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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
L’utilizzo del cavedio in condominio
CONDOMINIO CAVEDIO CHIOSTRINA UTILIZZO - Nel condominio, il cavedio è destinato a fornire aria e luce agli ambienti, quindi, è assoggettato, similmente al cortile e salvo titolo contrario, al regime giuridico dei beni comuni previsto dall’art. 1117 del Codice civile. Tuttavia, può accadere che i condomini utilizzano la parte comune impropriamente e, in questi casi, occorre valutare la liceità del diritto o eventuali profili di responsabilità. In particolare, in caso di occupazione del bene comune da parte del singolo condomino, andrà valutato se la destinazione sia stata alterata e se vi sia compatibilità col pari diritto dei restanti condomini.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.
IL CAVEDIO - Il cavedio, a volte denominato chiostrina, vanella o pozzo di luce, non è altro che un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari, quali possono essere bagni, disimpegni e servizi.
Esso, pertanto, è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, come contemplato dall’art. 1117 n. 1 del Codice civile tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario. Il cavedio è dunque un “vuoto” e si riferisce alla proprietà della colonna d’aria, la quale non può sussistere senza la proprietà del fondo su cui essa stessa insiste. Il predetto fondo è il basamento del cavedio; ed il basamento ne costituisce parte integrante e necessaria.
In definitiva, il cavedio ha una generica funzione comune che attiene alla colonna d’aria che assicura l’illuminazione e l’areazione delle singole unità immobiliari (Trib. Genova 03/05/2013, n. 1509).
L’USO CONSENTITO DEL CAVEDIO - Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico, sempre che il contrario non risulti dal titolo, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari e i cortili, il cavedio o chiostrina, vanella, pozzo luce, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio condominiale, essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari.
Secondo i giudici, la presunzione di condominialità non può essere vinta dal fatto che al cavedio (o chiostrina, etc.) si acceda solo dall’appartamento di un condomino o dal fatto che costui vi abbia posto manufatti collegati alla sua unità, in quanto l’utilità particolare che deriva da tali fatti non incide sulla destinazione tipica e normale del bene in favore dell’edificio condominiale (Cass. civ. 09/06/2022, n. 18653).
Difatti, anche nell’ipotesi in cui la base del cortile o cavedio o pozzo luce sia di proprietà esclusiva di un solo condomino, nondimeno la soprastante colonna di spazio di tale pozzo luce si presume di natura condominiale, in mancanza di una espressa previsione di segno contrario nel titolo di proprietà (Cass. civ. 07/04/2000, n. 4350).
Di conseguenza, in caso di lavori, occorre il necessario assenso da parte del condominio nel caso in cui le opere comportino modifiche ai cavedi, ciò poiché gli stessi hanno natura di parte comune (TAR Liguria-Genova 17/06/2005, n. 916).
L’USO ILLEGITTIMO DEL CAVEDIO - Se il cavedio è bene comune, ciascun partecipante al condominio, ai sensi dell’art. 1102 del Codice civile, può legittimamente utilizzarlo anche con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione.
Tuttavia, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata, consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per gli altri proprietari, nel non impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto.
Ad esempio, non è consentita la decisione di realizzare un impianto ascensore che limiti fortemente il godimento del cavedio comune riducendo l’afflusso di aria e luce (funzione precipua del cortile) in danno di un condomino che inevitabilmente subisce una riduzione di valore dell’immobile (Trib. Milano 21/06/2019, n. 6073).
Inoltre, è stata confermata la condanna, in favore dei condomini richiedenti, alla rimessione in pristino dell’originario stato di uno un cavedio chiuso da un altro condomino con una soletta avente funzione di copertura in corrispondenza del primo piano (Cass. civ. 21/07/2015, n. 15327: nella specie, era del tutto palese, una volta ricostruito l’oggetto del contendere, l’interesse dei condomini dello stabile al decoro del medesimo. E tanto anche con riferimento a quei condomini ritenuti come “non interessati” in quanto titolari di unità immobiliari non aventi affaccio sul cavedio oggetto di causa).
Oltre a ciò, è stato ritenuto illecito realizzare, all’interno del cavedio o pozzo luce, un manufatto di cemento armato mai autorizzato dagli altri comproprietari, nonché, a livello urbanistico, comportante una riduzione notevole della sezione originaria del cavedio (Trib. Sulmona 23/05/2022, n. 121: nel caso di specie, il tecnico incaricato accertava una riduzione del fascio di luce in verticale. È stato accertato, dunque, che le opere realizzate dalla convenuta comportavano una riduzione del cavedio che, seppure non incidevano, almeno allo stato, sulla stabilità dell’edificio, incidevano sull’uso comune degli altri condomini riducendo l’ingresso di luce ai piani sottostanti).
Infine, nel caso in cui il condomino, pur autorizzato dall’assemblea condominiale a realizzare un solaio nel cavedio del ballatoio e a proteggere lo stesso con una vetrata, abbia invece realizzato, sul ballatoio medesimo, oltre al solaio, un manufatto in pannelli di alluminio e cartongesso, sottraendo aria e luce alla restante parte del ballatoio, in contrasto con la destinazione funzionale del cavedio, incorre violazione dell’art. 1102 del Codice civile, che non consente di sottrarre definitivamente la cosa comune alle possibilità di utilizzazione collettiva, salvo il consenso unanime dei condomini (Cass. civ. 06/11/2006, n. 23612).
USUCAPIONE DEL CAVEDIO - In generale, colui che intenda rivendicarne la proprietà esclusiva è gravato dall’onere di provare che il bene non è mai stato di proprietà comune, mediante la produzione di un titolo anteriore all’insorgenza del condominio, oppure di averne acquistato la proprietà in virtù di usucapione (Cass. civ. 16/02/2023, n. 4865).
Premesso ciò, in un precedente di merito, il Tribunale adito ha affrontato una questione di utilizzo totale del cavedio, non accogliendo la modalità di acquisto a titolo derivativo/originario. Invero, nella specie, quanto alla modalità a titolo derivativo, né nel testamento, né nell’atto di acquisto da parte degli acquirenti si faceva menzione del cavedio, che, pertanto, non costituiva oggetto di specifico trasferimento in loro favore. Nel contratto di compravendita, infatti, l’oggetto era stato individuato unicamente mediante la descrizione (funzione), che non consentiva di ritenere che il cavedio fosse incluso nella vendita e conseguentemente ceduto in proprietà esclusiva. Quanto all’acquisto a titolo originario (usucapione), nella specie difettava la prova del possesso ventennale. Per le ragioni esposte, la convenuta è stata condanna alla rimozione della grata, consentendo agli altri condomini di avere accesso diretto al cortile, per farne un uso compatibile con la sua natura condominiale (Trib. Cagliari 25/11/2024 n. 2491).
SOLUZIONE AL QUESITO |
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