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Circ. Min. Lavoro e Prev. Soc. 28/09/2006, n. 29

Art. 36-bis D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n. 248/2006).
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[Premessa]


Come noto, il D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2006 R

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Provvedimento di sospensione dei lavori nel cantiere

L’art. 36-bis del D.L. n. 223/2006 si caratterizza, anzitutto, per aver concentrato l’attenzione sulle ricadute che l’utilizzo di manodopera irregolare può avere sulle problematiche di sicurezza nei luoghi di lavoro. Già in passato, infatti, si era avuto modo di constatare che le imprese che ricorrono a manodopera irregolare sono anche quelle che presentano maggiori tassi infortunistici; invero, prima d’oggi nessuna disposizione normativa aveva espressamente e direttamente collegato i due fenomeni, operando la presunzione secondo cui il lavoro irregolare determina automaticamente anche una condizione di criticità sul fronte della sicurezza sul lavoro.

Tale collegamento emerge in particolare dalla previsione di cui al comma 1 del predetto articolo il quale prevede che «(…) il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche su segnalazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri l’impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, R e successive modificazioni».

La ratio della disposizione, come accennato in premessa, individua una «presunzione» da parte dell’ordinamento circa la situazione di pericolosità che si verifica in cantiere in conseguenza del ricorso a manodopera «non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria» giacché la stessa, oltre a non essere regolare sotto il profilo strettamente lavoristico, non ha verosimilmente ricevuto alcuna «formazione ed informazione» sui pericoli che caratterizzano l’attività svolta nel settore edile.

In primo luogo va chiarito l’ambito di applicazione della disposizione che – stante il riferimento a «l’ambito dei cantieri edili» - sembra coincidere con le imprese che svolgono le attività descritte dall’allegato I del D. Leg.vo n. 494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non edili che operano comunque nell’ambito delle realtà di cantiere.

Si tratta in particolare di imprese che svolgono:

1) lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o

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Lavoro nei cantieri: tessera di riconoscimento o registro

Il comma 3 dell’art. 36-bis introduce l’obbligo per i datori di lavoro, nell’ambito dei cantieri edili, di munire il personale occupato, a decorrere dal 1º ottobre 2006, di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.

Anche in tal caso il campo di applicazione della previsione va individuato con riferimento a tutte le imprese che svolgono le attività di cui all’Allegato I del D. Leg.vo 494/1996.

Tenuto conto delle finalità della disposizione volta alla immediata identificazione e riconoscibilità del personale operante in cantiere, i lavoratori sono tenuti a portare indosso in chiara evidenza detta tessera di riconoscimento; medesimo obbligo fa capo ai lavoratori autonomi che operano nel cantiere stesso, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto (ad es. artigiani).

I dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita.

La tessera inoltre deve indicare il nome o la ragione sociale dell’impresa

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Maxisanzione per il lavoro «nero»

L’art. 36-bis, comma 7, modifica la c.d. maxisanzione per il lavoro nero, introdotta nel 2002 dal D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002). La legge di conversione del D.L. n. 223/2006 stabilisce che «ferma restando l’applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, è altresì punito con la sanzione amministrativa da € 1.500 a € 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di € 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L’importo delle sanzioni civili connesse all’omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a € 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata».

Senza modificare il comma 4 dell’art. 3 del D.L. 12/2002 - secondo il quale «alla constatazione della violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale, contributiva e del lavoro» - l’art. 36-bis sostituisce invece il comma 5 del predetto articolo, stabilendo che alla contestazione della sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981

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ALLEGATO
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Modello da utilizzare per l’adozione del provvedimento di sospensione dei lavori

(Omissis)

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