Piscine in area privata, criteri per stabilire il carattere pertinenziale | Bollettino di Legislazione Tecnica
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06/12/2024

Piscine in area privata, criteri per stabilire il carattere pertinenziale

Il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia individua i criteri per stabilire quando una piscina costituisce una pertinenza che, come tale, non richiede il permesso di costruire. In particolare, i giudici hanno affermato che per essere qualificate pertinenze, le piscine devono avere una lunghezza massima (misurata in diagonale) inferiore a 12,50 metri lineari e profondità inferiore m. 2,00.

PISCINA CARATTERE PERTINENZIALE DIMENSIONI CRITERI DI MISURAZIONE - Nel caso di specie il ricorrente contestava l’ordine di demolizione di una piscina interrata in cemento armato della superficie di circa 70 mq. Secondo il ricorrente l’opera costituiva elemento di arredo e di pertinenza dell’edificio, non avendo funzione autonoma e non essendo suscettibile di un utilizzo separato rispetto all’immobile. Il TAR aveva respinto il ricorso sulla base della considerazione che l’opera in questione non potesse qualificarsi come pertinenza, integrando piuttosto, in relazione alla sua consistenza modificativa e trasformativa dell’assetto del territorio, gli estremi della nuova costruzione e postulando, pertanto, il previo rilascio di un idoneo titolo edificatorio.

Secondo il Cons. giust. amm. Regione Sicilia, sentenza 26/11/2024, n. 926, invece l’opera, per le dimensioni e le specifiche caratteristiche, doveva essere qualificata come pertinenza - anche in senso urbanistico - dell’immobile principale ubicato nell’unica particella di proprietà di parte appellante e, come tale, non necessitava di autonomo titolo edilizio, non integrandosi un nuovo e autonomo intervento di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio.

RILEVANZA DELLE DIMENSIONI - I giudici, hanno spiegato che per distinguere tra la qualificazione della piscina quale nuova opera edilizia, ovvero invece quale pertinenza, non ci si deve affidare ad astratte affermazioni di principio, ma è necessario esaminare, volta per volta, le specifiche caratteristiche e dimensioni delle opere in scrutinio.
A tal fine è necessario individuare parametri oggettivi che possano valere per tutte le piscine.
Sul punto il Collegio ha condiviso l’orientamento secondo cui una piscina di non rilevanti dimensioni, realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa non possiede un'autonomia immobiliare, ma deve considerarsi quale pertinenza dell'immobile principale esistente, essendo destinata a servizio dello stesso.
In tale ottica assumono rilievo dirimente le dimensioni della piscina che, secondo l’orientamento consolidato, risulterà di natura pertinenziale solo qualora esse possano considerarsi non rilevanti.

Ciò posto il Collegio, ha proposto dei criteri innovativi che consentono di superare l’intrinseca soggettività della valutazione rispetto alla rilevanza o meno delle dimensioni dell’opera.

INIDONEITÀ AL NUOTO - Il Collegio ha spiegato che il carattere di pertinenzialità di una piscina va ancorato, essenzialmente, alla sua inidoneità al nuoto agonistico, preagonistico o anche solo amatoriale.
Ed infatti ove una piscina, in ragione delle sue contenute dimensioni, sia del tutto priva di tale attitudine, essa non può svolgere altre funzioni che quelle di ornamento, o di commoditas, della cosa principale (di norma costituita da un’unità residenziale), in quanto ne migliora la godibilità estetica o anche climatica, ma restando comunque priva di un’autonoma sfruttabilità economico-sociale. In altri termini, finché una piscina - in ragione delle sue contenute dimensioni - sia inadatta al nuoto, anche amatoriale, ma unicamente sia idonea a consentire all’utilizzatore della cosa principale di “rinfrescarsi o di sguazzare” con intento esclusivamente ludico, essa non eccede la funzione pertinenziale (anche in senso urbanistico) rispetto alla costruzione principale.

CRITERI DI MISURAZIONE E MISURA MASSIMA - In tale contesto, ai fini della valutazione della “rilevanza” delle misure delle piscine, il Consiglio ha affermato che la più appropriata unità di misura non sia il metro quadrato, ossia la superficie dello specchio acqueo (come affermato dalla prevalente giurisprudenza), bensì il metro lineare, vale a dire la lunghezza del massimo segmento di retta percorribile da un nuotatore tra i due punti più distanti della piscina.
Tale unità di misura risulta infatti “intrinsecamente correlata all’attitudine natatoria dell’opera”. Solo la massima lunghezza astrattamente percorribile in linea retta (o quasi retta) da un ipotetico nuotatore è infatti idonea a esprimere l’attitudine natatoria del manufatto (ovvero, invece, la sua inettitudine a tale fine).
Ed ancora, secondo i giudici la lunghezza massima va misurata:
- secondo la diagonale maggiore, per le strutture quadrate, rettangolari o trapezoidali, o
- secondo il diametro massimo, per le strutture circolari, ellittiche, tondeggianti o, più in generale, per quelle di forma irregolare.
In sostanza i giudici si sono discostati dagli orientamenti giurisprudenziali dominanti, che invece utilizzavano come parametro la superficie dello specchio d’acqua.

Su tali basi, i giudici hanno ritenuto inidonee al nuoto, anche amatoriale, e dunque classificabili come pertinenze, le piscine in cui la massima misura riscontrabile (diagonale maggiore o diametro massimo) sia contenuta in un segmento di retta di lunghezza non eccedente m. 12,50, quale lunghezza pari alla metà della metà di quella delle piscine utilizzate per uso agonistico, nonché di profondità inferiore a m. 2,00, al fine di non consentirne qualsivoglia uso (subacqueo) o funzione (sportiva) che non sia meramente accessoria all’edificio principale.

Dalla redazione