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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Osservatorio sul contenzioso negli appalti privati del 20/05/2025
APPALTI PRIVATI VIZI DELL’OPERA RESPONSABILITÀ DIRETTORE LAVORI - Il presente osservatorio evidenzia le novità della giurisprudenza di merito. Uno strumento per comprendere le dinamiche del contratto di appalto privato, che evidenzia le insidie del contenzioso e le responsabilità delle imprese e dei professionisti coinvolti.
IL MANCATO GUADAGNO DELL’APPALTATORE IN PRESENZA DI RECESSO UNILATERALE DEL COMMITTENTE
Per l’effetto del recesso, l’appaltatore ha diritto al pagamento delle somme per le opere realizzate e per il mancato guadagno?
Oggetto del contratto | Lavori di manutenzione straordinaria in appartamento |
Fatti di causa | Il committente aveva chiesto al giudicante di accertare la responsabilità della convenuta per il mancato completamento delle opere di appalto, e per l’effetto, la condanna alla restituzione della differenza tra gli acconti versati e i lavori eseguiti. Oltre a ciò, il committente reputava che all’architetto (direttore dei lavori) non spettava alcun compenso, in quanto già ricompreso negli acconti versati all’impresa. |
Procedimento | Il committente, dopo l’acquisto dell’immobile, aveva autorizzato l’architetto a depositare presso il Comune le pratiche CILA per la realizzazione di lavori di manutenzione straordinaria. Dopo, il committente firmava il contratto di appalto con la ditta scelta dal tecnico. Durante l’esecuzione dei lavori, l’impresa aveva interrotto i lavori per un aumento dei costi dei materiali. L’appaltatore sosteneva che la parte attrice aveva effettuato il recesso unilaterale dal contratto di appalto ex art. 1671 c.c. e, per l’effetto, chiedeva la condanna del committente al pagamento delle somme a titolo di spese sostenute ed opere realizzate e, in particolare, a titolo di mancato guadagno. L’architetto non partecipava al giudizio. |
Decisione | Secondo il giudicante, fino alla data del recesso del committente, non poteva ravvisarsi un inadempimento della parte convenuta. Difatti, al momento della riconsegna del cantiere, l’impresa aveva già effettuato le opere di demolizioni e predisposto i punti luci; sicché, il ritardo nella realizzazione delle ulteriori opere, era dovuto al mancato invio, da parte del direttore dei lavori, del progetto dell’impianto elettrico e degli schemi di posa dei sanitari nei bagni e nelle lavanderie. Per queste ragioni, in assenza di inadempimento e vizi nell’esecuzione dei lavori, è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno. Invece, quanto alla richiesta di restituzione delle somme, la domanda è stata parzialmente accolta. In questo caso, in relazione alla differenza tra la somma data in acconto e l’importo relativo alle effettive lavorazioni effettuate dall’appaltatore, il giudicante ha ritenuto di considerare due aspetti: il mancato guadagno dell’impresa a causa del recesso del committente e l’importo già corrisposto dall’impresa alla direzione lavori (di competenza del committente). (Trib. Busto Arsizio 13 maggio 2025, n. 586) |
Precedenti | In caso di recesso del committente dal contratto di appalto ex art. 1671 c.c., spetta all’appaltatore che chiede di essere indennizzato del pregiudizio subìto l’onere di dimostrare l’utile netto conseguibile - utile costituito dalla differenza tra il prezzo dell’appalto e i costi delle opere, salva la possibilità per l’altra parte di dimostrare l’aliunde perceptum. L’onere probatorio del mancato guadagno grava però sull’appaltatore (Cass. civ. 17 luglio 2020, n. 15304). |
L’ANDAMENTO ANOMALO DELL’APPALTO NON È MOTIVO DI RESPONSABILITÀ DELLA DITTA
A seguito degli avvertimenti dell’appaltatore sulle diverse colorazioni di fine lavori, al termine del contratto l’impresa può essere considerata inadempiente per una cattiva esecuzione dei lavori?
Oggetto del contratto | Lavori sulla facciata dell’edificio |
Fatti di causa | Il condominio committente si era opposto all’ingiunzione proposta dall’appaltatore, sostenendo che le lavorazioni presentavano vizi e difformità eseguite dalla ditta appaltatrice. Di conseguenza, il condominio opponente chiedeva il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno pari al costo occorrente l’eliminazione dei vizi e difetti dell’opera o, in subordine, la riduzione del prezzo pattuito nel contratto. |
Procedimento | Era stato stipulato un contratto d’appalto tra l’impresa ed il condominio dove, oltre alle lavorazioni previste sul capitolato d’appalto, erano state affidate all’impresa l’esecuzione di lavori nell’androne d’ingresso dell’edificio. A seguito di nuove variazioni di lavoro sollevate dall’impresa (attività di stesura di rasante), sia i condomini che il direttore dei Lavori davano disposizioni di proseguire nei lavori attenendosi all’esecuzione degli stessi secondo quello che era previsto nel capitolato, e di non voler procedere all’esecuzione della lavorazione della stesura del rasante. L’appaltatore insisteva nella richiesta di pagamento in quanto, durante la fase della lavorazione del rifacimento dell’intonaco ammalorato delle facciate, aveva fatto osservare sia al direttore dei lavori che ai condomini come, nel ripristinare le parti di intonaco ammalorate, sulle stesse facciate non si aveva lo stesso fondo per cui, nel tinteggiare interamente le facciate, si poteva verificare una differenza di effetto visivo, nonostante la stessa tonalità della pittura. Per eliminare il suddetto inconveniente estetico, era necessaria la lavorazione di stesura di rasante su tutta la superficie delle facciate per creare un unico fondo omogeneo, con un aumento del prezzo di appalto dei lavori. |
Decisione | A seguito dell’istruttoria di causa, secondo il CTU, l’esecuzione delle lavorazioni di capitolato erano state realizzate a regola d’arte. Invece, quanto ai vizi lamentati, il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato evidenti zone con tonalità differenti, precisamente nelle zone dove era avvenuto il ripristino dell’intonaco ammalorato. Nel ripristino era mancata una lavorazione necessaria su quel tipo di intonaco esistente che avrebbe risolto l’inconveniente, ma la direzione lavori e la committenza non avevano ritenuto necessario realizzarla, anche quando, nel corso dei lavori, l’impresa aveva fatto notare che il risultato finale non sarebbe stato ottimo alla vista. Per queste ragioni, a parere del giudice, i vizi riscontrati sulle facciate del fabbricato condominiale, per quanto detto sopra, non potevano essere imputabili ad una cattiva esecuzione dei lavori da parte della società opposta ma ad un andamento anomalo dell’appalto. Per queste ragioni, il Tribunale ha confermato l’ingiunzione dell’appaltatore. (Trib. Castrovillari 13 maggio 2025, n. 862) |
Precedenti | Il direttore dei lavori per conto del committente esercita i medesimi poteri di controllo sull’attuazione dell’appalto che questi ritiene di non poter svolgere di persona, sicché ha il dovere, attesa la connotazione tecnica della sua obbligazione, di vigilare affinché l’opera sia eseguita in maniera conforme al progetto, al capitolato ed alle regole della buona tecnica, senza che da tale attività derivi la sua corresponsabilità con l’appaltatore per i difetti dell’opera derivanti da vizi progettuali, salvo egli sia stato espressamente incaricato dal committente di svolgere anche l’attività, aggiuntiva rispetto a quella oggetto della sua normale prestazione, di verificare la fattibilità e l’esattezza tecnica del progetto (Cass. civ. 17 giugno 2024, n. 16745). |
LA NOTA DI CREDITO EMESSA DALL’IMPRESA CONFERMA LE RESPONSABILITÀ DELL’INADEMPIMENTO CONTRATTUALE
In caso di mancato avvio dei lavori del Superbonus, la mancata costituzione in giudizio dell’appaltatore legittima la risoluzione del contratto e la restituzione delle somme?
Oggetto del contratto | Contratto di appalto Superbonus 110% |
Fatti di causa | Il condominio lamentava l’inadempimento contrattuale della società resistente rispetto agli obblighi derivanti dal contratto di appalto dei lavori di ristrutturazione del condominio e, di conseguenza, aveva richiesto la restituzione del corrispettivo effettivamente pagato, previa risoluzione del contratto. |
Procedimento | Il committente condominio aveva affidato al General Contractor l’esecuzione di lavori di ristrutturazione legati al c.d. Superbonus 110%, il cui pagamento era previsto tramite il meccanismo dello sconto in fattura e della cessione del credito, residuando direttamente a carico del condominio la somma di circa 75 mila euro, corrisposta parzialmente mediante bonifico di circa 69 mila euro. I lavori non erano mai stati iniziati, tanto che era stata emessa nota di credito in favore del condominio. Per queste ragioni, il ricorrente, evidenziava che la mancata conclusione entro una certa data comportava il mancato il conseguimento dei bonus fiscali. Regolarmente notificato il ricorso e il decreto di fissazione di udienza, l’impresa non si è costituita e, di conseguenza, era stata dichiarata la contumacia. Non costituendosi in giudizio, la resistente ha omesso di allegare e provare fatti di segno contrario rispetto alla pretesa azionata ex adverso dalla ricorrente. |
Decisione | A parere del giudice, la resistente si era resa totalmente inadempiente all’obbligo di esecuzione dei lavori di ristrutturazione come da contratto di appalto, tanto che i lavori non erano mai stati iniziati. Dunque, nella vicenda non vi era alcun dubbio sulla gravità dell’inadempimento, considerato che si trattava di totale mancanza di esecuzione delle obbligazioni contrattuali da parte della resistente. Quanto all’onere della prova, l’appaltatore si era reso contumace nel giudizio. Inoltre, la nota di credito, secondo il Tribunale, costituisce un documento commerciale contabile di importo negativo per l’emittente, e costituisce prova della prestazione ivi dedotta, ossia la sussistenza del diritto alla restituzione della somma pagata dal condominio committente. Alla luce delle considerazioni svolte, è stata dichiarata la risoluzione del contratto di appalto. Di conseguenza, parte resistente è stata condannata alla restituzione della somma corrisposta quale parziale corrispettivo del contratto di appalto da parte ricorrente. (Trib. Firenze 14 maggio 2025, n. 1646) |
Precedenti | La contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa dei fatti allegati dalla controparte, che resta onerata della relativa prova, fornendo dimostrazione dei fatti costitutivi della domanda avanzata (Cass. civ. 4 novembre 2015, n. 22461). Pertanto, Il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte (Cass. civ. 19 aprile 2007, n. 9351). |
LE RESPONSABILITÀ DELLA DITTA PER AVER REALIZZATO LA GUAINA E LA PAVIMENTAZIONE SOVRASTANTE NONOSTANTE LA RILEVATA PENDENZA DEL TERRAZZO
In assenza del computo metrico e, quindi, nel dubbio di maestranze del contratto di appalto, la ditta è responsabile per aver eseguito lavorazioni nonostante le pendenze del terrazzo?
Oggetto del contratto | Rifacimento della impermeabilizzazione del terrazzo di copertura dell’edificio |
Fatti di causa | L’opponente condomina si era opposta al decreto ingiuntivo della ditta, contestando la mancata esecuzione a regola d’arte dei lavori eseguiti (pendenze errate) e, di conseguenza, la condanna dell’appaltatore al risarcimento dei danni subiti a seguito delle infiltrazioni. |
Procedimento | Il condominio aveva firmato un contratto di appalto per lavori straordinari di rifacimento dei terrazzi di copertura del fabbricato. Per il terrazzo di proprietà di erano stati, infatti, approvati lavori, di cui una somma di pertinenza della ingiunta condomina. Quest’ultima, in particolare, sosteneva l’erronea realizzazione delle pendenze del terrazzo che avrebbero determinato infiltrazioni e allagamenti. Costituendosi in giudizio, parte convenuta sosteneva di essere stata autorizzata dall’assemblea alla realizzazione di ulteriori lavori ai cornicioni e sotto balconi. Nel merito, la pretestuosità delle contestazioni sollevate dopo oltre trenta mesi dalla ultimazione delle opere. |
Decisione | Secondo il CTU, i problemi delle pendenze non potevano essere attribuiti con certezza alla ditta, perché, a suo dire, in assenza del computo metrico, “non era dato sapere se le pendenze rientrassero nel contratto e se i materiali siano stati forniti dalla ditta”. Tuttavia, secondo il giudice, l’appaltatore è sempre tenuto a rispettare le regole dell’arte e, in caso di loro violazione, è responsabile delle relative conseguenze, con il conseguente obbligo risarcitorio. Quest’ultimo non viene meno neppure in caso di possibili vizi imputabili ad errori del progettista o del direttore dei lavori eseguendone comunque le relative disposizioni, se egli (appaltatore), accortosi dei vizi, non li abbia tempestivamente denunziati al committente manifestando formalmente il proprio dissenso. Difatti, anche a voler ritenere non compreso nel computo metrico il rifacimento di tutte le pendenze, non risponde a perizia l’aver realizzato la guaina e la pavimentazione sovrastante nonostante il vizio, con il rischio che l’erroneità delle pendenze potesse determinare un ristagno di acqua ed un possibile allagamento. In accoglimento della domanda, l’appaltatore è stato condannato al risarcimento della somma per l’eliminazione dei vizi. (Trib. Napoli 12 maggio 2025, n. 4700) |
Precedenti | Atteso che dalla natura del contratto di appalto - che ha per oggetto l’espletamento di un’attività da eseguire a regola d’arte con l’ausilio di regole tecniche - discende il principio secondo cui l’esecuzione dei lavori non solo deve avvenire con l’osservanza della perizia che inerisce a ciascun campo di attività, ma anche che l’opera stessa, nella progettazione ed esecuzione, deve corrispondere alla funzionalità ed utilizzabilità previste dal contratto, ne consegue che l’appaltatore ha l’obbligo di consegnare l’opera conforme a quanto pattuito ed, in ogni caso, eseguita a regola d’arte (Cass. civ., 10 maggio 2004, n. 8854). |
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