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Dir. P.C.M. 12/10/2007

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni.
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[Premessa]



Il Presidente del Consiglio dei Ministri


Visto l’art. 5, comma 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;

Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, ed in particolare l’art. 5, comma 2, ove è previsto che il Presidente del Consiglio dei Ministri predisponga gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso e i piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza, d’intesa con le regioni e gli enti locali;

Visto l’art. 5 comma 4-ter, del medesimo decreto-legge n. 343 del 2001, in cui è previsto che il Dipartimento della protezione civile svolga compiti relativi alla formulazione degli indirizzi e dei criteri generali, di cui all’art. 107, comma 1, lettere a) e f), n. 1, e all’art. 93, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, da sottoporre al Presidente del Consiglio dei Ministri per la conseguente approvazione del Consiglio dei Ministri;

Visto, il decreto legislativo 31 mar

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1. Oggetto della direttiva


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1.1 FINALITÀ E CRITERI

La presente Direttiva fornisce indicazioni per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato, con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni N1 (nel seguito denominato NTC), di cui al D.M. 14 settembre 2005, ed in particolare - tra le «referenze tecniche essenziali» - all’Allegato 2, «Norme tecniche per il progetto, la valutazione e l’adeguamento sismico degli edifici», dell’Ord. P.C.M. 3274/03 e sue successive modifiche ed integrazioni N2. (Detto Allegato 2 viene d’o

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1.2 CONTENUTI DELLA DIRETTIVA

I diversi capitoli di questo documento forniscono indicazioni per definire l’azione sismica, in relazione alla pericolosità del sito ed alla destinazione d’uso del manufatto, e la capacità della struttura, attraverso una corretta conoscenza e modellazione del manufatto.

Nel capitolo 2 sono suggeriti i requisiti di sicurezza ritenuti adeguati per i beni architettonici di valore storico artistico. Sono opportunamente ridefiniti gli stati limite di riferimento, che non si riferiscono solo ad esigenze di salvaguardia dell’incolumità delle persone (stato limite ultimo) e di funzionalità (stato limite di danno), ma anche all

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2. Requisiti di sicurezza e conservazione


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2.1 STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA A SCALA TERRITORIALE

L’attuazione di politiche di mitigazione richiede la conoscenza del rischio sismico dei manufatti esistenti a scala territoriale.

Per andare incontro a questa esigenza, nell’intento di acquisire in tempi brevi una conoscenza omogenea ed accurata del rischio del patrimonio culturale, la Direzione Generale per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha elaborato un programma per il monitoraggio dello stato di conservazione dei beni architettonici tutelati. Esso consiste nella costruzione di una banca dati dei beni architettoni

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2.2 CRITERI PER LA VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA E DELL’EFFICACIA DELL’INTERVENTO

Per i beni culturali tutelati è in ogni caso necessario attenersi ad interventi di miglioramento. Con il termine di miglioramento si deve intendere l’esecuzione di opere in grado di far conseguire all’edificio un maggior grado di sicurezza rispetto alle azioni sismiche con un livello di protezione sismica non necessariamente uguale a quello previsto per le nuove costruzioni.

Nel caso dei manufatti architettonici di interesse storico e culturale esistono, infatti, oggettive difficoltà a definire procedure di verifica dei requisiti di sicurezza, analoghe a quelle applicate per gli edifici ordinari, in quanto la loro varietà tipologica e la singolarità specifica dei «monumenti» (anche dovuta alla storia di ogni edificio) non consentono di indicare una strategia univoca ed affidabile di modellazione ed analisi. In queste valutazioni spesso si riscontrano sia un’incertezza nel modello di comportamento sia un’incertezza dei parametri del modello. Inoltre, per quanto riguarda gli interventi, non sempre è possibile quantificarne con precisione la reale efficacia ed è impossibile portare in conto, attraverso un procedimento esclusivamente quantitativo, le esigenze di conservazione; ne deriva che spesso è opportuno accettare un livello di rischio sismico più elevato rispetto a quello delle strutture ordinarie, piuttosto che intervenire in modo contrario ai criteri di conservazione del patrimonio culturale.

Si ritiene comunque necessario calcolare i livelli di accelerazione del suolo corrispondenti al raggiungimento di ciascun stato limite previsto per la tipologia strutturale dell’edificio, nella situazione precedente e nella situazione successiva all’eventuale intervento. In questo è implicita la consapevolezza che non sempre si possono applicare ai beni cult

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2.3 DEFINIZIONE DI STATI LIMITE DI RIFERIMENTO PER IL PATRIMONIO CULTURALE

Per i manufatti architettonici di interesse storico-artistico la sicurezza e protezione nei riguardi del rischio sismico è garantita attraverso la definizione di due stati limite, motivati dalla volontà di salvaguardare l’incolumità degli occupanti nel caso di terremoti rari e di forte intensità (stato limite ultimo SLU), e di limitare i danni per i terremoti meno intensi ma più frequenti, dettato sia da ragioni economiche che funzionali (stato limite di danno SLD). Inoltre possono sussistere ragioni di tutela di specifiche opere d’arte (affreschi, stucchi, ecc.), per la protezione delle quali è opportuno definire uno specifico stato limite.

Gli stati limite considerati sono:

— SLU (stato limite ultimo) - Sotto l’effetto della azione sismica di riferimento, caratterizzata da una probabilità di superamento del 10% in 50 anni e definita al successivo punto 3, opportunamente modulata in termini di differenti probabilità di eccedenza o di coefficiente di importanza (v. tab. 2.1), la struttura

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2.4 LIVELLI DI PROTEZIONE ANTISISMICA

Nel paragrafo 2.1 è stato già introdotto l’indice di sicurezza sismica, definito dal rapporto fra l’accelerazione che porta l’opera a raggiungere uno stato limite e l’accelerazione attesa nel sito, corrispondente ad una determinata probabilità di eccedenza in 50 anni.N5 Il livello di protezione sismica di una determinata opera dipende dunque dal valore dell’accelerazione attesa, e quindi dalla probabilità di eccedenza accettata.

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Tabella 2.1 - Probabilità di eccedenza in 50 anni dell’azione sismica (P) e fattori di importanza I per la verifica allo SLU dei beni culturali tutelati


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Tabella 2.2 - Probabilità di eccedenza in 50 anni dell’azione sismica (P) e fattori di importanza I per la verifica dello SLD dei beni culturali tutelati


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2.5 MODELLAZIONE STRUTTURALE, ANALISI SISMICA E PROGETTO DEGLI INTERVENTI PER IL MIGLIORAMENTO

Per la valutazione della sicurezza sismica ed il progetto degli interventi di miglioramento dei beni culturali tutelati, è opportuno:

— scegliere l’azione sismica di riferimento per il sito sulla base delle più avanzate conoscenze sulla pericolosità sismica, evitando il ricorso alla rigida suddivisione in zone sismiche; tale azione dovrà tener conto delle categorie di terreno di fondazione e, se ritenuto opportuno, potrà essere ulteriormente modificata su

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3. Azione sismica


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3.1 CATEGORIE DI TERRENO DI FONDAZIONE

Ai fini della valutazione dell’azione sismica si possono adottare le stesse categorie di sottosuolo definite per gli edifici ordinari.

La classificazione si effettua in base ai valori della velocità equivalente Vs,30 di propagazione delle onde di taglio, misurata fino alla profondit&

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3.2 DEFINIZIONE DELL’ACCELERAZIONE ORIZZONTALE DEL TERRENO

Allo stato, la definizione di zone sismiche, che dividono il territorio nazionale in aree caratterizzate da diversi livelli di pericolosità sismica, è giustificata per la sua semplicità nella progettazione di nuove

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3.3 SPETTRI DI RISPOSTA

Il modello di riferimento per la descrizione del moto sismico è costituito dallo spettro di risposta elastic

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3.4 EFFETTI DI SITO

Il moto sismico al suolo è fortemente influenzato dalle caratteristiche dinamiche degli strati di terreno più superficiale e dalla morfologia del sito.

Sono stati infatti più volte riscontrati effetti di amplificazione del moto

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4. Conoscenza del manufatto


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4.1 IL PERCORSO DELLA CONOSCENZA


4.1.1 Generalità

La conoscenza della costruzione storica in muratura è un presupposto fondamentale sia ai fini di una attendibile valutazione della sicurezza sismica attuale sia per la scelta di un efficace intervento di miglioramento. Le problematiche sono quelle comuni a tutti gli edifici esistenti, anche se nel caso del patrimonio culturale tutelato, data la sua rilevanza, è ancora più critica l’impossibilità di conoscere i dati caratterizzanti originariamente la fabbrica, le modifiche intercorse nel tempo dovute ai fenomeni di danneggiamento derivanti dalle trasformazioni antropiche, dall’invecchiamento dei materiali e dagli eventi calamitosi; inoltre, l’esecuzione di una completa campagna di indagini può risultare troppo invasiva sulla fabbrica stessa.

Si ha pertanto la necessità di affinare tecniche di analisi ed interpretazione dei manufatti storici mediante fasi conoscitive dal diverso grado di attendibilità, anche in relazione al loro impatto. La conoscenza può infatti essere conseguita con diversi livelli di approfondimento, in funzione dell’accuratezza delle operazioni di rilievo, delle ricerche storiche, e delle indagini sperimentali. Tali operazioni saranno funzione degli obiettivi preposti ed andranno ad interessare tutto o in parte l’edificio, a seconda della tipologia dell’intervento previsto. Lo studio delle caratteristiche della fabbrica è teso alla definizione di un modello interpretativo che consenta, nelle diverse fasi della sua calibrazione, sia un’interpretazione qualitativa del funzionamento strutturale, sia l’analisi strutturale per una valutazione quantitativa. Il grado di attendibilità del modello sarà strettamente legato al livello di approfondimento ed ai dati disponibili. Da questo punto di vista vengono introdotti diversi livelli di conoscenza, ad approfondimento crescente, al quale saranno legati fattori di confidenza da utilizzare nell’analisi finalizzata sia alla valutazione dello stato attuale sia a seguito degli eventuali interventi.

Il percorso della conoscenza può essere ricondotto alle seguenti attività:

— l’identificazione della costruzione, la sua localizzazione in relazione a particolari aree a rischio, ed il rapporto della stessa con il contesto urbano circostante; l’analisi consiste in un primo rilievo schematico del manufatto e nell’identificazione di eventuali elementi di pregio (apparati decorativi fissi, beni artistici mobili) che possono condizionare il livello di rischio;

— il rilievo geometrico della costruzione nello stato attuale, inteso come completa descrizione stereometrica della fabbrica, compresi gli eventuali fenomeni fessurativi e deformativi;

— l’individuazione della evoluzione della fabbrica, intesa come sequenza delle fasi di trasformazione edilizia, dall’ipotetica configurazione originaria all’attuale;

— l’individuazione degli elementi costituenti l’organismo resistente, nell’accezione materica e costruttiva, con una particolare attenzione rivolta alle tecniche di realizzazione, ai dettagli costruttivi ed alle connessioni tra gli elementi;

— l’identificazione dei materiali, del loro stato di degrado, delle loro proprietà meccaniche;

— la conoscenza del sottosuolo e delle strutture di fondazione, con riferimento anche alle variazioni avvenute nel tempo ed ai relativi dissesti.

In considerazione delle specifiche modalità di analisi strutturale dei meccanismi di collasso dei manufatti storici in muratura, descritte nel capitolo 5, le indagini conoscitive dovranno concentrarsi prevalentemente sull’individuazione della storia del manufatto, sulla geometria degli elementi strutturali, sulle tecniche costruttive e sui fenomeni di dissesto e di degrado.

D’altra parte, le difficoltà connesse con la conoscenza, anche in relazione alle risorse disponibili e all’invasività delle indagini da eseguire, rendono spesso necessario un confronto con modelli interpretativi a posteriori, basati sull’osservazione ed accertamento del funzionamento manifestato dalla costruzione.

Le informazioni acquisite dovranno essere organizzate e restituite secondo quanto previsto dal programma di monitoraggio dello stato di conservazione dei beni architettonici tutelati (Allegato A), elaborato attraverso schede dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e finalizzato all’acquisizione di una conoscenza sistematica del patrimonio culturale italiano.

I paragrafi seguenti descrivono in maggiore dettaglio le diverse fasi della conoscenza; occorre precisare che queste non devono essere intese in modo sequenziale ma integrato.


4.1.2 Identificazione della costruzione

Il primo passo della conoscenza consiste nella corretta e completa identificazione dell’organismo e nella sua localizzazione sul territorio, al fine di individuare la sensibilità della fabbrica nei riguardi dei diversi rischi ed in particolare di quello sismico. Questa fase dell’analisi comprende anche un primo rilievo schematico del manufatto, od un semplice eidotipo, in grado di descriverne la consistenza di massima e la localizzazione di eventuali elementi di pregio che possono determinarne la rilevanza e condizionare il livello di rischio. L’identificazione degli elementi di pregio dovrà essere utilizzata anche per l’individuazione di possibili zone di sacrificio ove realizzare eventuali indagini distruttive e localizzare eventuali interventi di rinforzo.

In questa fase deve essere analizzato il rapporto del manufatto con l’intorno, attraverso la descrizione del Complesso Architettonico (CA), isolato o non isolato, e la caratterizzazione dei rapporti spaziali e funzionali tra l’edificio ed eventuali manufatti contermini. Lo studio del tessuto dovrà consentire di ipotizzare la gerarchia costruttiva e le relazioni tra l’edificio ed il contesto. In particolare partendo dal concetto di Complesso Architettonico (CA), costituito dall’aggregazione di più corpi di fabbrica e definito spazialmente dalle strade che lo circoscrivono, si dovrà risalire ai Corpi di Fabbrica costituenti (CF), individuabili attraverso l’analisi dei prospetti visibili e l’articolazione plano-altimetrica. L’indagine potrà essere efficacemente condotta mediante il ricorso a tecniche macrostratigrafiche.

I risultati di questa fase di conoscenza potranno essere restituiti secondo i moduli A e B descritti in Allegato A.


4.1.3 Caratterizzazione funzionale dell’edificio e dei suoi spazi

La conoscenza dell’opera non può prescindere dall’analisi, anche storica, dell’evoluzione funzionale dell’edificio e delle sue articolazioni, finalizzata a riconoscere quali utilizzazioni si siano succedute nel tempo ed in quali ambienti. Il risultato di questa analisi porta infatti alla disponibilità di notizie utili per capire anche le ragioni delle modifiche strutturali e geometriche intervenute nel tempo, per motivare eventuali segni o notizie di dissesti, per progettare p

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4.2 LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA

Identificata la costruzione, in relazione all’approfondimento del rilievo geometrico e delle indagini materico-costruttiva, meccanica e sul terreno e le fondazioni, viene assunto dal progettista un fattore di confidenza FC, compreso tra 1 e 1.35, che consente di graduare l’attendibilità del modello di analisi strutturale e della valutazione dell’indice di sicurezza sismica.

Il fattore di confidenza si applica in modo diverso in funzione dei modelli per la valutazione della sicurezza sismica, illustrati nel capitolo 5, che possono essere così

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4.1 - Definizione dei livelli di approfondimento delle indagini sui diversi aspetti della conoscenza e relativi fattori parziali di confidenza

Rilievo geometrico

Rilievo materico e dei dettagli costruttivi

Proprietà meccaniche dei materiali

Terreno e fondazioni

rilievo geometrico completo






FC1 = 0.05

limitato rilievo materico e degli elementi costruttivi

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5. Modelli per la valutazione della sicurezza sismica


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5.1 IL COMPORTAMENTO SISMICO DELLE COSTRUZIONI STORICHE IN MURATURA

Le strutture storiche in muratura costituiscono un insieme estremamente vario e complesso per tipologie e tecniche costruttive, per cui l’analisi del loro comportamento strutturale e la valutazione della loro sicurezza sono condizionate da notevoli incertezze nella definizione delle proprietà meccaniche dei materiali e delle condizioni di vincolo tra gli elementi.

Queste costruzioni non sono state progettate utilizzando i principi della meccanica dei materiali e delle strutture bensì su un approccio basato sull’intuizione e l’osservazione, utilizzando i principi dell’equilibrio dei corpi rigidi e sperimentando il comportamento delle costruzioni già realizzate; tutto ciò ha progressivamente portato ad affinare criteri esecutivi e di proporzionamento geometrico, configurabili come regole dell’arte. Sebbene tale

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5.2 METODI DI ANALISI SISMICA


5.2.1 Premessa

Nel caso degli edifici esistenti in muratura, è possibile ricorrere a quattro diversi metodi di analisi, in funzione del modello con il quale vengono descritte la struttura ed il suo comportamento sismico.

Nel caso del patrimonio culturale, la valutazione della capacità della struttura e della sicurezza sismica andranno effettuate, sia a livello locale che complessivo, utilizzando un opportuno metodo di analisi. In particolare è possibile fare riferimento ai seguenti:

— analisi statica lineare

— analisi dinamica modale

— analisi statica non lineare

— analisi dinamica non lineare.

Nel seguito vengono illustrate le condizioni ed i limiti di utilizzo dei metodi di analisi in relazione alle specificità del patrimonio culturale.


5.2.2 Analisi statica lineare

L’azione sismica di riferimento al suolo, per lo stato limite ultimo, viene in questo caso ridotta attraverso il fattore di struttura, per consentire una verifica in campo elastico; in questo modo si tiene implicitamente conto delle ulteriori capacità di spostamento, una volta raggiunta la resistenza limite, prima che la struttura arrivi allo stato limite ultimo. Si sottolinea che l’applicazione di questo metodo nel caso di edifici storici può risultare problematica per la difficoltà di definire appropriati fattori di struttura, con possibili conseguenze sulla definizione degli interventi.

Nel caso di un’analisi elastica lineare ad elementi finiti, il modello deve essere sottoposto ad un sistema di forze orizzontali la cui entità complessiva è definita nell’Ordinanza (punto 4.5.2). Tali forze possono essere distribuite in ragione della quota delle diverse masse, in accordo con quanto indicato nell’Ordinanza, solo nel caso di costruzioni assimilabili dal punto di vista strutturale ad un edificio ordinario. Negli altri casi dovranno essere assunte:

a) una distribuzione di forze proporzionale alle masse;

b) una distribuzione di forze proporzionale al principale modo di vibrazio

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5.3 LIVELLI DI VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA


5.3.1 LV1: analisi qualitativa e valutazione con modelli meccanici semplificati

La conoscenza del livello di rischio cui è soggetto il patrimonio architettonico tutelato è prerogativa imprescindibile per la sua conservazione nel tempo e per una fruizione in sicurezza.

La valutazione della sicurezza sismica può essere condotta con riferimento a metodi semplificati che siano tuttavia in grado di stimare l’accelerazione del suolo corrispondente al raggiungimento dello stato limite ultimo. Deve essere peraltro precisato che tale valore dell’accelerazione, rapportato all’accelerazione di picco caratteristica del sito, serve solamente a definire un indice di sicurezza sismica (IS), utile a stabilire delle priorità di intervento; interventi di miglioramento sismico per la mitigazione del rischio saranno eventualmente realizzati, se risulteranno necessari, a valle di una valutazione più approfondita (LV2 o LV3).

L’indice di sicurezza sismica IS è così definito:



(5.1)


dove:

aSLU è l’accelerazio

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5.4 MODELLI DI VALUTAZIONE PER TIPOLOGIE


5.4.1 Premessa

Il concetto di tipologia male si adatta a manufatti storici, che dovrebbero essere considerati elementi unici della storia del costruire, per il modo con il quale sono stati concepiti, realizzati e si sono trasformati nel tempo. Tuttavia, nella maggior parte delle costruzioni storiche è possibile riconoscere caratteri ricorrenti e quindi può risultare utile esemplificare quanto indicato nei precedenti paragrafi, chiarendo il significato di concetti teorici e metodologici nella loro applicazione a situazioni reali.

In questo paragrafo sono quindi fornite indicazioni esemplificative specifiche per l’analisi e la valutazione della risposta sismica nel caso delle più diffuse tipologie di manufatti tutelati. Vengono anche proposti modelli meccanici semplificati (LV1) per le verifiche da eseguire sull’intero patrimonio culturale tutelato a scala territoriale, ai fini di una valutazione preventiva del rischio. Si sottolinea come, nella prudenza generale cui ci si deve riferire nell’adozione di tali modelli, particolare attenzione vada posta nei confronti delle tipologie di cui al punto 5.4.3 (Chiese, luoghi di culto ed altre strutture con grandi aule, senza orizzontamenti intermedi), che essendo trattate su base statistica, non possono esaurire la grande diversificazione tipologica nella quale esse sono articolate.


5.4.2 Palazzi, ville ed altre strutture con pareti di spina ed orizzontamenti intermedi

Questa tipologia strutturale si riferisce a costruzioni con sviluppo planimetrico anche complesso, costituite da un sistema di pareti portanti perimetrali ed interne, disposte secondo diverse direzioni, e da un sistema di orizzontamenti intermedi, che spesso svolgono anche una funzione di collegamento. Esiste una evidente analogia con quello che viene genericamente identificato con il termine edificio, nel caso dell’edilizia ordinaria non tutelata. La modellazione complessiva dei palazzi e delle ville, quindi, può essere in genere eseguita con gli stessi modelli globali previsti dall’Ordinanza per gli edifici esistenti in muratura; in molti casi, proprio la cura costruttiva, la qualità dei materiali e la regolarità dell’impianto strutturale, aspetti che solitamente caratterizzano queste costruzioni, rendono maggiormente realistica l’adozione di un modello a telaio equivalente.

Per la descrizione della parete in muratura come telaio equivalente si può fare riferimento alle indicazioni dell’Ordinanza. è peraltro evidente che la validità di ogni specifica indicazione dovrà essere verificata con riferimento alla singolarità del bene culturale in esame. Per esempio, in presenza di un piano nobile di interpiano elevato e molto differente rispetto agli altri, la formula approssimata per il calcolo del periodo proprio di vibrazione non garantisce risultati attendibili: si consiglia in tal caso di procedere ad una valutazione più accurata, con metodi approssimati o con una vera e propria analisi modale. La stessa cosa può verificarsi in presenza di logge o porticati, che interessino una parte significativa a livello planimetrico; in tali situazioni la stessa modellazione a telaio equivalente potrebbe risultare piuttosto approssimativa. In questi casi, l’analisi globale può essere utile per una valutazione complessiva della sicurezza della costruzione, ma ciò non esime da una verifica di dettaglio delle logge e dei porticati attraverso modelli locali (macroelementi).

Relativamente ai metodi di verifica suggeriti per i singoli elementi, è opportuno considerare che le indicazioni per gli edifici ordinari sono in alcuni casi largamente cautelative, perché dettate da una limitata conoscenza sperimentale. Ad esempio, il modello di resistenza delle travi murarie orizzontali di accoppiamento (zone poste tra le aperture di due piani successivi) non considera la resistenza a trazione che si realizza nella muratura su un piano verticale, in virtù dell’ingranamento tra i blocchi. Modelli alternativi di comportamento delle travi di accoppiamento possono essere adottati, purché adeguatamente giustificati.

Un altro aspetto determinante è la definizione dello spostamento ultimo per ciascun elemento, che secondo l’Ordinanza è una frazione della sua altezza; i valori suggeriti sono stati verificati sperimentalmente in un certo campo di possibile variazione, ma non è detto che sia corretto estrapolare questa regola ad ogni possibile situazione (ad esempio per maschi murari molto bassi o nelle travi di accoppiamento, in presenza di piccole aperture, i valori suggeriti sono certamente troppo bassi). Anche in questo caso, è possibile adottare valori alternativi, purché giustificati.

Nel caso di strutture portanti orizzontali formate da elementi voltati, in funzione della tipologia delle volte, delle caratteristiche del materiale, del loro spessore e del tipo di connessione alle imposte, potrà essere valutato un valore opportuno per la rigidezza da attribuire al solaio equivalente. Per quest’ultimo è consentito ipotizzare un comportamento elastico lineare, purché sia definita una deformazione angolare ultima nel piano, funzione della tipologia di volta.

Nel caso in cui la struttura presenti tipologia particolare, non riconducibile alla schematizzazione a telaio equivalente, dovrà essere adottato un opportuno modello. Una possibilità è quella di creare un modello strutturale globale agli elementi finiti, con un legame costitutivo non lineare che rappresenti il comportamento della muratura (per esempio, esso dovrà essere in grado di cogliere la limitata resistenza a compressione e a trazione, il degrado delle caratteristiche meccaniche in fase non lineare, eventualmente anche la dissipazione energetica che si realizza a seguito di azioni cicliche).

In particolare, in presenza di alcuni elementi architettonici (grandi atri, logge, chiostri, ecc.), la modellazione complessiva del manufatto può essere eseguita schematizzando queste parti in modo approssimato, ed operando verifiche su modelli locali di dettaglio per sottostrutture.

Se l’edificio non è isolato, ma risulta parzialmente inglobato o appartiene ad una schiera, le interazioni con le altre costruzioni potranno essere tenute in considerazione, a seconda che la posizione risulti sfavorevole (edificio di testa o d’angolo) o favorevole (edificio intercluso), tramite l’applicazione di forze sismiche aggiuntive, che potrebbero essere trasmesse dalle costruzioni adiacenti, o tramite l’inserimento di vincoli orizzontali di opportuna r

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Tabella 5.1 - Valutazione del punteggio di vulnerabilità per ogni meccanismo di danno

Numero degli indicatori di vulnerabilità o dei presidi antisismici

Giudizio dell’efficacia

vk

almeno 1

3

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Tabella 5.2. Valori massimi dell’indice di vulnerabilità per la verifica nelle diverse zone sismiche


Zona 1

Zona 2

Zona 3

Zona 4

SLU

0.18

0.34

0.6

1

SLD

0

0.11

0.37

0.91


Accanto alla valutazione dell’indice di sicurezza complessivo della costruzione, ottenuto come sopra illustrato, è opportuno segnalare la presenza di elementi o meccanismi ai quali è associata una vulnerabilità particolarmente alta.


5.4.4 Torri, campanili ed altre strutture a prevalente sviluppo verticale

Questa tipologia costruttiva è generalmente distinguibile in base al suo prevalente sviluppo verticale e costituisce un insieme rilevante del patrimonio costruito in Italia.

Il comportamento sismico di questa tipologia è dipendente da alcuni fattori specifici: la snellezza della struttura; il grado di ammorsamento delle pareti; l’eventuale presenza di strutture adiacenti più basse, in grado di fornire un vincolo orizzontale; la presenza nella parte sommitale di elementi architettonici snelli (guglie, vele campanarie, merlature, ecc.) o comunque vulnerabili (celle campanarie). La vulnerabilità è inoltre influenzata dalla presenza di stati di danneggiamento di altra natura, dovuti ad esempio alle vibrazioni indotte dalle campane o a problematiche in fondazione.

La snellezza è un parametro molto variabile; esistono infatti torri molto tozze (ad esempio, torri di avvistamento o bastioni di difesa medioevali) e campanili di grande snellezza. Se le prime possono essere considerate come costruzioni massive, per i grandi spessori murari formati da murature a sacco, i secondi possono essere considerati come delle strutture monodimensionali, con un comportamento a mensola.

L’ammorsamento delle pareti di una struttura muraria a prevalente sviluppo verticale è funzionale a garantire che questa si comporti come una mensola incastrata alla base, con una rigidezza associata all’intera sezione muraria (conservazione della sezione piana) e non come un insieme di pareti distinte. Le tecniche tradizionali per garantire un buon ammorsamento tra le pareti sono: la tessitura dei cantonali; la presenza di cerchiature e catene metalliche; la presenza di orizzontamenti ben collegati. Inoltre, deve essere valutato attentamente l’effetto dovuto alla presenza di spinte, nel caso di volte in muratura.

Molto frequente è il caso di torri o campanili posti a contatto con altre strutture di minore altezza. Alcuni casi tipici sono: campanili inglobati o accostati alla chiesa; torri inglobate in vario modo nel tessuto urbano; torri inglobate nella cinta muraria. La presenza di vincoli orizzontali a diverse quote può mutare profondamente il comportamento della struttura, da una parte limitandone l’effettiva snellezza, dall’altra costituendo irrigidimenti localizzati e punti di possibile concentrazione degli sforzi (l’osservazione dei danni ha in genere dimostrato che queste situazioni sono causa di danni anche significativi). Va ricordato che tali vincoli sono spesso diversi secondo le due direzioni principali nel piano orizzontale. In questi casi la verifica andrà eseguita a partire dalla quota di stacco, avendo cura di considerare l’effetto di questo vincolo sulla forma del meccanismo di collasso e l’amplificazione dell’azione sismica a quella quota della struttura. Queste situazioni sono spesso caratterizzate da notevole vulnerabilità.

Nei

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6. Criteri per il miglioramento sismico e tecniche di intervento


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6.1 STRATEGIE PER LA SCELTA DELL’INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO

Gli interventi sulle strutture, volti a ridurre la vulnerabilità sismica, sono da valutarsi nel quadro generale della conservazione della costruzione. La scelta della strategia e della tecnica d’intervento, nonché l’urgenza di attuarlo, dipendono dai risultati della precedente fase di valutazione.

L’obiettivo principale resta sempre la conservazione non solo della materia ma anche del funzionamento strutturale accertato, qualora questo non presenti carenze tali da poter comportare la perdita del bene. In questo senso dovranno essere valutati anche gli aspetti legati agli interventi per l’esecuzione di opere impiantistiche, per ciò che attiene l’impostazione progettuale, privilegiando l’adozione di soluzioni che limitino o escludano l’inserimento di impianti negli elementi strutturali.

Gli interventi devono essere in genere rivolti a singole parti del manufatto, contenendone il più possibile l’estensione ed il numero, e comunque evitando di alterare in modo significativo l’originale distribuzione delle rigidezze negli elementi. L’esecuzione di interventi su porzioni limitate dell’edificio va comunque valutata e giustificata nel quadro di una indispensabile visione d’insieme, portando in conto gli effetti della variazione di rigidezza e resistenza degli elementi.

Il progetto degli interventi dovrà garantire la conservazione dell’architettura in tutte le sue declinazioni, in particolare valutando l’eventuale inte

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6.2 INFLUENZA DEGLI INTERVENTI DI ADEGUAMENTO IMPIANTISTICO

Sono frequenti i casi in cui gli interventi sugli edifici esistenti nascono da esigenze non specificatamente strutturali; ne sono un esempio gli adeguamenti impiantistici, legati o meno ad esigenze di adeguamento normativo. Quasi sempre questi interventi interagiscono con parti strutturali e capita assai frequentemente che, se non adeguatamente calibrati, essi comportino una sensibile riduzione di resistenza degli elementi interessati e, talvolta, una trasformazione del funzionamento della costruzione.

È essenziale, quindi, che ogni qual volta si interagisca con elementi a valenza struttura

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6.3 OPERAZIONI TECNICHE DI INTERVENTO


6.3.1 Premesse

Nel seguito sono fornite indicazioni generali per la scelta degli interventi di miglioramento sismico degli edifici in muratura, con riferimento ad alcune tecniche di utilizzo corrente. Gli interventi possibili per ciascuna patologia o forma di vulnerabilità sono generalmente più d’uno, con caratteristiche diverse in termini di efficacia, invasività, reversibilità, compatibilità, durabilità e costi.

La scelta della soluzione è compito primario del progetto e deve essere predisposta dopo attento esame della specifica situazione e verifica dell’efficacia della soluzione proposta. A tal fine è opportuno predisporre prove preliminari di fattibilità dell’intervento e programmare indagini a posteriori per certificare la buona riuscita dell’intervento.

Non deve essere trascurata la possibilità di ricorrere ad opere provvisionali, che per la loro intrinseca spiccata reversibilità appaiono interessanti nei riguardi della conservazione e possono risultare, dopo attenta valutazione, anche una soluzione definitiva nel caso di un bene tutelato.

Le indicazioni che seguono non devono essere intese come un elenco di interventi da eseguire comunque e dovunque, ma solo come possibili soluzioni da adottare nei casi in cui ne sia emersa la necessità a seguito di una valutazione della sicurezza sismica. Ovviamente non sono da considerarsi escluse tecniche di intervento non citate, metodologie innovative o soluzioni particolari che il professionista individui come adeguate per il caso specifico.

In ogni caso nessun intervento può essere considerato a priori non strutturale o privo di effetti sul comportamento strutturale.


6.3.2 Interventi volti a ridurre le carenze dei collegamenti

Tali interventi sono mirati ad assicurare alla costruzione un soddisfacente comportamento d’assieme, mediante la realizzazione di un buon ammorsamento tra le pareti e di efficaci collegamenti dei solai alle pareti; inoltre, deve essere verificato che le eventuali spinte prodotte da strutture voltate siano efficacemente contrastate e deve essere corretto il malfunzionamento di tetti spingenti. La realizzazione di questi interventi è un prerequisito essenziale per l’applicazione dei metodi di analisi sismica globale dell’edificio, che si basano sul comportamento delle pareti murarie nel proprio piano, presupponendone la stabilità nei riguardi di azioni sismiche fuori dal piano.

L’inserimento di tiranti, metallici o di altri materiali, disposti nelle due direzioni principali del fabbricato, a livello dei solai ed in corrispondenza delle pareti portanti, ancorati alle murature mediante capochiave (a paletto o a piastra), può favorire il comportamento ddel fabbricato, in quanto conferisce un elevato grado di connessione tra le murature ortogonali e fornisce un efficace vincolo contro il ribaltamento fuori piano dei pannelli murari, quando ciò non appaia garantito dai solai o da altre strutture. Inoltre, l’inserimento di tiranti migliora il comportamento nel piano di pareti forate, in quanto consente la formazione del meccanismo tirante-puntone nelle fasce murarie sopra porta e sotto finestra. Per il capochiave possono essere utilizzati paletti semplici (bolzoni) o piastre; ad eccezione dei casi di murature particolarmente scadenti, realizzate con elementi di piccole dimensioni, è preferibile l’uso di bolzoni, in quanto essi vanno ad interessare una porzione di muratura maggiore rispetto alle piastre. In ogni caso il dimensionamento del capochiave deve tener conto delle caratteristiche dell’elemento murario (colonna, pilastro) collegato. Spesso risulta necessario un consolidamento locale della muratura, nella zona di ancoraggio. è sconsigliabile incassare il capochiave nello spessore della parete, specie nel caso di muratura a più paramenti scollegati. È da valutare con attenzione il ricorso agli ancoraggi per aderenza (mediante iniezioni di resine o malte a base cementizia nella muratura), sia per le possibili incompatibilità tra i materiali che per la difficoltà di controllare l’efficacia dell’ancoraggio. I tiranti dovranno in via generale essere disposti in posizione affiancata alle murature principali, a livello degli orizzontamenti. Nei casi in cui sia indispensabile forare la parete in direzione longitudinale (casi che si cercherà il più possibile di evitare), si dovrà di regola dare la preferenza a catene inserite in guaina e non iniettate, per rendere reversibile l’intervento, consentire l’eventuale ripresa di tesatura, evitare l’insorgenza di sollecitazioni indesiderate. Per quanto riguarda la tesatura dei tiranti, si dovranno adottare tensioni limitate, tali da produrre nelle murature tensioni di compressione nettamente inferiori ai valori ritenuti ammissibili.

Cerchiature esterne con elementi metallici o materiali compositi, possono garantire un efficace collegamento tra murature ortogonali nel caso di edifici di dimensioni ridotte, dove i tratti rettilinei della cerchiatura non sono troppo estesi, o quando vengono realizzati ancoraggi in corrispondenza dei martelli murari. è necessario evitare l’insorgere di concentrazioni di tensioni in corrispondenza degli spigoli delle murature, ad esempio con opportuni elementi di ripartizione; nel caso si usino fasce in materiale composito, si dovrà procedere allo smusso degli spigoli.

Ammorsamenti, tra parti adiacenti o tra murature che si intersecano, si possono realizzare con la tecnica scuci e cuci (con elementi lapidei o in laterizio), qualora i collegamenti tra gli elementi murari siano deteriorati (per la presenza di lesioni) o particolarmente scadenti. Si tratta comunque di un intervento per sua natura demolitivo e sostitutivo della materia antica, da valutare quindi con cautela, caso per caso.

L’uso di perforazioni armate deve essere limitato ai casi in cui non siano percorribili altre soluzioni, per la notevole invasività di tali elementi e la dubbia efficacia, specie in presenza di muratura a più paramenti scollegati; in ogni caso dovrà essere garantita la durabilità degli elementi inseriti (acciaio inox, materiali compositi o altro) e la compatibilità delle malte iniettate.

Si precisa che questi interventi di collegamento locale sono efficaci per il comportamento d’assieme della costruzione solo in presenza di murature di buone caratteristiche, mentre per le murature scadenti è preferibile l’inserimento di tiranti, che garantiscono un collegamento complessivo.

Cordoli in sommità alla muratura possono costituire una soluzione efficace per collegare le pareti, in una zona dove la muratura è meno coesa a causa del limitato livello di compressione, e per migliorare l’interazione con la copertura. Questi possono essere realizzati nei seguenti modi:

— in muratura armata, consentendo di realizzare il collegamento attraverso una tecnica volta alla massima conservazione delle caratteristiche murarie esistenti. Essi, infatti, devono essere realizzati con una muratura a tutto spessore e di buone caratteristiche; in genere

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6.4 OPERAZIONI PROGETTUALI


6.4.1 Premesse

La struttura ed il contenuto dei progetti di intervento sui beni culturali di proprietà pubblica sono regolati dal titolo XIII del D.P.R. 554/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici, n. 109 del 11.2.1994) e dal D.L. n. 30 del 22.1.2004, (Disciplina degli appalti pubblici di lavori concernenti i beni culturali), oltre che da due circolari del MiBAC (n. 42 del 5.4.2002 e n. 20 del 16.2.2004).

Sebbene il quadro normativo riguardi specificamente le opere pubbliche, si ritiene che la sua impostazione generale sia adottabile anche in campo privato.

Il D.P.R. 554/1999 (Titolo XIII, Capo II) articola i progetti di restauro in tre fasi (progetto preliminare, definitivo, esecutivo), secondo il medesimo schema adottato per la progettazione dei lavori pubblici in generale (D.P.R. 554/1999, titolo III, capo II).

L’elaborazione dei progetti di restauro si distingue, tuttavia, per diverse ragioni. In primo luogo, non è necessario produrre tutti gli elaborati richiesti dalla norma (Titolo III, capo II), ma è possibile produrre solo gli elaborati compatibili con la specificità dei beni su cui si interviene (Titolo XIII, Capo II, art. 213, comma 4). In secondo luogo, si richiede che i processi di conoscenza, analisi e diagnosi del bene su cui si interviene siano parte integrante del progetto di restauro. Si assume, in sostanza, che la conoscenza del manufatto, elemento imprescindibile del progetto di restauro, possa d

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7. Quadro riassuntivo del percorso di valutazione della sicurezza sismica e progetto degli interventi di miglioramento sismico

Nei capitoli precedenti sono state fornite le indicazioni per la valutazione della sicurezza sismica del patrimonio culturale, da eseguirsi in conformità a quanto previsto dal Codice, dalle NTC e dall’Ordinanza.

Questo capitolo costituisce semplicemente un quadro di sintesi, che non aggiunge nulla rispetto a quanto già indicato e non può pertanto essere considerato esaustivo.

I livelli di protezione sismica possono essere differenziati in funzione della classificazione del manufatto secondo t

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Tabella 7.1 - Quadro riassuntivo per la valutazione della capacità sismica


Analisi del rischio sismico del patrimonio culturale

Finalità dell’analisi

Livello di valutazione minimo

Modello di calcolo

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Allegato A - Programma per il monitoraggio dello stato di conservazione dei beni architettonici tutelati


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Parte I - Contenuti e finalità


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PREMESSA

Il presente allegato costituisce parte integrante del testo della Direttiva e rappresenta la struttura dei dati conoscitivi minimi necessari per la definizion

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PERCORSO METODOLOGICO

L’approccio conoscitivo ad una fabbrica storica rappresenta un percorso metodologico «inverso» rispetto agli edifici di nuova costruzione: dall’analisi della realtà materica della costruzione, attraverso successivi livelli di approfondimento, al riconoscimento del funzionamento strutturale accertato per la verifica della sicurezza sismica ai fini della defin

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MODULI SCHEDOGRAFICI

Nella sezione seguente è riportata la struttura dei diversi moduli schedografici. Tale traccia

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Parte II - Moduli schedografici e loro struttura


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MODULO A - ANAGRAFICO IDENTIFICATIVO

Ha lo scopo di identificare in modo univoco il manufatto. L’identificazione avviene attraverso tre parametri fondamentali: denominazione, toponomastica, dati catastali. La struttura dei dati è definita al Decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 28 febbraio 2004, così come modificato dal D.M. 28 febbraio 2005, emanato di concerto con l’Agenzia del Demanio e relativo ai criteri e modalità per la verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di proprietà pubblica, ai sensi dell’art. 12 del D. Lgs. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio.


A1. Qualificazione giuridica del soggetto proprietario

Nota esplicativa.

Specificare la qualificazione giuridica: Stato, Regione, Provincia, Comune, Ente o Istituto pubblico, Persona giuridica privata senza fine di lucro, Privato.


A2. Riferimenti del soggetto proprietario

Nota esplicativa.

Indicare: denominazione, C.F., indirizzo, nominativo del legale rappresentante, nominati del responsabile del procedimento.


A3. Denominazione del bene

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MODULO B. FATTORI DI SENSIBILITÀ

Contiene i dati necessari per determinare le relazioni tra il manufatto ed il contesto territoriale al fine di classificare particolari fattori di sensibilità.


B1. Caratteristiche dimensionali

B1a. superficie coperta

B1b. altezza gronda

B1c. numero di piani entroterra

B1d. numero di piani fuori terra

B1e. eidotipo

Nota esplicativa.

Per eidotipo si intende uno schizzo fatto a mano libera o a «filo di ferro» in cui sono rappresentate piante, prospetti e sezioni del manufatto, nonché tutti gli elementi del sito e del contesto edilizio che debbono essere messi in evidenza ai fini della valutazione. L’eidotipo, in mancanza del rilievo geometrico, costituirà un modell

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MODULO C - MORFOLOGIA DEGLI ELEMENTI

Ha lo scopo di individuare e descrivere gli elementi strutturali, attraverso il riconoscimento della morfologia, della tipologia, delle tecniche costruttive e dei materiali.


C1. Codifica degli elementi strutturali

Nota esplicativa.

Individuare gli elementi strutturali identificandoli a livello planimetrico con codici alfa-numerici progressivi, secondo le seguenti categorie:

V. elementi verticali (setti murari, pilastri, colonne)

O. orizzontamenti (solai e coperture)

S. collegamenti verticali (scale e rampe)

PO. elementi portanti orizzontali (archi, architravi, piattabande)


C2. Ispezionabilità

Nota esplicativa.

Per ogni elemento codificato al punto C1 specificare se è ispezionabile, parzialmente ispezionabile, non ispezionabile.

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MODULO D - STATO DI CONSERVAZIONE


Classifica e descrive i fenomeni di danno dei singoli elementi strutturali.


D1. Danno strutturale

D1a. pannelli murari

θ fuori piombo

θ spanciamento

θ traslazione verticale

θ traslazione orizzontale

θ fessurazioni superficiali (specificare profondità/spessore murario)

θ fessurazioni passanti

θ lesioni isolate o diffuse

θ crollo

Nota esplicativa.

Da individuare per ogni elemento come codificato al punto C1. Per le lesioni la valutazione va intesa come rilevamento della posizione delle cuspidi e della gola, distanza massima tra i cigli fessurativi e relativo scostamento dei cigli fessurativi fuori dal piano.

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Allegato B - L’analisi strutturale delle costruzioni storiche in muratura


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La muratura

La muratura è un materiale composito costituito dall’assemblaggio di elementi, che possono essere naturali (pietre erratiche, a spacco, sbozzate o squadrate) o artificiali (laterizi). Le variabili caratteristiche sono: il materiale costituente gli elementi (pietra, laterizio, terra cruda, ecc., usati anche in modo misto); le dimensioni e la forma degli elementi; la tecnica di assemblaggio (a secco o con giunti di malta); la tessitura, ovvero la disposizione geometrica degli elementi nel paramento murario; ulteriori dettagli (listatura, uso di scaglie, ecc.). La risposta meccanica di questo materiale composito dipende da tutte queste variabili.

Gli elementi hanno in genere un comportamento elasto-fragile, con una resistenza a trazione m

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La modellazione strutturale

La modellazione e la verifica delle strutture storiche in muratura è quindi un problema complesso per la difficoltà di considerare adeguatamente la geometria, i materiali e le condizioni di vincolo interno. A tutto questo si aggiunge l’evolversi delle vicende storiche attraverso le quali si è formata e trasformata la costruzione; inoltre, spesso questa è inserita in agglomerati urbani complessi, nei quali è difficile distinguere edifici isolati o unità costruttive strutturalmente autonome. Questo rende problematica la scelta della scala della modellazione ed, inoltre, la definizione dei confini spaziali e dei vincoli della struttura.

Il riconoscimento della struttura all’interno della costruzione è particolarmente difficoltoso, in quanto dipende, oltre che dalla sua storia costruttiva, dai carichi applicati e dagli stati di danneggiamento presenti.

Quindi, per la definizione di modelli strutturali è spesso necessario disporre di leg

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I metodi di analisi

La complessità delle costruzioni in muratura, costituite da elementi bi e tridimensionali, suggerirebbe il ricorso al metodo degli elementi finiti, in quanto teoricamente in grado di modellare la risposta di geometrie complesse, in condizioni di massima generalità nei vincoli e nei carichi. Nel caso di costruzioni massive è possibile ricorrere ad una modellazione solida tridimensionale degli elementi strutturali; più efficacemente, nel caso frequente di costruzioni costituite da pareti, volte, cupole, risulta spesso conveniente schematizzare la struttura come elementi bidimensionali (con comportamento a piastra o a membrana), in grado di simulare adeguatamente il comportamento nel piano e fuori dal piano. Il comportamento non lineare del materiale costituisce tuttavia un aspetto critico nella modellazione delle costruzioni in muratura.

L’analisi elastica ad elementi finiti può fornire indicazioni utili per una preliminare interpretazione del comportamento. In essa, è indispensabile modellare accuratamente il grado di connessione tra gli elementi (ad esempio, il vincolo interno tra gli elementi di una struttura lignea o tra questi e la struttura muraria di appoggio può essere di difficile identificazione e, in taluni casi, anche unilatero). Inoltre, è opportuno considerare le diverse fasi costruttive della struttura (ad esempio, si pensi allo stato tensionale nella muratura in corrispondenza di una apertura tamponata o in un contrafforte realizzato in fase successiva, come presidio a seguito del manifestarsi di un dissesto). L’analisi elastica presenta in genere zone nelle quali le tensioni principali di trazione sono superiori all’effettiva resistenza a trazione della muratura. Se queste zone sono di limitata ampiezza, la struttura reale probabilmente ivi presenterà una lieve fessurazione (lesioni fisiologiche) e la soluzione fornita dall’analisi elastica ad elem

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Allegato C - Modello per la valutazione della vulnerabilità sismica delle chiese


La metodologia considera 28 meccanismi di danno, elencati nel seguito, associati ai diversi macroelementi che possono essere presenti in una chiesa. Attraverso un opportuno modello, descritto al punto 5.4.3, è possibile valutare un indice di

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1 - Ribaltamento della facciata

Distacco della facciata dalle pareti o evidenti fuori piombo

Presidi antisismici

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2 - Meccanismi nella sommità della facciata

Ribaltamento del timpano, con lesione orizzontale o a V - Disgregazione della muratura o scorrimento del cordolo - Rotazione delle capriate

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3 - Meccanismi nel piano della facciata

Lesioni inclinate (taglio) - Lesioni verticali o arcuate (rotazione) - Altre fessurazioni o spanciamenti

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4 - Protiro - Nartece

Lesioni negli archi o nella trabeazione per rotazione delle colonne - Distacco dalla facciata - Martellamento

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5 - Risposta trasversale dell’aula

Lesioni negli arconi (con eventuale prosecuzione nella volta) - Rotazioni delle pareti laterali - Lesioni a taglio nelle volte - Fuori piombo e schiacciamento nelle colonne

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6 - Meccanismi di taglio nelle pareti laterali (risposta longitudinale)

Lesioni inclinate (singole o incrociate) - Lesioni in corrispondenza di discontinuità nella muratura

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7 - Risposta longitudinale del colonnato nelle chiese a più navate

Lesioni negli archi o negli architravi longitudinali - Schiacciamento e/o lesioni alla base dei pilastri - Lesioni a taglio nelle volte delle navate laterali

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8 - Volte della navata centrale

Lesioni nelle volte dell’aula centrale - Sconnessioni delle volte dagli arconi

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9 - Volte delle navate laterali

Lesioni nelle volte o sconnessioni dagli arconi o dalle pareti laterali

Presi

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10 - Ribaltamento delle pareti di estremità del transetto

Distacco della parete frontale dalle pareti laterali - Ribaltamento o disgregazioni del timpano in sommità

Presidi antisismici

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11 - Meccanismi di taglio nelle pareti del transetto

Lesioni inclinate (singole o incrociate) - Lesioni attraverso discontinuità

Pres

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12 - Volte del transetto

Lesioni nelle volte o sconnessioni dagli arconi e dalle pareti laterali

Presi

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13 - Archi trionfali

Lesioni nell’arco - Scorrimento di conci - Schiacciamento o lesioni orizzontali alla base dei piedritti

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14 - Cupola - Tamburo/tiburio

Lesioni nella cupola (ad arco) con eventuale prosecuzione nel tamburo

Presidi an

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15 - Lanterna

Lesioni nel cupolino della lanterna - Rotazioni o scorrimenti dei piedritti

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16 - Ribaltamento dell’abside

Lesioni verticali o arcuate nelle pareti dell’abside - Lesioni verticali negli absidi poligonali - Lesione ad U negli absidi semicircolari

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17 - Meccanismi di taglio nel presbiterio nell’abside

Lesioni inclinate (singole o incrociate) - Lesioni in corrispondenza di discontinuità murarie

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18 - Volte del presbiterio o dell’abside

Lesioni nelle volte o sconnessioni dagli arconi o dalle pareti laterali

Presi

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19 - Meccanismi negli elementi di copertura - Pareti laterali dell’aula

Lesioni vicine alle teste delle travi lignee, scorrimento delle stesse - Sconnessioni tra cordoli e muratura - Movimenti significativi del manto di copertura

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20 - Meccanismi negli elementi di copertura - Transetto

Lesioni vicine alle teste delle travi lignee, scorrimento delle stesse - Sconnessioni tra i cordoli e muratura - Movimenti significativi del manto di copertura

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21 - Meccanismi negli elementi di copertura - Abside e presbiterio

Lesioni vicine alle teste delle travi lignee, scorrimento delle stesse - Sconnessioni tra i cordoli e muratura - Movimenti significativi del manto di copertura

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22 - Ribaltamento delle cappelle

Distacco della parete frontale dalle pareti laterali

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23 - Meccanismi di taglio nelle pareti delle cappelle

Lesioni inclinate (singole o incrociate) - Lesioni in corrispondenza di discontinuità murarie

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24 - Volte delle cappelle

Lesioni nelle volte o sconnessioni dalle pareti laterali

Presidi antisis

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25 - Interazioni in prossimità di irregolarità plano-altimetriche

Movimento in corrispondenza di discontinuità costruttive - Lesioni nella muratura per martellamento

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26 - Aggetti (vela, guglie, pinnacoli, statue)

Evidenza di rotazioni permanenti o scorrimento - Lesioni

Presidi antisismici

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27 - Torre campanaria

Lesioni vicino allo stacco dal corpo della chiesa - Lesioni a taglio o scorrimento - Lesioni verticali o arcuate (espulsione di uno o più angoli)

Presidi antisismici

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28 - Cella campanaria

Lesioni negli archi - Rotazioni o scorrimenti dei piedritti

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Abaco dei meccanismi di collasso delle chiese



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