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28/11/2024

Solaio tra piani sovrapposti dell’edificio condominiale

Lo spazio vuoto tra il soffitto e il pavimento può essere utilizzato in maniera esclusiva dal proprietario sovrastante o sottostante? Analisi e risposta a cura dell’Avv. Maurizio Tarantino.

Al fine di stabilire la condominialità occorre avere riguardo alle caratteristiche strutturali dei beni rispetto all’edificio, pertanto, deve considerarsi il loro rapporto di dipendenza con il complesso immobiliare ovvero la loro attitudine funzionale, anche solo potenziale, e tanto a prescindere dall’utilità particolare che può trarre dagli stessi il singolo condomino.
Ciò posto, può accadere che i proprietari utilizzano (a differenza degli spazi comuni) lo spazio vuoto sovrastante gli appartamenti e, in particolare, la controsoffittatura. In tal caso, dunque, occorre interrogarsi sulla tutela dei proprietari in caso di uso arbitrario degli spazi vuoti del solaio, ovvero tra soffitto e pavimento.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.  

IL SOLAIO - In argomento, si osserva che il solaio assurge a una duplice funzione che è quella di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore. Negli edifici condominiali, essendo il solaio un elemento strutturale che divide il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio e appartenente a proprietari diversi, esso va ritenuto di proprietà comune ai due piani.
Pertanto, diremo che il solaio costituisce l’inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà, con utilità ed uso uguale per entrambe le parti.
In tal senso, come precisato dall’art. 1125 del Codice civile, le spese di manutenzione di un solaio in sé (inteso come elemento strutturale), sono sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani, mentre restano a carico del piano superiore il rivestimento (pavimento) e a carico del proprietario inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
La disposizione distingue dunque la struttura di separazione dei piani in tre strati:
* il pavimento (a carico del proprietario dell’unità soprastante);
* il soffitto, la volta, il solaio, (a carico dei due proprietari in egual misura);
* l’intonaco, la tinta, la decorazione del soffitto, a carico del proprietario dell’unità sottostante.
Quanto detto consente di ritenere che, sulla base delle funzioni indicate, il solaio non potrebbe mai rientrare nel novero delle cose che appartengono a tutti i condomini ex art. 1117 del Codice civile. Condizione, infatti, per l’appartenenza di una cosa alla proprietà comune di tutti, è l’essere la cosa al servizio di tutte le singole proprietà solitarie: occorre il collegamento funzionale, sostanziale e materiale tra la cosa e le singole unità immobiliari (Cass. civ. 12/10/2000, n. 13606).
Le cose comuni di cui all’art. 1117 del Codice civile - dal tetto alle scale, dal portone di ingresso agli impianti - sono intimamente connesse alle unità immobiliari, di modo che l’utilizzo o il migliore utilizzo o la stessa esistenza di queste ultime dipende ed è reso possibile dalle prime.

LA FUNZIONE DEL SOLAIO - Il solaio interpiano separa l’unità soprastante da quella sottostante: la funzione che esso svolge è, dunque, la separazione orizzontale dei piani del fabbricato. La giurisprudenza di legittimità sottolinea, inoltre, la funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore (Trib. civ. Roma 04/03/2020, n. 4694; Cass. civ. 04/10/2018, n. 24266; Cass. civ. 13/05/2011, n. 10684).
Ne discende logicamente che - tenute ferme queste e soltanto queste funzioni - l’utilità espressa dalla cosa ha per beneficiari esclusivi i due proprietari interessati, questo è il motivo per il quale le relative spese sono poste in capo ad essi. Tale presunzione “iuris tantum” vale per tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e copertura, in quanto svolgono una inscindibile funzione divisoria tra i due piani, con utilità ed uso uguale per entrambi e correlativa inutilità per gli altri condomini, sicché le spese per la loro manutenzione e ricostruzione competono in parti eguali ai rispettivi proprietari, come previsto dall’art. 1125 del Codice civile (Cass. civ. 04/10/2018, n. 24266 cit.).
Sopra si è affermato che l’utilità espressa dal solaio interpiano consiste nella separazione delle due unità sovrapposte, nella copertura di quella sottostante e nel sostegno di quella soprastante. Si tratta evidentemente di utilità non finali ma strumentali: la separazione, la copertura ed il sostegno consentono infatti a ciascuno dei due proprietari il godimento della propria porzione in proprietà esclusiva.

L’EVENTUALE ACCORDO TRA I PROPRIETARI - Tuttavia, essendo l’art. 1125 del Codice civile, norma derogabile dall’autonomia privata, i condomini interessati ben possono addivenire ad un accordo sul loro rispettivo diritto e determinare convenzionalmente, oltre ai lavori da eseguire, chi debba sostenerne la spesa. Conseguentemente, solo in caso di mancanza di tale accordo trova applicazione il criterio ripartitivo ex art. 1125 del Codice civile, restando, d’altro canto, il diritto di rimborso del condomino, che abbia provveduto a tali opere, subordinato, oltre alla richiesta in tal senso, anche alla duplice condizione della necessità della spesa e della sua urgenza, cioè dell’indifferibilità, secondo il criterio del buon padre di famiglia, per evitare un possibile nocumento (Cass. civ. 14/07/1981 n. 4601).
Pertanto, la sostituzione del solaio non può essere effettuata in modo da restringere o limitare i beni immobili sovrapposti di proprietà esclusiva ove non sia indispensabile o manchi il consenso di entrambi i detti proprietari, derivandone, anche nel caso di sussistenza di esigenze tecniche, il diritto del risarcimento del danno che uno di essi abbia a subire per il conseguente restringimento della cubatura dell’appartamento di proprietà esclusiva (Cass. civ. 23/03/1991, n. 3178).

L’UTILIZZO ARBITRARIO DEGLI SPAZI VUOTI DEL SOLAIO - Il solaio, costituisce un corpo unico formato da elementi strutturali fusi, stabilmente fra loro e incorporati in altre strutture comuni, cioè nei muri maestri. Invero, le opere che accedono al soffitto o al pavimento e che apportano dei benefici solo ad uno dei due proprietari, così come tutto ciò che non ha il carattere dell’essenzialità per la struttura, restano esclusi dalla comunione e possono essere utilizzati dal condomino nell’esercizio del diritto dominicale.
Di conseguenza, come indicato dai giudici, deve essere escluso che tra il soffitto del piano inferiore e il pavimento del piano superiore “possano esistere altre opere le quali non facciano parte del solaio e delle quali bisogna accertare di volta in volta la destinazione, al fine di verificare a chi appartengano” (Cass. civ. 21/10/1976, n. 3715: nella specie la Suprema Corte ha enunciato la massima che precede per escludere che potesse ritenersi bene in proprietà comune una intercapedine costruita per areare un locale dell’appartamento sottostante e nascondere un tubo di scarico passante sotto il pavimento dell’appartamento sovrastante).
Secondo altra giurisprudenza, una volta che viene esclusa la natura condominiale dello spazio vuoto esistente fra il solaio e il controsoffitto, sussiste uno spoglio in danno del possesso esercitato dal proprietario dell’immobile sottostante, quando il proprietario dell’appartamento sovrastante colloca tubi e condutture al di sotto degli assi di sostegno delle travi del suo pavimento (Cass. civ. 11/06/2018, n. 15048: nel caso di specie il convenuto aveva fatto passare dei tubi nella controsoffitta dell’altro proprietario e, così, lo aveva spogliato nel possesso dello spazio vuoto sovrastante il suo appartamento. L’opera però è stata giudicata illecita, perché il solaio che separa due piani che appartengono a proprietari diversi è di proprietà comune, ma la situazione di comunione parziale riguarda soltanto la parte strutturale).

SOLUZIONE AL QUESITO
Alla luce delle considerazioni esposte, si osserva che non è consentito al proprietario di uno degli appartamenti limitare o restringere la proprietà esclusiva dell’atro appartamento occupando gli spazi vuoti. Questi, difatti, restano inalterati nonostante la sostituzione di un solaio meno voluminoso di quello preesistente (Cass. civ. 23/03/1995, n. 3386).
Pertanto, nel caso in cui si fanno passare i tubi (ad esempio nella controsoffittatura), secondo i princìpi sanciti dalla Cassazione (Cass. civ. 11/06/2018, n. 15048):
* l’altro proprietario viene spogliato nel possesso dello spazio vuoto sovrastante il suo appartamento;
* per la conservazione del possesso non occorre la materiale continuità dell’uso né l’esplicazione di continui e concreti atti di godimento, essendo sufficiente che la cosa, anche in relazione alla sua natura e destinazione economico sociale, possa ritenersi rimasta nella virtuale disponibilità del possessore;
* il possesso può essere mantenuto anche “solo animo”, purché il soggetto abbia la possibilità di ripristinare il corpus quando lo voglia.
In conclusione, in questi casi, il condomino con ricorso ex art. 703 c.p.c. può chiedere al giudice di essere reintegrato nel possesso dello spazio di sua proprietà, per aver l’alto proprietario invaso il suo controsoffitto istallando (ad esempio) tubi e conduttore a servizio dell’appartamento. Trattasi, comunque, di situazione da valutare caso per caso.

 

Dalla redazione