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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Animali domestici in condominio: limitazioni e regole
ANIMALI DOMESTICI IN CONDOMINIO - I regolamenti condominiali possono svolgere un ruolo cruciale nel mantenere un ambiente armonioso tra i residenti, specialmente quando si tratta di animali domestici. La normativa prevede che un regolamento condominiale non possa vietare la presenza di animali domestici negli appartamenti. Tuttavia, esistono contrasti giurisprudenziali e ulteriori limitazioni per garantire la convivenza pacifica tra tutti gli abitanti del Condominio, soprattutto finalizzate a prevenire problemi di disturbo, igiene e sicurezza.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.
ANIMALI DOMESTICI - Il Legislatore europeo (Convenzione Strasburgo del 13/11/1987) ha stabilito che per animali da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e come compagnia.
A seguito della riforma del Condominio (L. 220/2012), nella stesura finale del nuovo testo dell’art. 1138 del Codice civile, il termine animali “da compagnia” è stato sostituito con quello di animali “domestici”. Sebbene la legge non definisca la nozione di animale domestico, in mancanza di una precisazione normativa, ai fini dell’applicazione della norma in materia condominiale, per animale domestico va inteso l’animale che ragionevolmente e per consuetudine è tenuto in appartamento per ragioni affettive.
IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO - In materia, il regolamento viene distinto in assembleare e contrattuale.
Il primo, ai sensi dell’art. 1136, secondo comma, del Codice civile (norma espressamente richiamata dall’art. 1138, terzo comma, del Codice civile) è approvato, sia in prima sia in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio (fermi i quorum costitutivi di cui al primo e terzo comma dello stesso art. 1136 del Codice civile). Questo tipo di regolamento non può incidere sui diritti proprietari dei singoli condomini.
Diversamente, il regolamento contrattuale è un regolamento formato con il consenso unanime di tutti i condomini ovvero predisposto dal costruttore e accettato dagli stessi condomini nei loro atti di acquisto. A differenza di quello assembleare, può - secondo la magistratura - contenere limitazioni ai poteri dei condomini e ai loro diritti sui beni comuni o individuali.
LE LIMITAZIONI DEL REGOLAMENTO - L’art. 1138, quinto comma, del Codice civile prevede che le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici. Secondo le prime interpretazioni, con questa disposizione, il Legislatore ha recepito l’interpretazione evolutiva dell’animale come “essere senziente”, e in tale ottica esprimendo la contrarietà per quelle norme del regolamento condominiale che dovessero prevedere il divieto per il singolo condomino di possedere o detenere animali domestici.
In tal contesto, secondo la dottrina (CELESTE-SCARPA), dopo le modifiche del legislatore del 2012 (riforma del Condominio), gli ultimi due capoversi dell’art. 1138 del Codice civile, “si dovrebbero leggere nel senso che tutti i regolamenti, anche quelli non assembleari, non possono menomare, non possono derogare, e comunque non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. In giurisprudenza si sono sviluppati orientamenti divergenti.
ORIENTAMENTO NEGATIVO ALLA PRESENZA DI ANIMALI - A seguito della riforma del Condominio, alcuni giudici hanno ritenuto che la disposizione di cui all’art. 1138, ultimo comma, del Codice civile, non trova applicazione in presenza di una opposta prescrizione contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale.
Infatti, la collocazione sistematica di tale “divieto di vietare” nella norma de qua la quale disciplina il regolamento condominiale di natura assembleare, ne determina e limita l’operatività in relazione a tale tipologia di atto, tenuto anche conto che tale comma non contiene l’inciso “in nessun caso” presente invece nella previsione del precedente comma quarto e tale da escludere la possibilità di deroga per qualunque tipo di regolamento. (Nel caso di specie, il giudice ha accolto la domanda del Condominio intesa ad ottenere la condanna finalizzata all’allontanamento di due cani - Trib. Piacenza 28/02/2020, n. 142).
Seguendo questa impostazione, la nuova disposizione non si applica al regolamento condominiale di natura contrattuale, ma al solo regolamento approvato dall’assemblea. Difatti, una lettura sistematica di detta disposizione risponde alla ratio di consentire all’assemblea di determinare l’utilizzazione dei beni comuni con snellezza, senza tuttavia permettere alla maggioranza di intaccare il diritto di proprietà esclusiva dei condomini in mancanza di consenso (abdicativo) dell’interessato (Trib. Lecce 15/09/2022, n. 2549).
ORIENTAMENTO POSITIVO ALLA PRESENZA DI ANIMALI - Altri giudici, invece, ritengono che l’autonomia contrattuale si scontra irrimediabilmente, ai sensi dell’art. 1322 del Codice civile, con i limiti imposti dall’ordinamento giuridico.
Invero, le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto, nei limiti imposti dalla legge; possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
Alla luce di ciò deve essere senz’altro riconosciuto al rapporto uomo-animale domestico un interesse giuridico da tutelare e a cui va attribuito un valore di portata costituzionale ai sensi dell’art. 2, Cost. pertanto qualificando il diritto al rapporto affettivo uomo-animale domestico quale diritto di nuova generazione. L’art. 1138, ultimo comma, del Codice civile ha, quindi, previsto un espresso riconoscimento a tale diritto e, segnatamente, a quello della coabitazione con l’animale domestico, come estrinsecazione del più ampio diritto al rapporto affettivo con l’animale (App. Bologna 05/03/2024, n. 766; Trib. Cagliari 28/01/2025, n. 134).
SOLUZIONE AL QUESITO |
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