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ISSN 1721-4890
Fondata nel 1933
Direttore Dino de Paolis
Condominio, responsabilità per i danni da intasamento della grondaia
Le grondaie svolgono un ruolo fondamentale al fine di evitare i rischi di infiltrazioni. A tale scopo hanno bisogno della giusta manutenzione al fine di poter eseguire il compito per le quali sono state concepite. Difatti, le forti piogge torrenziali, unite alla caduta delle foglie ed al vento forte, possono portare ad un intasamento della grondaia; tuttavia, in alcune circostanze, l’intasamento può derivare dalla negligenza dei singoli condomini.
Dunque, ai fini della soluzione del quesito, occorre analizzare la questione dal punto di vista normativo e giurisprudenziale.
SISTEMI DI RACCOLTA E SCARICO DELLE ACQUE METEORICHE - La grondaia è un canale di scolo per acque meteoriche che si estende lungo tutto il perimetro del cornicione di un’abitazione. Questo sistema di raccolta serve per limitare gli effetti dell’acqua piovana sulla superficie esterna di un edificio, che ne comporterebbero il deterioramento. La pioggia che viene raccolta dalla grondaia viene convogliata in appositi scarichi situati ai limiti della parete dell’edificio detti tubi pluviali.
Senza costruire un idoneo sistema di raccolta, infatti, l’acqua colerebbe lungo le pareti, trascinando sporcizia, detriti, ma anche agenti fisici e chimici potenzialmente aggressivi. Tutto questo potrebbe generare chiazze e macchie molto visibili, provocando a lungo termine un’azione di danneggiamento e degrado per le pareti esterne. In alcuni casi potrebbe portare anche l’introduzione dell’acqua in locali interni, attraverso i serramenti.
Premesso ciò, l’appartenenza o meno a questa categoria in condominio è di enorme rilievo ai fini della corretta divisione delle spese di manutenzione e conservazione.
LA PROPRIETÀ COMUNE - Secondo l’art. 1117 del Codice civile, sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate. Il Codice civile indica un elenco di beni che si intendono parti comuni in condominio a meno che il regolamento contrattuale non stabilisca diversamente. In questo elenco, però, non compaiono le gronde o i doccioni, né tutti gli altri elementi che normalmente servono alla raccolta e al deflusso delle acque piovane. In pratica, non si menzionano nemmeno i canali di scolo; tuttavia, tra le parti comuni rientrano però il tetto e il lastrico solare, cioè i beni che si trovano sulla sommità dell’edificio e che ne costituiscono la copertura.
Secondo un orientamento giurisprudenziale, i pluviali, le gronde, i pozzetti e i doccioni, in quanto destinati a smaltire le acque piovane del tetto condominiale, sono accessori dello stesso e, poiché servono all’uso e al godimento comune, rientrano tra i beni di cui all’art. 1117 del Codice civile (Trib. Reggio Calabria 30/11/2021, n. 1514: il giudice calabrese ha stabilito che le gronde costituiscono sempre parti comuni, anche se il tetto o il lastrico sono di proprietà esclusiva, ciò perché la funzione svolta da questi elementi è di fondamentale importanza per tutto l’edificio, non potendo pertanto essere attribuita la proprietà solamente a uno o a più condomini).
Secondo la giurisprudenza, dunque, la gronda del tetto di uno stabile condominiale costituisce bene comune. Ne consegue che l’azione del condomino diretta alla demolizione della stessa, perché abusivamente eseguita da altro condomino, va proposta nei confronti di tutti i partecipanti del condominio, quali litisconsorti necessari (C. Cass. civ. 15/05/2007, n. 11109).
IL TITOLO CONTRARIO - Nonostante l’orientamento della proprietà comune, i giudici di legittimità aggiungono un ulteriore elemento: “salvo che il contrario risulti espressamente dal titolo, le gronde, i doccioni e i canali di scarico delle acque meteoriche del tetto di uno stabile condominiale costituiscono bene comune ai sensi dell’articolo 1117 del Codice civile, atteso che svolgono una funzione necessaria all’uso comune e servono all’uso e al godimento comune, ancorché la funzione di copertura dell’edificio sia espletata da terrazzo di proprietà esclusiva” (C. Cass. civ. 22/12/2014, n. 27154).
Dunque, in mancanza di titolo contrario, nel silenzio del regolamento che non preveda una specifica norma convenzionale, le spese di pulitura periodica delle gronde devono essere ripartite in misura proporzionale al valore delle proprietà esclusive ex art. 1123, comma 1 del Codice civile, non potendo derogarsi a tale criterio legale se non con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio (e non dei soli presenti in assemblea) (Trib. Genova 23/11/2005, n. 4766).
OCCLUSIONE DELLA GRONDAIA - In relazione alle spese inerenti alla pulizia della gronda, trattandosi di spesa relativa a cosa comune, non può non valere il principio che l’onere relativo deve gravare su tutti i condomini, soprattutto se difetti qualsiasi prova che l’intasamento della gronda fu dovuto ad un fatto esclusivo di un condomino (Trib. Milano 14/01/1991).
Difatti, il Condominio in quanto custode del pluviale e della grondaia è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 del Codice civile, per i danni occorsi da tali beni, a meno che non provi la ricorrenza, nel caso concreto, del caso fortuito, quale evento imprevedibile che rappresenta la reale causa del danno e che può essere integrato anche dal comportamento di un terzo. In tal caso, il Condominio non può essere ritenuto responsabile del danno causato da un’occlusione del pluviale o della grondaia dovuta ad eccesso di acqua e a fogliame introdottosi dal terrazzo di proprietà esclusiva di uno dei condomini, giacché in tal caso, l’occlusione va ricondotta in modo certo al singolo.
In tali ipotesi, il fatto che ha causato l’occlusione deve essere, invero, considerato alla stregua di un caso fortuito, che in quanto tale è in grado di mandare esente da responsabilità il custode del bene, ossia il Condominio (Trib. Catania 20/06/2019, n. 2646).
In tale circostanza, la norma dell’art. 2051 del Codice civile, che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra queste ultime ed il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (C. Cass. civ. 28/10/2011, n. 22505).
SOLUZIONE AL QUESITO |