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28/03/2023

Silenzio-assenso, perfezionamento del titolo e poteri della P.A.

Secondo il Consiglio di Stato, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo a domande non conformi alla legge. Pertanto la P.A. che intenda rimuovere tardivamente gli effetti di una SCIA deve necessariamente procedere secondo le modalità e garanzie previste dall’art. 21-nonies, L. 241/1990.

Nel caso di specie i ricorrenti avevano presentato una DIA in variante nel 2004 e il Comune aveva notificato il definitivo diniego all’esecuzione delle opere, ritenute in contrasto con la normativa vigente, soltanto nel 2006, dopo quasi 10 mesi dall’ultimo adempimento documentale. Secondo i ricorrenti l’eventuale contrarietà dell’intervento agli strumenti urbanistici, stante il lungo decorso del tempo, non si sarebbe potuta manifestare con una comunicazione di diniego ma, al limite, attraverso un provvedimento di annullamento in autotutela, munito di peculiare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla base della decisione.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 14/03/2023, n. 2661, ha dato ragione agli appellanti, affermando che in tale situazione l’amministrazione avrebbe dovuto agire con le modalità e le garanzie previste dalla previsione di cui all’art. 21-nonies della L. 241/1990 (annullamento in autotutela) al fine di rimuovere gli effetti della DIA medio tempore consolidata proprio per l’inerzia del Comune.
In proposito è stato richiamato il principio secondo il quale affinché il potere di intervento “tardivo” sulla DIA (oggi SCIA) possa dirsi legittimamente esercitato, è indispensabile che, ai sensi dell'art. 21-nonies L. 241/1990:
- l'autorità amministrativa invii all'interessato la comunicazione di avvio del procedimento,
- che l'atto di autotutela intervenga tempestivamente,
- che in esso si dia conto delle prevalenti ragioni di interesse pubblico concrete e attuali, diverse da quelle al mero ripristino della legalità violata, che depongono per la sua adozione, tenendo in considerazione gli interessi dei destinatari e dei controinteressati (C. Stato 30/10/2017, n. 5018).

A tal fine risulta irrilevante la presunta non completezza e non veridicità della DIA/SCIA, si tratta infatti di elementi non idonei ad escludere l’obbligo sopra indicato ove si consideri che il dispositivo tecnico denominato silenzio-assenso risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia “equivale” a provvedimento di accoglimento. Tale equivalenza non significa altro che gli effetti promananti dalla fattispecie sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge.
Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per l’altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della P.A.

A supporto di tale impostazione i giudici hanno spiegato che:
- l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie “silenziosa” in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda;
- l’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore (rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione) viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la solo possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi “silenziosamente”;
- l’ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe in contrasto con il principio di collaborazione e buona fede (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’amministrazione (ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della L. 241/1990).

Dalla redazione