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Sent. C. Stato 10/01/2014, n. 46

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SENTENZA

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente sentenza

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FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Campania – sede di Napoli – ha in parte accolto il ricorso di primo grado in riassunzione notificato il 30 ottobre 2008 e depositato il 5 novembre successivo proposto da Baiano Nicola, odierna parte appellante nell’ambito del ricorso n. 1886/2013 volto ad ottenere la restituzione delle aree di sua proprietà di cui alle particelle catastali nn.1349 e 1352 quartiere Pianura Napoli ed il risarcimento del danno patito a causa dell’illegittima occupazione delle stesse.

Il primo giudice ha, nella parte in fatto della gravata decisione n. 570/2013, ricostruito la complessa vicenda giudiziaria per cui è causa.

Ha in proposito evidenziato che - il Baiano era proprietario di un complesso immobiliare sito in Napoli, quartiere Pianura, composto da terreni, fabbricati e capannoni riportati nel Catasto Urbano F.10 mapp. da 108 a 117, nonché 125,401, 402 e riportati nel Catasto Terreni dello stesso Comune al F. 91, part.lle 125,487, 529,631,39 e 500 con ingresso da Via Montagna Spaccata confinante con la Ferrovia Circumflegrea.

Detto complesso immobiliare era stato oggetto di due diversi provvedimenti di occupazione temporanea, (con l’ordinanza n.52 del 13.5.1989 il Presidente della Giunta Regionale della Campania quale Commissario Straordinario del Governo, ex lege n.219/81 dispose l’occupazione d’urgenza di alcune zone della proprietà sopra indicata, puntualmente ed analiticamente descritte in quell’atto;

- con decreto 18.4.1997 n.40262/2 Settore C/1^ del Prefetto di Napoli venne disposta l’occupazione di urgenza di parte degli immobili sopra-indicati, a favore della S.p.A. Astaldi in proprio e quale capogruppo di imprese associate).

In seguito, con nota del 20.9.2002, consegnata al Baiano in data 26 settembre 2002, la Sepsa a mezzo del concessionario raggruppamento di imprese aveva proceduto all’offerta delle indennità che però non erano state accettate.

Il Baiano insorse innanzi alla Giunta Speciale per le Espropriazioni presso la Corte d’Appello di Napoli, chiedendo la determinazione dell’indennità: la Giunta Speciale con la sentenza 27/03 del 4.12.2003 decise nel merito solo con riferimento all’ordinanza n.52/89 del Presidente della G.R.C. quale Commissario Straordinario di Governo, mentre declinò la propria competenza in favore dell’A.G.O. relativamente a quella parte di domanda tendente ad ottenere la determinazione delle indennità espropriative delle aree e dei manufatti di proprietà dell’attore, occupati in virtù del Decreto Prefettizio n.402662/2^ settore C/1 del 18.4.1997.

Con ordinanza n.449 del 9.12.1993 del Presidente della G.R.C. quale Commissario Straordinario di Governo, era stato precedentemente revocato il vincolo di espropriazione ed il vincolo di occupazione temporanea sulle particelle n.631 e 529 sottraendo così il terreno alla disponibilità dell’ATI Astaldi.

Nelle more dell’occupazione da parte della SEPSA e della ASTALDI, quest’ultima società frazionò le particelle catastali in quattro diverse particelle, a tale frazionamento seguì la “Variante” approvata dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti con cui si escludeva dal Piano di Lavoro la zona di cui alle particelle 1349 e 1352.

Con il decreto 4096/1° Sett. B del 7.10.2002 il Prefetto di Napoli pronunzia l’espropriazione per pubblica utilità in danno del Baiano, ma limitatamente alle particelle 1350 e 1351.

Ne conseguiva che le particelle 1349 e 1352 avrebbero dovuto essere restituite al Baiano medesimo (il che non avvenne) e che sia la SEPSA che la Astaldi, entrambe destinatarie degli effetti del richiamato decreto di esproprio versavano in stato di illegittimità nel permanere nella occupazione di zone non espropriate (particelle 1349 e 1352)e non più necessarie ai fini del procedimento ablatorio.

Il Baiano chiese la restituzione dei beni prima occupati e poi dismessi al Tribunale Ordinario di Napoli che dichiarò il proprio difetto di giurisdizione a favore del Giudice Amministrativo sulla restituzione delle aree (trattenendo la causa per la parte relativa alla opposizione alla stima) con decisione confermata dalla SS.UU. della Corte di Cassazione il 4.4.2008 in sede di Regolamento Preventivo di giurisdizione.

Il giudizio venne quindi riassunto innanzi al Tar.

Il Baiano, aveva quindi precisato le proprie conclusioni, che consistevano nella restituzione delle aree di sua proprietà di cui alle particelle catastali nn.1349 e 1352 quartiere Pianura Napoli ed il risarcimento (da determinarsi anche a mezzo di Ctu) del danno patito a causa dell’illegittima occupazione delle stesse, facendo presente che la restituzione conseguiva alla circostanza che - in data 3 gennaio 2005 il Prefetto aveva comunicato ad Astaldi e SEPSA che, dopo il frazionamento in 4 diverse particelle con i numeri 1350,1351 e 1349 e 1352, queste ultime due avrebbero dovuto essere restituite in quanto non più necessarie, con riconsegna immediata al Baiano Nicola.

La mancata restituzione aveva comportato un danno gravissimo all’originario ricorrente, il quale era già titolare del “Programma Integrato in variante al P.R.G.” approvato con Decreto del Presidente della G.R. della Campania del 6 agosto 2001 n.1644 .

Il Tar, dopo avere disposto una articolata ed approfondita consulenza tecnica, seguita da fitto contraddittorio processuale a chiarimento, ha introitato la causa accogliendo in parte il mezzo di primo grado.

Ha in primo luogo disatteso l’eccezione di difetto di giurisdizione quanto al petitum voto ad ottenere la restituzione delle due particelle, oggi accatastate con i numeri 1349 e 1352.

V’era infatti stata spendita del potere amministrativo, in quanto le dette particelle erano state in origine interessate da una legittima procedura ablatoria e solo la successiva mancata ricomprensione di esse nel decreto di esproprio (un fatto sopravvenuto) ne ebbe a determinare l’indebita ritenzione da parte di Astaldi.

Peraltro la Corte regolatrice del conflitto di giurisdizione aveva affertato la spettanza della cognizione della causa al plesso giurisdizionale amministrativo (con ciò confermando la declinatoria del Tribunale Civile di Napoli con sentenza del 13 luglio 2006).

Affermata poi la legittimazione a ricorrere in capo al Baiano (proprietario delle aree asseritamente trattenute indebitamente) e la legittimazione passiva sia di S.E.P.S.A. che di Astaldi, (la prima era stata la beneficiaria del procedimento espropriativo, e la seconda, quale concessionaria dei lavori, era tuttora nel possesso delle aree delle quali si era chiesta la restituzione) ha esaminato in primo luogo il petitum restitutorio.

Quest’ultimo è stato accolto, sulla scorta della considerazione per cui le aree delle quali si chiedeva la restituzione erano originariamente ricomprese nelle particelle 631 e 529.

Ben due procedimenti avevano interessato le richiamate due particelle.

Il primo di essi, rivestiva marginale rilievo nell’odierno procedimento: esso intatto il primo iniziò con ordinanza n.52 del 13 maggio 1989 del Presidente della Giunta Regionale della Campania, Commissario Straordinario del Governo ex lege n.219/81. Se era vero che con questo provvedimento venne disposta l’occupazione di urgenza delle aree di cui al F.91 del Catasto, particelle 125,487, 529,631,39 e 500 per mq. complessivi 1.610, era altresì rimarchevole che le particelle nn.631 e 529 vennero successivamente restituite al proprietario con l’ordinanza n.449 del 9 dicembre del 1993 del Presidente della Giunta Regionale Campania che revocò il vincolo di espropriazione ed il vincolo di occupazione. Dunque, dal primo procedimento alcun effetto di danno, era scaturito tanto è vero ciò che, nel 2001, con riferimento a quelle aree il Baiano poté persino ideare un Programma Integrato di Intervento che non sarebbe stato praticabile là ove sulle stesse, in fatto o in diritto, fossero stati pendenti vincoli connessi al detto procedimento.

Tuttavia venne incardinato un secondo procedimento che iniziò con decreto del 18 aprile 1997 del Prefetto di Napoli che dispose l’occupazione di urgenza di parte degli immobili sopra indicati a favore della S.p.a. Astaldi.

In data 14 luglio del 1997 venne redatto il verbale di consistenza e di immissione in possesso dei beni riportati in Catasto al foglio 91 particelle 631, 529,500, 487, 582,1062, 107, 108, 109 e 111 per mq. complessivi 2.921.

In costanza dell’occupazione disposta nel corso di detto procedimento Astaldi, quale concessionaria SEPSA – su sollecitazione dello stesso Baiano che contestava l’interferenza della procedura con il già approvato Programma di Intervento Integrato - dispose il frazionamento delle particelle catastali 631 e 529 in quattro diverse particelle, destinando le nn. 1350 e 1351 all’esproprio, ed escludendo dalla procedura ablatoria le particelle nn.1349 e 1352: dopo che era stato disposto il frazionamento, venne approvata una variante con la quale si escludeva dal Piano di Lavoro la zona di cui alle particelle 1349 e 1352.

Senonché le particelle escluse dall’esproprio non vennero restituite.

Il Tar ha dato atto che dalle difese della Astaldi sul punto, si evinceva una ricostruzione che, senza smentire il dato “storico” nei termini descritti, si sostiene che il frazionamento delle aree, con la suddivisione in quattro particelle e la mancata ricomprensione nell’esproprio delle particelle 1349 e 1352, fu dovuta ad un errore dei consulenti di Astaldi, indotto dalla sollecitazione del Baiano.

Al contrario di quanto fu deciso, quelle aree, lungi dall’essere restituite, avrebbero dovuto essere definitivamente espropriate, costituendo “aree di parcheggio a sostegno della Stazione ferroviaria ‘La Trencia’ ”. Astaldi sostenne anche in corso di giudizio che quelle particelle avevano subìto, oltre tutto, nel corso del tempo, un’irreversibile trasformazione dovuta all’essere stata su di esse impressa destinazione pubblicistica con cons

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DIRITTO

1.I suindicati appelli devono essere riuniti trovandosi al cospetto di impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.

Deve rilevarsi in via assolutamente preliminare che la documentale circostanza dell’avvenuta restituzione delle aree al Baiano in prossimità della odierna udienza pubblica ed il versamento della somma di € 112.392,56 non hanno provocato alcuna improcedibilità delle domande prospettate nell’odierno grado di giudizio e men che meno alcuna sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dell’appello.

1.1.Ritiene il Collegio in primo luogo di esaminare – e risolvere – le questioni di carattere pregiudiziale ed in via assolutamente primaria di disporre l’estromissione dal presente giudizio del Ministero dell’Interno – siccome richiesto dalla difesa erariale- ma anche della Prefettura- Ufficio Territoriale del Governo di Napoli.

Invero nessuna domanda è stata spiegata da alcuna parte processuale nei confronti del primo o della seconda ; la Prefettura emise soltanto il provvedimento con il quale si perimetrava l’espropriazione e si escludevano da detto procedimento le particelle per cui è causa (provvedimento rimasto incontestato da parte di alcuno): esse vanno estromesse dal presente giudizio.

1.1.1. Ciò posto si premette – quanto alle questioni pregiudiziali proposte - che in numerose di esse è stato anche denunciato il vizio di omessa petizione ex art. 112 cpc. Pur potendo il Collegio concordare con taluna di dette segnalazioni, si ritiene di evidenziare che le stesse non possono produrre effetto pratico utile per le appellanti (id est: comportare la regressione del procedimento al primo grado) in ossequio al tradizionale orientamento secondo cui l'omessa pronuncia su una o più censure proposte col ricorso giurisdizionale non configura un error in procedendo tale da comportare l'annullamento della decisione, con contestuale rinvio della controversia al giudice di primo grado, ma solo un vizio dell'impugnata sentenza che il giudice di appello è legittimato ad eliminare integrando la motivazione carente o, comunque, decidendo del merito della causa.(ex aliis Consiglio Stato , sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3289: oggi, vedasi art. 105 del cpa)

2.Passando all’esame delle dette eccezioni, si sostiene nell’appello principale proposto dall’Ati Astaldi ed in quello incidentale proposto da Eav srl (Ente incorporante Sepsa Spa) la “novità” (e quindi inammissibilità) delle domande risarcitorie contenute nell’atto di riassunzione in quanto diverse e “nuove” rispetto a quelle contenute nell’atto di citazione innanzi al Tribunale Ordinario di Napoli (ove giammai si era prospettata la interferenza negativa dell’occupazione delle particelle con l’intero Programma Integrato).

Il Collegio non concorda con tale tesi: nessun allargamento rispetto alle pregresse domande può riscontrarsi quanto, invece, una più dettagliata specificazione e perimetrazione.

Si rammenta in proposito che la preclusione stabilita dall'art. 394, terzo comma, cod. proc. civ. con riguardo al procedimento in sede di rinvio, è quella di prendere conclusioni diverse da quelle prese nel processo in cui fu pronunciata la sentenza cassata.

Ciò non è certamente riscontrabile nel caso di specie, posto che innanzi al Giudice ordinario venne richiesto il risarcimento di tutti i danni cagionati dall’indebita omessa restituzione delle aree (il che implica la reiezione della censura) e di converso si evidenzia che sulla questione del possibile “allargamento” del petitum in sede di giudizio di riassunzione la giurisprudenza è lungi dall’aver raggiunto approdi tassativamente escludenti tale eventualità (ex aliis, Trib. Sup. Acque, 21-09-1989, n. 69 Cass. civ. Sez. II, 05-01-2011, n. 223 rv. 616248 Cass. civ. Sez. II, 30-08-2012, n. 14723).

2.1.L’eccezione di difetto di legittimazione ed interesse del Baiano sempre con riferimento alle domande nelle quali si lamentava la interferenza negativa dell’occupazione delle particelle con l’intero Programma Integrato non persuade il Collegio.

Questi era proprietario delle aree occupate; amministratore unico della società campanile Srl che del Programma Integrato era titolare; a detto programma partecipò personalmente: la censura appare speciosa e va respinta.

2.2.Vanno disattese anche le due connesse doglianze con le quali Astaldi lamenta la propria carenza di legittimazione passiva, sia con riguardo alla domanda restitutoria delle aree che con riferimento a quella risarcitoria.

2.2.1.Esse possono essere esaminate congiuntamente alle speculari domande proposte da Eav srl.

Quanto alla asserita carenza di responsabilità solidale prospettata, per ragioni opposte sia dalla beneficiaria del procedimento espropriativo (Eav Srl) che dalla concessionaria dei lavori e delle espropriazioni (Astaldi) detta eccezione va disattesa recisamente, in relazione alla costante condivisibile affermazione giurisprudenziale, dalla quale non si ha ragione di discostarsi secondo cui (Cass. civ. Sez. I Sent., 09-10-2007, n. 21096) “nel caso di realizzazione di opere pubbliche cui collaborino pubbliche amministrazioni e soggetti delegati, l'obbligazione al risarcimento del danno da occupazione appropriativa ha natura solidale - fatta salva l'ipotesi in cui la solidarietà sia esclusa per espressa, eccezionale, previsione normativa, come avviene nel caso di realizzazione dei programmi di ricostruzione post - terremoto di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219 - ed il proprietario può rivolgersi indifferentemente contro ciascuno od alcuni soltanto dei soggetti che hanno preso parte alla vicenda appropriativa, senza che sia configurabile alcuna necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coobbligati non evocati in giudizio. Quanto al riparto di responsabilità tra delegante e delegato, anche se il contributo causale determinante alla produzione del danno è ascrivibile all'autore materiale, ovvero al soggetto incaricato dell'esecuzione dei lavori, mediante le opere che hanno cagionato l'irreversibile trasformazione del fondo, questo non comporta che, attraverso la delega alla realizzazione dell'opera, l'amministrazione debba ritenersi in ogni caso esente dalle conseguenze lesive derivanti dall'esecuzione, in quanto sussiste a suo carico un obbligo di vigilanza , di diretta derivazione dai principi costituzionali di legalità, buon andamento, e imparzialità dell'amministrazione, oltre che dalla tutela del diritto di proprietà, del quale, ferma restandone la funzione sociale, deve garantire l'effettività, specie ove, attraverso strumenti di partecipazione dei privati all'esecuzione di opere di pubblico interesse, problemi di solvibilità di questi pongano in pericolo l'effettiva corresponsione dell'indennizzo in caso di espropriazione.

A particolari condizioni, un esonero di responsabilità per il concedente potrebbe aver luogo soltanto nelle ipotesi (non ricorrenti nel caso di specie) di concessione traslativa (costituendo invece tutt’altra questione, non rilevante in questa sede, la individuazione del grado e misura di responsabilità tra i coobbligati solidali: -Cass. civ. Sez. I, 19-03-2007, n. 6518 – “affermatasi la corresponsabilità, nel danno da occupazione appropriativa, dell'impresa appaltatrice, per la mancata emanazione del decreto di esproprio, atteso il conferimento di poteri espropriativi a favore di essa, e dell'ente committente, per il mancato esercizio dei poteri di vigilanza, quest'ultimo deve tenere esente la prima, ove il capitolato contenga la clausola che sia pur genericamente obblighi il committente al rimborso delle somme inerenti alle espropriazioni, danni e indennità accessorie.”).

In particolare, il Collegio non ritiene sul punto di doversi discostare dagli approdi cui sono giunte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la decisione n. 6769/2009, le cui complessive argomentazioni devono intendersi integralmente richiamate in questa sede.

In particolare, la Corte regolatrice della giurisdizione, dopo una approfondito excursus anche in ordine alla controversa figura della “concessione traslativa” ha fatto presente che in passato essa stessa, al fine di rafforzare la tutela spettante al proprietario espropriato, aveva specificato: “1) che il mero ricorso allo, strumento della concessione traslativa con l'attribuzione al concessionario affidatario dell'opera, della titolarità di poteri espropriativi, non può comportare indiscriminatamente l'esclusione di ogni responsabilità al riguardo del concedente. Perché ciò avvenga è infatti necessario in osservanza al principio di legalità dell'azione amministrativa, che l'attribuzione all'affidatario di detti poteri e l'accollo da parte sua degli obblighi indennitari siano previsti da una legge che espressamente li autorizzi: non essendo altrimenti consentito alla p.a. disporne a sua discrezione onde sollevarsi dalle responsabilità che il legislatore le attribuisce; 2) che d'altra parte, ove detta legge non lo preveda o non lo consenta, l'accollo degli obblighi indennitari (e risarcitori) può essere utilmente invocato purché non sia rimasto fatto interno tra espropriante ed affidatario, e quest'ultimo nell'attività che lo abbia portato in contatto con il soggetto passivo dell'esproprio, si sia correttamente manifestato come titolare delle relative obbligazioni, oltre che investito dell'esercizio del potere espropriativo (Cass. 6807/2007; 25544/2006;464/2006; 821/2004) che in ogni altro caso si aggiunge la responsabilità del concedente a quella dell'affidatario quale che sia il contenuto della delega conferita a quest'ultimo, nonché delle pattuizioni tra detti soggetti intercorse.”.

La detta tesi è stata di recente ribadita (“in tema di opere pubbliche, la concessione c.d. traslativa, comporta il trasferimento al concessionario, in tutto o in parte, dell'esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la realizzazione delle opere ed in particolare il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma edilizio, ancorché comportanti l'esercizio di poteri di carattere pubblicistico, quali quelli inerenti all'espletamento delle procedure di espropriazione, all'offerta, al pagamento o al deposito delle indennità di esproprio. Ne consegue che il concessionario, acquistando poteri e facoltà trasferitigli dall'amministrazione concedente, si sostituisce a quest'ultima nello svolgimento dell'attività organizzativa e direttiva necessaria per realizzare l'opera pubblica e diviene, in veste di soggetto attivo del rapporto attuativo della concessione, l'unico titolare di tutte le obbligazioni che ad esso si ricollegano.”Cass. Civ Sez. I, Sent. n. 26261 del 14-12-2007), e non ritiene il Collegio di doversi dalla stessa discostare

2.3.Non miglior sorte meritano le dette eccezioni laddove il difetto di legittimazione passiva è riferito specificamente al petitum restitutorio.

Le appellanti, sebbene la restituzione abbia già avuto luogo, come si è prima avvertito, hanno espressamente fatto presente di avere interesse allo scrutinio delle dette domande.

Esse sono palesemente infondate, il che esonera il Collegio dall’onere di vagliare ex officio la sussistenza –in capo alle dette società- del permanere dell’interesse ad articolare l’eccezione.

Quanto alla posizione di Astaldi, basterà sottolineare che la stessa stragiudizialmente in data 12 novembre 2010 invitò il Baiano a rientrare in possesso delle aree per dimostrare che essa aveva il potere giuridico di disporne e la disponibilità delle medesime.

La difesa della Astaldi entra in palese contraddizione allorché, da un canto valorizza tale evento pretendendo di essere esonerata da responsabilità per il periodo susseguente al

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