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Sent. C. Cass. pen. 28/07/2015, n. 33028

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Ambiente - Rifiuti da demolizione - Qualifica di sottoprodotto - Impossibilità - Natura di rifiuto.

L'attività di demolizione di un edificio non può essere definita un “processo di produzione” quale quello indicato dall'art. 184-bis, com

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SENTENZA

LA COR

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Como, con sentenza del 15/7/2014 ha riconosciuto G.F. responsabile del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. a) e lo ha condannato alla pena dell’ammenda per avere effettuato, quale legale rappresentante della "Impresa Costruzioni s.r.l.", in assenza di titolo abilitativo, un’attività di trasporto e smaltimento di rifiuti non pericolosi costituiti da miscugli di sfabbricidi di cemento, calcestruzzo armato, mattoni, laterizi

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente osservare che, sebbene nell’imputazione sia indicato il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 56, che pure il ricorrente menziona ripetutamente in ricorso, risulta evidente, dalla descrizione dei fatti riportata nell’imputazione medesima, che si tratta di un mero refuso e che la contestazione riguarda la illecita gestione di rifiuti, sanzionata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256.

2. Ciò premesso, rileva il Collegio che il giudice del merito, nel dare atto della sostanziale ammissione dell’addebito da parte dell’imputato, non ha posto in dubbio la natura di rifiuto dei materiali da demolizione trasportati ed utilizzati in altro cantiere per la realizzazione di un sottofondo stradale, dando atto della distanza tra il luogo di produzione del rifiuto e quello dell’ultima collocazione, nonché del fatto che il mezzo utilizzato per il trasporto non era autorizzato allo svolgimento di tale attività, avendo l’imputato effettuato, successivamente al sequestro, la regolarizzazione mediante comunicazione all’Albo dei gestori ambientali.

A fronte di ciò, il ricorrente prospetta in ricorso due soluzioni interpretative, tra loro alternative, che sarebbero state, a suo avviso, tralasciate dal Tribunale e, nel far ciò, non specifica, tuttavia, in quali termini le abbia sottoposte all’attenzione del primo giudice, limitandosi ad osservare che questi non avrebbe provveduto ad una corretta applicazione della legge penale.

Le censure mosse in ricorso, in ogni caso, risultano prive di fondamento per diverse ragioni.

3. Un primo, determinante, elemento ostativo all’applicazione, nella fattispecie, della disciplina dei sottoprodotti o, in alternativa, del deposito temporaneo, è data dal fatto che le due discipline cui fa riferimento il ricorrente comportano l’applicazione di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti, con la conseguenza che, come più volte affermato da questa Corte, l’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne richiede l’applicazione (in tema di sottoprodotti v. Sez. 3, n. 17453 del 17/4/2012, Buse, Rv. 252385; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, non massimata; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504. In tema di deposito temporaneo v. Sez. 3, n. 15680 del 3/3/2010, Abbatino, non massimata; Sez. 3, n. 21587 del 17/3/2004, Marucci, non massimata; Sez. 3, n. 30647del 15/06/2004, Dell’Angelo, non massimata. Il principio è stato affermato anche con riferimento ad altre ipotesi: si vedano, ad esempio, Sez. 3, n. 6107 del 17/1/2014, Minghini Rv. 258860 in tema di impianti mobili adibiti alla sola attività di riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee; con riferimento alle terre e rocce da scavo, Sez. 3, n. 16078 del 17/4/2015, Fortunato non ancora massimata; Sez. 3, n. 35138 del 18/6/2009, Bastone Rv. 244784; Sez. 3, n. 37280 del 12/6/2008, Picchioni, Rv. 241087; Sez. 3, n. 9794 del 29/11/2006 (dep. 2007), Montigiani, non massimata sul punto; i

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P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento

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