel rispetto delle formalità richieste.

Diversamente da quanto previsto per la costruzione di opere in assenza del permesso di costruire, pertanto, la disciplina antisismica non contempla una sanatoria o autorizzazione postuma per gli interventi eseguiti senza titolo o in difformità dallo stesso.

Manca in definitiva un procedimento che consenta all’interessato di richiedere un’autorizzazione (o procedere a una denuncia) postuma, in quanto il D.P.R. 380/2001 non contempla espressamente alcuna procedura di sanatoria c.d. “strutturale”, ovvero riferita alla mancata denuncia preventiva o alla mancata richiesta di autorizzazione sismica.


Poiché l’autorizzazione sismica costituisce il presupposto del titolo edilizio, la mancanza della stessa necessariamente incide sulla procedura per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, D.P.R. 380/2001. Sulla questione sono sorti orientamenti giurisprudenziali diversi:

* vi è da un lato, una posizione più radicale che sembra escludere in ogni caso la possibilità dell’autorizzazione postuma N1;

* altre pronunce propendono invece per la possibilità, a determinate condizioni, di una regolarizzazione ad intervento eseguito, ammettendo la sanatoria sul presupposto di una doppia conformità anche dal punto di vista del rispetto della normativa antisismica.

Secondo quest’ultimo orientamento (più permissivo), dunque, sarebbe possibile il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria per opere realizzate in zona sismica ponendo rimedio all’originaria mancanza del nulla osta sismico attraverso una valutazione postuma della conformità dell’intervento eseguito alla specifica disciplina antisismica vigente all’epoca della sua realizzazione ed al momento in cui essa avviene.

D’altro canto, l’orientamento che propende per la possibilità di ammettere la sanatoria strutturale prende le mosse dalla nota sentenza Corte Cost. 29/05/2013, n. 101, secondo la quale non possono considerarsi legittime le costruzioni, o loro parti, che non risultino conformi alla normativa tecnica per le costruzioni vigente sia al momento della realizzazione che della richiesta di sanatoria (c.d. “doppia conformità strutturale”). Negare tale possibilità significherebbe di fatto impedire ogni operatività alla sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001.

A tale annosa questione ha tentato in parte di porre rimedio l’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001, comma 3-bis (introdotto dal D.L. 69/2024, c.d. “Decreto Salva Casa”, convertito in legge dalla L. 105/2024), che verrà esaminato di seguito.



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LA SANATORIA STRUTTURALE INTRODOTTA DAL DECRETO SALVA CASA
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Ambito di applicazione
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Ubicazione dell’immobile e zone sismiche

L’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001, comma 3-bis, ha infatti stabilito che - per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità N2 - il tecnico è chiamato ad attestare che gli interventi nei quali sono state realizzate difformità rientranti nelle tolleranze rispettino le prescrizioni in materia di costruzioni in zone sismiche.

Seppure la norma indichi che l’attestazione di conformità vada riferita alle norme tecniche vigenti al momento di realizzazione dell’intervento, non è risultato chiaro se fosse l’ubicazione attuale in zona sismica, o quella del momento di realizzazione dell’intervento, a far scattare la necessità della procedura di sanatoria strutturale qui in argomento. Tuttavia, sembra più logico ritenere che anche per stabilire se l’edificio oggetto di intervento sia o meno ubicato in zona sismica, è necessario fare riferimento alla zonazione vigente all’epoca della costruzione dell’immobile oggetto di sanatoria. Non è infatti logico e razionale, né concretamente attuabile, disporre il rispetto di norme tecniche datate, in quanto vigenti all’epoca di realizzazione dell’intervento, valutando però la classificazione sismica del momento attuale. In tal senso sembrano andare anche le interpretazioni e le norme di prassi delle regioni (ad esempio Nota R. Veneto 28/11/2024, n. 605513).


Quanto sopra può chiaramente far emergere situazioni potenzialmente critiche. Infatti, si pensi ad esempio al caso di un intervento realizzato in zona che - all’epoca dei lavori - non risultava classificata come sismica, ma che adesso è risulti classificata in zona ad alta sismicità. In questi casi, la valutazione di una sanatoria sulla base delle norme tecniche vigenti all’epoca potrebbe rendere legittimo un edificio che tuttavia risulti potenzialmente pericoloso per la pubblica incolumità.

In tal caso, il rimedio sembra possa essere costituito dal ricorso alla disposizione di cui al comma 2 dell’art. 36-bis, D.P.R. 380/2001 (anch’esso introdotto dal D.L. 69/2024). Tale comma dispone che - in sede di esame delle richieste - lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento di sanatoria alla realizzazione - entro un termine assegnato - di interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate. In tal caso il titolo sarà rilasciato subordinatamente all’attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, di tali interventi.

Stante il testo della disposizione, gli interventi da eseguire per conformare l’opera e ottenere quindi la sanatoria, possono prevedere, al contempo:

* la realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza;

* la rimozione delle opere che non possono essere sanate.

Pertanto, qualora emergessero criticità nel senso sopra evidenziato, si potrà fare ricorso a tale strumento legislativo. Sembra altresì che la soluzione più logica e razionale sia che lo stesso professionista che presenta la pratica suggerisca e proponga i più opportuni interventi atti a risolvere tali criticità.

È altresì importante dare un corretto contorno a questo potere da parte dello sportello unico di condizionare la sanatoria ad eventuali interventi. Infatti, se non correttamente regolamentata, questa facoltà rischia di far tornare di fatto vigente una doppia conformità completa per l’edilizia, qualora l’ufficio prescriva interventi finalizzati a conformare l’intervento a norme edilizie. Occorre pertanto che tali prescrizioni rientrino negli stretti (e motivati) termini in cui vi sia un’effettiva esigenza di sicurezza imprescindibile N3.


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Pratiche edilizie interessate

La nuova sanatoria strutturale, inserite nel comma 3-bis dell’art. 34-bis, fa riferimento alle tolleranze di cui all’art. 34-bis medesimo; tuttavia:

* l’art. 36-bis del D.P.R. 380/2001, comma 3-bis, ne richiama la disciplina in riferimento alla sanatoria per gli interventi in parziale difformità, con variazioni essenziali, in assenza o difformità da SCIA;

* l’art. 34-ter del D.P.R. 380/2001, comma 4, rinvia all’applicazione del regime delle tolleranze anche per le parziali difformità realizzate durante lavori oggetto di un titolo abilitativo accertate all’esito di sopralluogo con successivo rilascio dell’agibilità.

Pertanto, l’ambito applicativo della procedura è il seguente:

A) tolleranze costruttive (commi 1 e 1-bis, art. 34-bis);

B) tolleranze esecutive (commi 2 e 2-bis, art. 34-bis);

C) interventi eseguiti con variazioni essenziali oppure in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa, oppure in assenza o difformità dalla SCIA semplice (art. 36-bis);

D) parziali difformità tollerate in sede di agibilità (art. 34-ter, comma 4).

Si tratta in altri termini di opere eseguite:

* con variazioni essenziali rispetto al titolo edilizio;

* in parziale difformità rispetto al titolo edilizio;

* in difformità dalla SCIA;

* in assenza della SCIA;

* con difformità rientranti nel regime delle tolleranze costruttive di cui ai commi 1 e 1-bis dell’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001;

* con difformità rientranti nel regime delle tolleranze esecutive di cui ai commi 2 e 2-bis dell’art. 34-bis del D.P.R. 380/2001;

* con parziali difformità accertate dai funzionari incaricati e successivo rilascio della certificazione di abitabilità o di agibilità, ai sensi dell’art. 34-ter, comma 4, del D.P.R. 380/2001.

Per approfondire le tematiche delle tolleranze nonché delle variazioni e difformità:


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Esclusioni

Rimarrebbe non coperta dalla suddettasanatoria strutturale” unicamente la fattispecie di cui all’art. 36 del D.P.R. 380/2001, riferita alle ipotesi di ipotesi di assenza di titolo o totale difformità, che formalmente continua a non essere disciplinata.

L’aver disciplinato un apposito procedimento per le fattispecie sopra elencate potrebbe anzi rafforzare la posizione intransigente, secondo la quale per la sanatoria di abusi “maggiori” (art. 36 del D.P.R. 380/2001) va esclusa ogni possibilità di sanatoria strutturale, come sopra illustrato.

Depone in tal senso anche la nuova modulistica edilizia aggiornata al D.L. 69/2024 (adottata con Accordo in Conf. Unificata 27/03/2025, n. 35/CU), la quale (con riferimento al modello per la richiesta di permesso di costruire) propone la sezione relativa alla sanatoria strutturale solo in coincidenza con i punti relativi alle tolleranze nonché alle sanatorie previste dall’art. 36-bis del D.P.R. 380/2001, non invece con riferimento a quelle di cui all’art. 36 del D.P.R. 380/2001 non sembra fare distinzioni a tale proposito (punto X.2 - vedi anche in proposito il Bollettino n. 4/2025).


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Aspetti procedurali

La procedura prevede che il tecnico è chiamato ad eseguire, in sanatoria, la pratica necessaria nel rispetto delle norme per le opere strutturali e in zona sismica, a seconda del tipo di opere realizzate in difformità:

* l’autorizzazione sismica, in caso di interventi rilevanti ai fini della pubblica incolumità (comma 1, lettera a, art. 94-bis del D.P.R. 380/2001);

* il deposito del progetto, in caso di interventi di minore rilevanza ai fini della pubblica incolumità (comma 1, lettera b, art. 94-bis del D.P.R. 380/2001);

* l’eventuale documentazione prevista a livello regionale per gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità (comma 1, lettera c, art. 94-bis del D.P.R. 380/2001).

All’esito positivo della procedura sopra menzionata, il tecnico trasmetterà al SUE l’attestazione - riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell’intervento - corredata della dichiarazione relativa alle tolleranze di cui al comma 3, art. 34-bis del D.P.R. 380/2001, ai fini dello stato legittimo dell’immobile, e allegando:

* la documentazione progettuale minima riferita all’intervento, come individuata dalla regione in base al disposto del comma 3, art. 93 del D.P.R. 380/2001;

* l’autorizzazione sismica o l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione stessa (30 giorni in base al disposto del comma 2, art. 94 del D.P.R. 380/2001);

* oppure, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

La procedura può essere pertanto riassunta secondo i passaggi evidenziati nella figura qui di seguito.



Quanto alla documentazione progettuale minima determinata dal competente ufficio tecnico della regione, ai sensi dell’art. 93 del D.P.R. 380/2001, comma 3, essa generalmente prevede i seguenti elaborati:

* progetto architettonico;

* progetto strutturale;

* particolari esecutivi delle strutture;

* relazione tecnica illustrativa sulle scelte progettuali e le verifiche condotte;

* relazione geologica;

* relazione geotecnica e sulle fondazioni.


Nel caso in cui, invece, la pratica non abbia esito positivo, vi sono due possibilità:

1) fare ricorso alla procedura di sanatoria edilizia “condizionata”, di cui all’art. 36-bis del D.P.R. 380/2001, comma 2, che la disciplina in questione - come visto - richiama espressamente (vedi le considerazioni svolte in precedenza);

2) procedere alla remissione in pristino (demolizione) delle opere non adeguate e sismicamente non sanabili.


A proposito degli aspetti procedurali, le linee guida del MIT di gennaio 2025 (vedi punto D3.3.2) hanno chiarito che la disposizione regolamenta un procedimento autonomo e speciale, differente da quelli previsti nella sezione II del capo IV della parte II del Testo unico. Infatti, la disposizione è relativa ad interventi già realizzati e, come già spiegato, è semplicemente finalizzata ad effettuare le verifiche che assicurino il rispetto delle prescrizioni in materia sismica e, quindi, l’assenza di rischi per la sicurezza e l’incolumità derivanti dalle opere rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 34-bis.

Il rinvio operato dalla disposizione alle previsioni contenute nel capo IV non può, quindi, intendersi come integrale sottoposizione della specifica disciplina dettata dall’articolo 34-bis, comma 3-bis, alle regole contenute nel medesimo capo IV della parte II del Testo unico. Ciò in quanto si è rinviato a specifiche disposizioni contenute in tale capo e per precise finalità funzionali al procedimento di regolarizzazione previsto. In particolare, il legislatore ha rinviato:

a) all’articolo 83, al solo fine di individuare il perimetro applicativo dell’istituto, escludendo, tra l’altro, le zone a bassa sismicità;

b) alle prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV, al solo fine di rinviare alle prescrizioni tecniche valevoli nelle zone sismiche, riferite, tra l’altro, alle sole prescrizioni esistenti al momento della realizzazione dell’intervento;

c) all’articolo 93, comma 3, al solo fine di indicare il contenuto della documentazione tecnica da allegare;

d) agli articoli 94 e 94-bis, al solo fine di consentire quelle verifiche sul rispetto delle prescrizioni sismiche da parte degli enti competenti.

La specificità del procedimento e l’assenza di un integrale richiamo alle previsioni racchiuse nel capo IV conduce ad escludere che, in relazione al procedimento di cui all’art. 34-bis, comma 3-bis, possa venire in rilievo una violazione delle prescrizioni del capo IV, che è presupposto per l’applicazione delle regole di cui alla sezione III, tra cui quelle contenute nell’articolo 96. Pertanto, a titolo esemplificativo, deve escludersi che l’applicazione del procedimento di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis, comporti la trasmissione del verbale di cui all’articolo 96, comma 2, del Testo unico (il quale vincola i funzionari incaricati a verbalizzare l’inadempimento e il dirigente dell’ufficio tecnico regionale a trasmettere tale verbale all’Autorità giudiziaria).

In ragione di quanto esposto, deve, altresì, escludersi che il verbale di cui all’articolo 96, comma 2, debba essere compilato al fine di segnalare dichiarazioni mendaci dei tecnici che hanno redatto la relazione tecnica a struttura ultimata e/o il collaudo statico N4.


Al fine di conoscere la zona sismica di riferimento per tutte le epoche a partire dai primi anni del 1900, con l’evoluzione storica e la situazione attualmente vigente costantemente aggiornata, nonché tutte le norme tecniche vigenti tempo per tempo a partire dal 1907 a oggi, vedi:

Per trovarle:


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Epoca di realizzazione dell’intervento

Alla luce di quanto sopra indicato, risulta di fondamentale importanza poter determinare con certezza l’epoca di realizzazione dell’intervento. Come chiarito dal MIT, in via generale, la prova è fornita mediante la documentazione di cui all’art. 9-bis del D.P.R. 380/2001, comma 1-bis, quarto e quinto periodo (quindi la medesima documentazione utile ai fini della dimostrazione dello “stato legittimo” dell’immobile vedi La sanatoria degli abusi edilizi).

Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione mediante tale documentazione sopra indicata, sarà il tecnico a provvedere con propria attestazione, la quale dovrà evidentemente essere basata quanto più possibile su atti e documenti di indiscussa rilevanza probatoria, quali ad esempio: risultanze catastali; estratti cartografici; riprese fotografiche e/o aerofotogrammetrie; documentazione d’archivio.

Sono da ritenere ammissibili anche valutazioni basate sui materiali utilizzati, nel caso in cui queste consentano con ragionevole certezza di datare l’opera in un ristretto lasso di tempo.


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